TMW RADIO - Ambrosetti: "In Italia i giovani non contano niente, nessuna passione per loro"
L'ex centrocampista Gabriele Ambrosetti è stato intervistato su TMW Radio, durante la trasmissione Stadio Aperto con Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini: “Non guardo solo a ieri sera, ma anche Manchester City-Liverpool è stata una partita impressionante per velocità e qualità... Superiore rispetto alla Serie A: questa è la realtà. Il passaggio di Modric è un’emozione ed è solo una delle cose successe nella partita. Sette giorni fa il Real ha distrutto il Chelsea e a un certo punto stava 0-3: emozione e intensità mentale, quelle che a noi vengono a mancare, questo ci frega”.
Troppa superficialità da noi con i giovani?
“Non me ne vogliano i ds, ma in Italia i giovani non contano niente. E ce ne sono tanti, eh. Anche in Serie B, che noi consideriamo serie inferiore mentre negli altri paesi ci guardano. Perché se un giovane è bravo non dovrebbe giocare?”.
Dove sta il problema?
“La spasmodica ricerca del risultato, si punta solo a vincere e non a costruire prodotti per la prima squadra. Ci sono dirigenti che lavorano molto bene ma poi non trovano possibilità. All’estero, alcuni hanno il problema contrario: alla Masia (del Barcellona, ndr) e hanno notato che quando vanno in altre squadre sono spaesati perché abituati alla loro cultura”.
C’è una questione legata ai pochi convocabili?
“Nicolato è molto bravo e ha messo in risalto il problema che abbiamo con i giovani. La questione è di concetto, siamo una delle patrie del calcio. A Lecce ho un’Accademia di bambini e il nostro obiettivo è di farli divertire, col pallone e senza farli costruire da dietro. Quello lo imparano a 16-17 anni, volendo. Penso a Busquets, che nella sua carriera ha cambiato numerose metodologie. Noi italiani ci stiamo ancora leccando le ferite”.
La Francia è l’esempio?
“Loro hanno il vantaggio di avere molte etnie nel paese e numerosi giocatori di origine africana, fisicamente più forti. Come è entrato Camavinga ieri ha stupito tutti. Noi dobbiamo fare un passo indietro e riflettere”.
Troppo silenzio dai vertici dopo il fallimento?
“Ancora oggi sento allenatori parlare delle idee di Guardiola, ma lui è già andato oltre. Quando ho parlato con Guardiola mi ha sempre detto di non essere stato bravo, ma fortunato perché ha avuto i giocatori forti. E allora andiamo nei settori giovanili e facciamo esplodere l’inventiva nei ragazzini. Io per primo ero un giocatore normale che però ha potuto crescere. Perché però non abbiamo più i Totti e i Del Piero? Perché Donnarumma deve andare a Parigi? Il Chelsea spende, ma ha giocatori come Mount e James che sono di Londra, e non li ha presi a 17 anni. L’unica squadra italiana senza stranieri, invece, è il Brescia”.
Servirebbe una sorta di ius soli sportivo?
“Non esistono vere differenze tra bianchi e neri, dobbiamo aggiornarci. È importante”.
Giusto ripartire da Mancini?
“Una cosa che ci distingue è di non dare mai continuità agli allenatori. Si dice che il calcio è un’azienda ma per quelli in Italia non badiamo a spese. Roberto è un grande conoscitore di calcio e uno dei migliori allenatori al mondo. Tutti oggi vogliono i giovani, per poi non farli giocare… Da selezionatore, lui, ha selezionato i più bravi. Ripenso a Zaniolo che neanche aveva esordito nella Roma. Gli allenatori sono bravi se hanno giocatori forti, ripeto”.
Che ne pensa delle possibilità di avere nuovi Moro in Serie C?
"Se avessimo più coraggio guarderemmo verso la Serie B, dove ci sono tanti giocatori gravi. Invece oggi si deve aspettare il fallimento o la disgrazia di un club perché un giovane possa emergere, vedi Moro al Catania. Questo davvero dispiace, soprattutto per una società come quella. Cito il mio caso, ero un giocatore normale come potevano essercene tanti, ma a Vicenza avevamo un allenatore fantastico, che ne capiva a livello umano. E poi dico che non c'è più passione in Italia verso i settori giovanili, nonostante tutti ne parlino".