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Ciriaco Sforza, il nuovo Matthaus che fa flop. Famoso più per essere la maglia di un pigiama

Ciriaco Sforza, il nuovo Matthaus che fa flop. Famoso più per essere la maglia di un pigiamaTUTTO mercato WEB
giovedì 2 marzo 2023, 05:00Nato Oggi...
di Andrea Losapio

"Sì, però, anche tu… ti sembra il caso di dormire con la maglietta di Sforza?". "Eh, quella di Ronaldo era finita!". Per chi è nato tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta è una pietra miliare del cinema italiano e della propria crescita. Tre uomini e una gamba, con Aldo, Giovanni e Giacomo, tre interisti che invece di prendere la casacca del Fenomeno scelsero quella del centrocampista svizzero per sdrammatizzare una stagione forse non all'altezza delle aspettative. Ventisei presenze e un gol nell'annata 1996-97, quella prima dell'avvento di Ronaldo, della sconfitta in finale contro lo Schalke04 e del terzo posto in campionato. Un po' pochino.

Ridendo e scherzando, però, Sforza ha un ottimo palmares. Un campionato svizzero con il Grasshoppers, ma anche due tedeschi: non solo quello con il Bayern Monaco, vincitore designato nei secoli dei secoli, ma anche uno con il Kaiserslautern rivelazione della Bundesliga nel 1997-98, proprio l'anno dopo la sua fugace esperienza a Milano. Anche perché nel giorno della sua presentazione, Sforza si paragona all'ex Pallone d'Oro interista Lothar Matthaus. Poi, finendo in panchina più volte di quelle in cui inizia, sentenzia. "Il vero Sforza si vedrà tra 1 anno, sempre che l’Inter mi tenga". C'è da dire che nel suo ruolino c'è anche la vittoria della Coppa dei Campioni con il Bayern Monaco, contro il Valencia, ai calci di rigore, dove però è attore non protagonista.

Pagato 6 miliardi di lire, Sforza alla fine non è stato in grado di lasciare un segno tangibile nel calcio, almeno non come quello nel cinema. La sua avventura al Bayern Monaco terminò per un litigio con Karl Heinz Rummenigge, mentre quella da allenatore gli portò in dote la depressione. "La malattia era un segnale che dovevo cambiare la mia vita. Mi ammalai per un insieme di fattori. Il primo anno al Grasshoppers arrivai terzo, ma la società doveva vendere per risanare i debiti. Avrei dovuto tirarmi indietro. Non c'era un progetto... Invece restai ma non riuscivo più a dormire. Avevo paura. Paura del fallimento, della vita. Avevo paura di morire di infarto per via della pressione. Andai dallo psicologo e parlai, parlai, parlai. Non è una debolezza andarci. Non ho mai preso antidepressivi. Per me era importante riuscire a farcela senza. Oggi sono un uomo più forte”. L'ultimo incarico al Basilea, nel 2020-21, esonerato il 6 aprile del 2021.

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