Montella fa sognare Adana e guarda al futuro: "Sono in cerca di emozioni"
Passato, presente e futuro. Vincenzo Montella si racconta, dalla Turchia dove sta regalando un sogno all'Adana Demirspor, neopromossa in Super Lig nell'estate del 2022 e oggi in piena corsa per una storica qualificazione in una competizione europea. Un lavoro che sta portando anche il suo nome ad essere già accostato ad altri club del Vecchio Continente, approfittando del suo contratto in scadenza. Idolo di Sampdoria e Roma da calciatore, capace di riportare un titolo a un Milan in piena banter era e amato a Firenze per il suo calcio propositivo, Montella ha così commentato anche il momento delle sue ex squadre nel corso di questa lunga intervista esclusiva per Tuttomercatoweb.
Vincenzo Montella, siamo alla seconda stagione all'Adana Demirspor dove i miglioramenti sono sotto gli occhi di tutti, con la squadra quarta in classifica
"Sicuramente quest'anno è stata una stagione migliore rispetto all'anno scorso. Abbiamo avuto modo di iniziare la stagione e per me c'è stata l'opportunità di conoscere meglio il campionato. Stiamo avendo un cammino regolare e siamo in una posizione di classifica privilegiata, lottando per l'Europa. Stagione altamente soddisfacente".
La qualificazione alla Conference League non dipenderà solo da voi. Dovrete fare il tifo per il Fenerbahçe...
"Esattamente, Le prime tre vanno in Europa, la quarta dipende dall'esito della Coppa di Turchia. E in quest'ultima competizione delle squadre in corsa solo il Fenerbahçe è tra le prime tre".
Prossimo turno un derby tutto italiano con Andrea Pirlo, alla guida del Karagumruk
"È una squadra in cui ci sono molti italiani tra allenatori e giocatori. Con Andrea c'è un bellissimo rapporto, lo considero un amico. Sta facendo molto bene anche lui, in questa seconda parte di stagione ancora meglio. Sarà bello incontrarsi".
Della Turchia si conosce soprattutto Istanbul. Com'è la vita ad Adana?
"La vita dell'allenatore è molto statica, è uguale ovunque. Abbiamo la fortuna di vivere con lo staff accanto al centro di allenamento, in albergo. Ci dividiamo tra campo e albergo e qualche cena in città, che è a metà tra le tradizioni turche e occidentali. Stiamo molto bene, il clima è favorevolissimo. L'unica difficoltà reale è arrivata dopo il terremoto, percepisci le difficoltà delle persone oltre a qualche scossa ogni tanto. Negli ultimi mesi è stato sicuramente più difficile. Fortunatamente le strutture di allenamento non sono state colpite e sono state rese infatti centro di accoglienza con una quindicina di container doppi che ospitano una quindicina di famiglie".
Che impressioni hai avuto dal campionato turco?
"Sinceramente me l'aspettavo peggiore. È un campionato dove ci sono giocatori magari non all'apice della propria carriera ma sicuramente importanti. Mi vengono in mente i vari Icardi, Mertens, Oliveira e Zaniolo del Galatasaray. Il campionato è molto meno tattico del nostro ma sicuramente con degli spunti interessanti".
La Turchia del calcio è famosa soprattutto per il clima infernale di certi stadi
"Il calcio è molto sentito e io avevo un po' bisogno di emozioni. Ovviamente non tutte le squadre hanno un pubblico numeroso e focoso ma la maggioranza sì. È un pubblico che ti dà emozioni perché forse più di quello italiano sente molto la partita ed è molto partecipe delle sorti della squadra".
Anche ad Adana è così?
"Ad Adana è molto numeroso, ci sono vicini. È un'emozione perché poi giocare senza pubblico è veramente complicato e noi facciamo questo mestiere soprattutto per le emozioni".
Questa passione ti permette anche di goderti una passeggiata in città?
"Gli abitanti sono molto rispettosi. Ovviamente sono riconosciuto ma si riesce a fare una vita abbastanza normale".
Che obiettivi vi siete posti a inizio stagione?
"Rispetto all'anno scorso il club ha abbassato il monte ingaggi, fatto plusvalenze importanti e questo non è semplice perché è difficile che ci siano dei trasferimenti interni che possano generarle. E in tutto questo abbiamo migliorato la posizione in classifica".
Quarto posto nonostante abbiate perso Mario Balotelli
"Abbiamo avuto un bellissimo rapporto e tutt'ora ci sentiamo, anche se c'è stato un atto finale che potrebbe dimostrare diversamente. Lui aveva la volontà di cambiare aria. Soffriva la distanza e già dalla fine della passata stagione aveva palesato a me e alla società le sue intenzioni. Il presidente lo ha accontentato.
Si è scritto anche di una lite con lui che ha sancito l'addio a fine stagione.
"C'è stato uno screzio finale. E infatti è stata fatta una preparazione anche tecnica dal mio punto di vista programmando che lui non ci fosse".
Ti manca l'Italia?
"Anche io sinceramente soffro un po' la lontananza, dalla famiglia più che altro però è il nostro lavoro. Ho il contratto in scadenza, sto valutando con il club la possibilità di scegliere se continuare o meno. Per me è importante sapere di potermi emozionare in un posto. E conterà sicuramente la volontà di avvicinarsi un po'. Non escludo comunque la possibilità di restare qui, perché mi trovo bene, il club è solido e il presidente ha ambizioni importanti. C'è tempo, adesso focalizziamoci sul finale di campionato e aspettiamo".
A proposito di futuro, in Grecia è stato associato il tuo nome a quello dell'Olympiacos
"Sicuramente è una squadra europea e sicuramente rientra nel discorso di emozioni e passione. Sinceramente non ho avuto alcun tipo di approccio e non c'è la possibilità che la possa valutare ad oggi".
Parlando di attualità, è tempo di euroderby in Champions. Cosa ci dobbiamo aspettare?
"Sinceramente il Milan ci è arrivato con qualche defezione, non solo prima ma anche durante la gara, vedi Bennacer. La partita d'andata ci ha fatto vedere che in campo c'erano delle differenze. Ma il calcio e il Milan ci insegnano tanto per cui fare previsioni scontate non è oggettivo. Poi è una semifinale di Champions ed è sempre particolarmente difficile, aperta e ci possono essere sorprese. L'Inter ha un vantaggio e dovrà saperlo mantenere durante la partita".
Hai allenato il Milan in un periodo particolare, in cui c'è stato uno storico cambio di proprietà
"È un capitolo di cui si potrebbe parlare a lungo. Il cambio di proprietà è un qualcosa che mi ha accompagnato spesso in carriera: ho iniziato alla Roma e c'è stato il cambio di proprietà; al Catania dopo un anno il direttore generale ha lasciato; alla Fiorentina c'è stata un'unica proprietà ed è stata forse quella più solida nel mio percorso e con i Della Valle abbiamo avuto grandissimi successi. Al Siviglia era andato via Monchi e poi è ritornato e c'era un vuoto. Sono andato al Milan e c'è stato il cambio di proprietà. Sicuramente sono uno specialista nel trovarmi in mezzo a queste cose (ride, ndr)".
Che ricordi hai di quel periodo?
"Il primo anno è stato straordinario, abbiamo vinto una coppa che non è mai facile contro una squadra sulla carta invincibile in quel momento (Juventus, ndr). Nel secondo anno, quello della ricostruzione, sono cambiati 18 calciatori, parecchi scelti dal club come giusto che sia. Quando ci sono i cambi di proprietà cambiano anche i manager che magari possono avere, giustamente, idee diverse. Non ero un allenatore scelto dal management sportivo e probabilmente ho pagato questo. Per me è stata un'esperienza straordinaria, allenare il Milan è stato qualcosa di straordinario anche se non era più il vecchio Milan, dato che non entrava nelle coppe da tre anni e la proprietà non era più presente come prima. Ho avuto la fortuna di conoscere forse il miglior dirigente italiano che è Galliani, che è stato straordinario con me. Ho fatto delle esperienze importanti".
Hai mai incontrato il misterioso presidente di allora, Li Yonghhong?
"No, sinceramente credo di non averlo mai visto".
La Sampdoria è una squadra che rappresenta molto nella tua carriera. Che effetto fa vederla in una tale situazione?
"Sento una vicinanza molto forte con la Samp. Un pubblico straordinario, una società dai valori straordinari. Ci ho giocato per tre anni nella prima fase poi sono tornato da calciatore quasi a fine carriera, anche se ho giocato poco perché mi sono infortunato. Ci sono tornato anche da allenatore anche se devo dire che ho fatto una scelta probabilmente non delle migliori professionalmente. Ma a livello personale la Samp ha un posto speciale nel mio cuore, un po' come la Roma. Mi dispiace profondamente ma il calcio va così, a volte bisogna toccare il fondo per tornare a vecchi splendori ed è quello che auguro alla Samp".
La Roma, altra squadra importante per la tua carriera. Mourinho le sta dando una dimensione internazionale.
"Mourinho sta facendo un grandissimo lavoro, portando mentalità vincente. A mio avviso vincere, qualsiasi competizione a qualsiasi livello, è la cosa più difficile. Loro lo hanno fatto l'anno scorso, sono vicini a un'altra finale e tanto di cappello. La Roma rappresenta per me la seconda casa, vivo a Roma dal 1999, i miei figli sono diventati romanisti".
Quella Roma avrebbe potuto vincere molto di più.
"Senza dubbio. Quando abbiamo vinto lo scudetto nell'anno successivo eravamo ancora più forti dell'anno prima con avversari ancora meno forti dell'anno precedente. È un rammarico non aver vinto ancora in Italia e non esserci avvicinati a vincere a livello internazionale. Una città come Roma, un tifo come quello della Roma non può vincere ogni 20 anni. Gli auguro il meglio per il futuro".
Quei festeggiamenti per lo scudetto della Roma sono passati alla storia, in un certo senso la festa che si sta vivendo a Napoli la ricorda.
"Sono felice per Napoli. L'unica raccomandazione, vista la mia esperienza, è che prima che inizi il nuovo campionato di dimenticare quello passato perché a Roma iniziati i festeggiamenti continuarono ancora fino all'inizio dell'anno successivo e alla fine l'abbiamo un po' pagata. Sono felicissimo che il Napoli abbia vinto, che la città abbia vinto e sono felice per Spalletti perché è un allenatore ormai espertissimo, era un peccato, data la sua bravura, se non avesse mai vinto un campionato in Italia. Ha vinto a Napoli ed è come se ne avessi vinto dieci. Gli faccio i complimenti".
Che effetto ti fa vedere la Fiorentina andare così avanti nelle varie competizioni? L'ultima finale di Coppa Italia era targata proprio Montella.
"Vincere è sempre importante, in qualsiasi competizione. A volte ci sono tante pretendenti, a volte più attrezzate di te ma questo conta poco. La Fiorentina e Italiano meritano complimenti, perché la squadra è riuscita ad essere competitiva in due competizioni: arrivare in finale di Coppa Italia non è facile così come non lo è arrivare alle porte di una finale internazionale. Comunque vada penso che sia un risultato eccellente e faccio i complimenti a Vincenzo perché non è assolutamente facile".
Italiano come Montella, esalta il bel gioco.
"Mi piace la Fiorentina, perché Italiano trasmette al di là degli aspetti tecnico-tattici coraggio alle sue squadre, lo ha sempre dimostrato nel suo percorso. Lavora molto di più sulla propria squadra che sugli avversari, per questo motivo lo apprezzo molto".
La finale di Coppa Italia è contro l'Inter. Esito scontato?
"Nelle finali così come nelle semifinali non ci sono favoriti. Sulla carta ovviamente sono due squadre con differenze numeriche e di valore. L'Inter ha una rosa molto ampia e quindi dipende come ci arrivi alla finale. È più facile che chi ha più giocatori dello stesso livello in caso di defezioni lo patisce meno e mi riferisco anche al calo di condizione. Ma una finale è pur sempre una finale, quindi si deciderà come sempre su degli episodi".
Domanda al Montella centravanti. Cosa succede al movimento calcistico italiano che non sforna più attaccanti di livello internazionale?
"Io credo che siano cicli anche se potremmo fare qualcosa di più. È anche la società che è cambiata, lo vedo in mio figlio che ha 10 anni ed è appassionato di calcio. Gioca spesso in giardino ma molto spesso occupa il tempo con altre cose: hanno molta più scelta. Io alla mia età non potevo scegliere, c'era solo il pallone e se non avevo compagni con cui giocare giocavo contro il muro per ore. E questo poi fa la differenza: giocare per strada a pallone uno contro tre o quattro contro sette. Questo è allenante, non basta più allenarsi un'ora e mezza un giorno sì e un giorno no con venti ragazzini. Il compito degli educatori è un po' più complicato rispetto a prima".