Giovinco: "L'Arabia non finirà come la Cina. Ritiro? No, spero nel Toronto"
"Di potenzialità ne hanno a dismisura, forse il problema sono i diritti televisivi che dovrebbero commercializzare meglio". Oggi l'Arabia Saudita è diventata una meta ambita, o quantomeno accettata, da calciatori di altissimo livello. Nel 2019, le cose erano leggermente diverse ma le offerte comunque sufficienti a convincere uno come Sebastian Giovinco, che ha vestito prima la maglia dell'Al-Ittihad e poi quella dell'Al-Hilal. E oggi ne parla a Sportweek.
Diritti e ristoranti top. La chiacchierata parte dalla democraticità, relativa, del Paese: "Sentivo un cambiamento - spiega Giovinco all'inserto del sabato de La Gazzetta dello Sport - non nego nulla, ma io e la mia famiglia non abbiamo subito restrizioni. Certo, ero un privilegiato, ma per esempio io e mia moglie all'epoca non eravamo sposati, eppure vivevamo nello stesso appartamento. Penso che un Paese vada visto prima di giudicarlo: nei ristoranti si mangia bene, nei supermercati trovavano più o meno tutti, i miei figli frequentavano la scuola americana".
Lo rifarebbe? È una domanda alla quale Giovinco risponde convinto: "Sì. Se a lei proponessero uno stipendio triplo o quadruplo, non lo farebbe? Sono andato via prima perché nel mio ruolo è arrivato un giocatore di fiducia del tecnico: dinamiche normali. I sauditi finiranno come la Cina? No, perché hanno un'idea chiara: vogliono usare il calcio per attrarre turismo e investimenti". Ultima domanda sul futuro: "Ritiro? No, in verità aspetto una chiamata dal Toronto".