Abbiati, una carriera rossonera: "Berlusconi, Galliani e l'addio. E su Donnarumma..."

Lunga intervista ai microfoni di Radio Serie A per Christian Abbiati, storico ex portiere del Milan, che ha raccontato la sua carriera e non solo attraverso i microfoni della radio ufficiale della massima serie italiana:
"Sono molto contento di aver fatto questo tipo di percorso, anche di essere passato dal Monza all'interregionale. E' vero che il campionato primavera è molto competitivo e il livello è alto però giocare con compagni di squadra che hanno già oltre 30 anni ti fortifica il carattere e la personalità. Volevo arrivare in una grande squadra e la consapevolezza che ho raggiunto, l'ho raggiunta senza avere grandi aspettative o ambizioni. A 17/18 anni volevo solo giocare e poi sono anche stato fortunato perché oltre alle doti e alla testa ci vuole anche un po' di fortuna. La chiamata del Milan arrivò mentre ero a casa. In realtà sarei dovuto andare alla Lazio, ma arrivò la chiamata dove mi dissero che sarei dovuto andare al Milan, ed essendo io di Milano ero molto contento. Sono diventato tifoso giocando, perchè mi piaceva il calcio ma non ero patito di una squadra in generale, anzi più che altro guardavo i portieri. Il trofeo a cui sono più legato? La Champions League è il sogno di qualsiasi calciatore ma il primo scudetto sicuramente. E' stato inaspettato per una serie di motivi, come il fatto che fossi il terzo portiere, che fossimo indietro, che non fossimo la squadra più forte, quindi il primo scudetto".
Entrando nel dettagli dell'avventura rossonera Abbiati parla anche di Silvio Berlusconi, Adriano Galliani e Ariedo Braida: "Sono stati i miei padri calcistici. Ariedo quando lo vedo tutt'ora lo chiamo papà, mentre con Galliani ci sentiamo ancora. Mi sono stati vicini, sono stati bravi ad insistere perché quando facevo il terzo al Milan a me sarebbe piaciuto giocare, invece loro insistettero, mi dissero di stare tranquillo e alla fine hanno avuto ragione loro. Sono state le persone più importanti della mia carriera".
Spazio, poi, a quello che è venuto dopo il club meneghino, ovvero Juventus e Atletico Madrid: "Venivo da tre stagioni, di cui due giocando poco e volevo giocare. Ho avuto la fortuna di andare alla Juve, poi ho scelto di andare a Torino, volevo provare un'esperienza all'estero ed è capitato assieme al povero Bronzetti. Ho chiamato Galliani che mi ha dato il via libera per andare all'Atletico Madrid, dove mi sarebbe piaciuto rimanere se non fossi tornato al Milan."
Si parla anche dell'addio al calcio: "È stato un percorso naturale perché io avevo un altro anno di contratto e in una settimana ho deciso di smettere. Non mi trovavo più in quell'ambiente, aveva lasciato il presidente Berlusconi e poi sapendo che anche il dottor Galliani sarebbe andato via ho deciso di anticipare i tempi e di smettere".
Dal passato al presente in qualità di semplice tifoso del Milan: "Quest'anno lo vedo negativo. Per me il Milan dev'essere là in alto, non ce n'è. È vero che c'è una ricostruzione e un progetto in corso ma ad oggi non sembra stia andando bene. Quando guardo le partite Sono molto nervoso, fumo sigarette a non finire. Io non vado allo stadio, ma una volta quando ci sono andato ho spaccato il televisore davanti. Mi innervosisco non perché non giocano ma perché sono in tensione, ce l'ho dentro. Ho visto purtroppo Napoli-Milan. Mi piace comunque seguire, guardare i risultati, la Serie C, la Serie B e infatti faccio il tifo sfrenato per Pippo Inzaghi. mi piace molto seguire, soprattutto anche gli ex compagni che fanno oggi gli allenatori".
Infine un pensiero su due calciatori legati al mondo rossonero: Gianluigi Buffon e Mike Maignan. Gigio era di un'altra categoria. Quando arrivano i ragazzi giovani in prima squadra la principale difficoltà che hanno è la velocità della palla, i tiri dei campioni che ci sono in prima squadra sono diversi dai tiri della primavera, e lui a 16 anni era già era pronto che è una cosa meravigliosa, un talento su non so quanti. Oggi è il più forte al mondo. [...] Non conosco bene Maignan ma da quello che vedo fuori ha molta personalità anche se io non condivido che il portiere abbia la faccia di capitano perché se succede qualcosa nell'altra area il capitano è il primo che dovrebbe parlare con l'arbitro però visto la personalità e l'importanza che ha in questa squadra può darsi che sia giusto che ce l'abbia lui. Secondo me è un ottimo portiere, che gioca anche nella nazionale francese. Probabilmente anche lui ha avuto un calo e i media lo fanno notare molto di più".
