Non possiamo ospitare nemmeno la finale di Champions. Colpa solo dei lavori?
"Poiché il Comune di Milano non poteva garantire che lo stadio San Siro e le aree circostanti non sarebbero stati interessati da lavori di ristrutturazione nel periodo della finale della UEFA Champions League 2027, è stato deciso di non assegnare la finale a Milano e di riaprire il processo di candidatura per nominare una sede adeguata, con una decisione attesa per maggio/giugno 2025". Mai comunicato è stato più lapidario. Più convincente. Una bocciatura su tutti i fronti, per la Federazione Italiana Giuoco Calcio, per il Comune di Milano, per la politica. È qualcosa di incredibile nella sua facilità di lettura. La finale di Champions League, in Italia, non esisterà più. Perché è evidente che San Siro sia l'impianto migliore del nostro paese che, pur essendo nella top tre dei campionati top, non vale una finale di Champions. Certo, ci sono i lavori di mezzo (eventuali), ma che non sia stata nominata subito dopo Roma è una cartina tornasole.
Sarebbe il caso di svegliarsi, ma non è solo il calcio a essere bocciato. È il nostro modo di pensare, è quello che stiamo facendo passare come una cosa normale ma che in realtà non è. È dovere interpellare i comitati di quartiere per una questione prettamente politica (cioè i voti), passare dalle forche caudine di funzionari che possono dire di no solo per sentirsi importanti. E, come nel Gattopardo, cambiare tutto per non cambiare niente. Le cose fatte non vanno modificate perché ogni minimo sobbalzo è rischioso, può portare a un terremoto vero e proprio. Lo status quo non va sfiorato, fino a che qualcun altro non decide che è ampiamente ora.
Il no alla finale Champions del 2027 può essere l'inizio dell'onda tellurica. Come è pensabile credere di essere a un certo livello quando nemmeno la UEFA ci crede più? Nel frattempo è da anni che Sala, bontà sua, parla di rinnovamento, dall'Expo del 2015, oramai nove anni fa. Sarebbe anche ora di passare ai fatti, non solo nella città di Milano. Fra otto avremmo l'Europeo, quarantadue dopo il Mondiale. In altri ambiti qualcuno chiederebbe conto, qui le cose continuano a essere sempre le stesse, decennio dopo decennio.