Decreto dignità, il paradosso: nella Fase 2 tornano le scommesse. Ma non ditelo ad alta voce
"Modificate il decreto dignità". All'indomani dello scoppio dell'emergenza Coronavirus, il calcio ha fatto una richiesta molto precisa a governo e Parlamento: rivedere il divieto di pubblicità relativa a giochi e scommesse con vincite e premi in denaro, introdotto con la legge n. 96/2018, di conversione del D.L. n. 87/2018. Il decreto dignità, appunto. Una richiesta che, per il momento, è stata ignorata dalla politica: nel testo di conversione del decreto Cura Italia approvato oggi dalla Camera non vi è alcun riferimento alla pubblicità delle scommesse, nemmeno per introdurre l'ipotizzata sospensione per un anno del divieto. E il tema non sembra neanche all'ordine del giorno del dibattito politico, nonostante tra le prime attività destinate a ripartire nella Fase 2 vi siano proprio quelle legate al betting.
Di cosa si tratta. Voluto dal primo governo Conte, su input del M5S, nell'ambito della lotta alla ludopatia, la dipendenza dal gioco d'azzardo, il decreto dignità prevede, all'articolo 9, che sia vietata "qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e internet". Semplificando, impone il divieto di fare pubblicità ai giochi d'azzardo e alle scommesse, con l'obiettivo di disincentivare la passione (che spesso si tramuta in una malattia a tutti gli effetti) degli italiani per questo tipo di giochi. È un provvedimento che, sin dalla sua nascita, è stato bersagliato da diverse critiche. Senza la pretesa di analizzarle tutti, in molti casi il divieto è aggirabile con escamotage comunicativi più o meno semplici da realizzare. Inoltre, diversi osservatori hanno fatto notare come sarebbe stato più logico inasprire pene e controlli sul gioco illegale, anziché vietare tout court (o quasi) una corretta informazione su quello legale. In ultima analisi, se l'obiettivo era quello di diminuire il numero dei giocatori e il giro d'affari, i numeri ci dicono che questo non è avvenuto. Al contrario: secondo uno studio condotto da Calcio&Finanza e AgiProNews, da luglio 2019 a febbraio 2020 vi sarebbe stato un incremento pari al 17,6% dei soldi spesi dagli italiani per giocare rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con il totale passato da 1.028,3 milioni a 1.208,8 milioni. Aumento che peraltro è stato più significativo nel settore online, cioè quello maggiormente bersagliato e colpito dal decreto dignità.
Quanto pesa sui conti del calcio. Al netto delle critiche di carattere generale, uno degli effetti più evidenti del divieto di pubblicità delle scommesse è stato quello di riservare una vera e propria mazzata economica al mondo dello sport, e del calcio anzitutto. Con l'approvazione del decreto dignità, tra le altre cose, diverse società hanno dovuto rivedere i propri accordi con varie agenzie di betting, perdendo di conseguenza un mare di soldi. Se si considera solo Serie A, B e C, si parla di circa 45 milioni di euro in meno all'anno. Cifre da rivedere al rialzo, se si guarda all'indotto, a partire dai media e dall'informazione sportiva, privati di una delle principali forme di pubblicità: in questo modo, si arriva ad almeno 150 milioni di euro all'anno andati in fumo. Soldi svaniti, nonostante il gioco d'azzardo resti uno dei principali canali di introito dello Stato. Nel 2018, infatti, gli italiani hanno speso oltre 100 miliardi di euro tra slot machine, schedine, bingo e giochi online (i dati sono tratti dal libro blu 2018 dell’agenzia Dogane e Monopoli). Di questi, anche grazie all'aumento della tassazione nel settore, un'ampia fetta va proprio alle casse statali. Per capirsi, riportiamo i dati citati nel disegno di legge di bilancio 2020: quasi 13 miliardi di euro, soltanto nei primi dieci mesi del 2019. Cifre che poi in larga parte vengono reinvestite per fronteggiare la dipendenza da gioco d'azzardo, ma questo è un altro discorso.
Niente pubblicità. Le scommesse, invece, sono pronte a ripartire. Con un giro d'affari del genere, non sorprende nessuno che, come detto, tra le prime attività destinate a ripartire nella Fase 2 vi sia proprio il betting. Con la determinazione direttoriale n. 125127 del 23 aprile 2020, infatti, l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha previsto un calendario di riapertura graduale dei giochi, sempre in remoto e con obbligo di spegnimento dei monitor nelle sale scommesse per evitare assembramenti. Nello specifico, dal 27 aprile si potrà tornare a giocare a “10&Lotto”, “Millionday”, “Winforlife” e “Winforlife Vincicasa”. Il 4 maggio toccherà a “SuperEnalotto”, “SuperStar”, “SiVinceTutto SuperEnalotto”, “Eurojackpot”, “Lotto tradizionale”. Dall’11 maggio, infine, vi sarà la ripresa della raccolta delle scommesse su eventi sportivi e non sportivi, ivi compresi quelli simulati, nonché della raccolta tramite dispositivi elettronici del tipo “slot machines”. Gli italiani potranno tornare a scommettere. Dato che però il decreto dignità non è stato toccato, a dispetto delle richieste abbastanza chiare del mondo dello sport in tal senso, non sarà possibile fare pubblicità. Con la conseguenza che mancherà una potenziale boccata d'ossigeno a uno dei settori produttivi (quello dello sport) che oggi vive in apnea e che potrà ripartire con maggiori difficoltà e tempi più lunghi rispetto a quasi tutti gli altri. Come a dire: giocate, scommettete pure. Basta che lo facciate a bassa voce e non si dica in giro.