Cabrini, uno di quelli che mancano al calcio di oggi. Con quel Mondiale che lo rende eterno

Se si pensa ad una bandiera, la mente non può non andare ad Antonio Cabrini. Cresciuto nel settore della Cremonese, dopo un inizio nel San Giorgio, debuttò tra i professionisti a soli 16 anni, collezionando 3 presenze in Serie C. La stagione successiva è quella che gli permise di farsi conoscere ai grandi, visto che, malgrado la giovane età, riuscì ad affermarsi da titolare ed attirò l'attenzione di club del calibro di Atalanta e Juventus. La Dea lo acquistò in compartecipazione con i bianconeri e lo aggregò in rosa per il campionato di Serie B, ma dopo una sola stagione la Vecchia Signora capì che fosse un calciatore di categoria superiore e decise di puntarci per la Serie A.
Alla Juventus il terzino iniziò un capitolo memorabile della sua carriera, un qualcosa che nel calcio di oggi resta molto complicato da poter vedere: 13 stagioni, 442 presenze e 52 gol. Un bottino niente male. Cabrini capì subito quello che significava vestire una maglia così pesante, entrando in punta di piedi in uno spogliatoio di campioni, dal quale apprese, imparò e migliorò. Svolse un'annata da comprimario, ma vinse comunque uno Scudetto e una Coppa UEFA, gioie che rimasero indelebili nella sua mente. Talmente evidente era la sua qualità che nel '77-'78 salì alla cronaca come rivelazione del campionato, trovò la titolarità e bissò lo Scudetto già vinto. Il suo status cambiò e divenne una colonna del decennio successivo dei bianconeri, con tantissimi trofei, che lo fecero anche crescere dal punto di vista mentale e della personalità: altri 4 Scudetti, 2 Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa UEFA, una Coppa dei Campioni e una Coppa Intercontinentale. Quella dell'88-'89 fu la sua ultima stagione con la Juventus a causa di qualche divergenza tattica con Dino Zoff, suo ex compagno diventato allenatore. Cabrini non digerì come gli venne preferito il giovane Marocchi e quindi si trovò quasi costretto ad accasarsi al Bologna, dove chiuse la carriera dopo due stagioni, in una delle quali raggiunse pure i quarti di finale di Coppa UEFA con i rossoblù, traguardo di grande importanza per i rossoblù.
Finora però non abbiamo ancora parlato del motivo che lo rese famoso in Italia anche a chi di calcio non sapeva niente. Basterebbe accostare le parole Mondiale e Spagna per far ricordare a tutti l'iconico trofeo conquistato dagli Azzurri di Bearzot nel 1982. Il commissario tecnico lo convocò quando ancora non era titolare nella sua squadra, gli permise di disputare un campionato del mondo nel '78 e lo fece diventare poi inamovibile nell'Europeo dell'80 e soprattutto nel già citato Mondiale del 1982. Memorabile il gol nel successo per 2-1 contro l'Argentina campione in carica, ma anche il tiro dal dischetto fallito sullo 0-0 nella finale contro la Germania Ovest, che lo rende ancora oggi l'unico ad aver fallito un penalty nei tempi regolamentari di una finale di un Mondiale.
Chi come lui ha sempre amato il mondo del calcio non può allontanarsene, non può staccarsene e infatti nel 2000 iniziò la sua carriera da allenatore, arrivata nei suoi punti più alti con gli incarichi di tecnico del Crotone in Serie B, di commissario tecnico della Siria e di ct dell'Italia Femminile per 5 anni. Oggi, Antonio Cabrini compie 66 anni.
