Parma, Gabetta: "Studio e calcio? Possono coesistere, ecco come"
Quando qualche giocatore che hai allenato tempi addietro si ricorda di te e ne parla in un certo modo, allora significa che hai vinto davvero. Non uno Scudetto e nemmeno una coppa, eppure il vincitore sei tu. Leggere le parole di Stefano Pellini, attuale centrocampista del Legnano con trascorsi nelle giovanili di Juventus e Torino, per credere. Stefano ha infatti ricordato con piacere Claudio Gabetta, da cui è stato allenato proprio ai tempi in cui militava nel vivaio bianconero: “Al primo anno con la Juventus per me era tutto nuovo, scuola, convitto, città, per cui non è stato facile inizialmente. Il mister mi è stato sempre molto vicino, a me come agli altri ragazzi, mostrandosi sempre molto presente non solo nel rettangolo verde. Alla sera veniva nelle stanze e ci aiutava con i compiti, chiedeva e s’informava su ciò che avremmo dovuto fare il giorno dopo a scuola. Una persona davvero speciale”. Per questo, noi de La Giovane Italia siamo andati ad ascoltare l’attuale allenatore dell’Under 18 del Parma. Un allenatore, in campo. Tanto, molto di più, fuori; per i suoi ragazzi.
Mister, perché si è appassionato al settore giovanile?
“Mi è sempre piaciuto comprendere a fondo la natura dei ragazzi, quindi non limitarmi agli aspetti prettamente calcistici che compongono un giovane. Cerco di capire quale sia la situazione a livello personale, individuale, ciò che fa parte della sua giornata oltre il campo. Questo mi ha spinto a scavare nelle loro vite, ad interagire con loro in maniera diversa rispetto al solito rapporto standard allenatore-calciatore. Voglio farmi sentire non solo come tecnico, ma anche e soprattutto come una figura di riferimento, un educatore. Anche perché, è bene sempre ricordarlo, lavoriamo con adolescenti, non con uomini già formati. Anche adesso a Parma mi comporto sempre allo stesso modo. Sono curioso di sapere quale sia l’organizzazione quotidiana dei ragazzi, il riposo, l’alimentazione… Tutti aspetti che possono sembrare di secondaria importante ma che in realtà sono fondamentali. Ringrazio Stefano per le belle parole, colgo l’occasione per complimentarmi con lui per l’uomo che è diventato e per i traguardi universitari raggiunti. Personalmente le soddisfazioni sono proprio queste, sentire ancora ragazzi che si ricordano di me e vedere come siano cresciuti come uomini, oltre che come calciatori”.
Nel vivaio di un club professionistico, si tiene veramente in considerazione l’andamento scolastico dei giocatori?
“A questo proposito, a Parma, siamo veramente molto attenti. Il direttore Luca Piazzi, giustamente, ci tiene molto, e mi fa piacere che siamo sulla stessa linea di pensiero. Valutiamo le pagelle nei quadrimestri, se c’è una verifica particolare ci organizziamo di conseguenza. Nel programma formativo proposto dalla società abbiamo deciso di abbassare il carico cognitivo degli allenamenti in determinati e delicati periodi dell’anno scolastico, in questo modo facciamo sì che il ragazzo non venga schiacciato da troppi impegni contemporaneamente. Quando sento di ragazzi che rifiutano trasferimenti e convocazioni per finire gli studi, penso davvero che possano essere valori aggiunti per la società; nel senso che un allenamento o una partita in più o in meno non condizionano il percorso o l'obiettivo di chi comunque aspira a diventare professionista. Non dimentichiamo, poi, che la percentuale di giovani calciatori che poi volano realmente nei prof è davvero bassa, per cui non bisogna lasciare mai nulla al caso e non precludersi alcuna strada”
Dove possiamo, e dobbiamo, ancora migliorare da questo punto di vista?
“La difficoltà di questo processo, che sono sicuro porterà prima o poi dei frutti, risiede nel far capire ai ragazzi che per un club di calcio è davvero importante il loro andamento scolastico. Famiglia, scuola e sport sono i tre elementi fondamentali su cui si basa la crescita di un giovane. Ricordo quando Giulio Maggiore rifiutò la convocazione al Mondiale Under 20 per concludere gli studi. Tutti hanno giustamente rispettato la sua scelta. Gli sarà sicuramente dispiaciuto saltare una manifestazione di quel calibro, ma la realizzazione di un percorso scolastico non è meno importante. Poi, alla fine, gioca anche in Serie A, a conferma che la scuola non esclude il calcio e viceversa”
Nella prima parte di stagione si sono giocate di mattina diverse partite della Primavera: cosa ne pensa?
“Sicuramente ci vuole più attenzione, ma aggiungo anche che stiamo vivendo un periodo storico complicatissimo, per cui è difficile riuscire ad organizzare tutto. Partite e recuperi ci possono stare di mattina per ovviare a difficoltà organizzative, l’importante è che non diventi abitudine. Bisogna prendere maggiore coscienza rispetto questo tema. Da un lato le scuole devono sapere ed essere in grado di gestire determinate situazioni, i ragazzi devono prepararsi per sostenere entrambi i percorsi e dall’altro lato gli allenatori e le società devono comprendere l’importanza degli studi”
Quali spunti di riflessione vuole lasciare a chiusura della nostra chiacchierata?
“Per concludere mi piace riportare un motto che prendiamo come esempio per il settore giovanile del Parma, è una frase di Plutarco. ‘La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere’, penso che dica davvero tutto. Vogliamo stimolare i ragazzi, non schiacciarli sotto impegni e stress. E poi vorrei sottolineare come bisognerebbe realizzarsi anche se non si fa il calciatore. Questo sport offre comunque tantissime possibilità, capisco che ci ne è appassionato possa fare fatica a staccarsi. Studiando e portando avanti determinati percorsi, qualora non si dovesse diventare giocatori, il mondo del calcio offre comunque una miriade di possibilità. Concludo ringraziando La Giovane Italia perché state facendo qualcosa di meraviglioso in questa direzione. I ragazzi devono capire che più strade possono coesistere. Ci vorrà del tempo per far passare i vostri messaggi, che poi combaciano alla perfezione con i miei, non bisogna mollare”.