Baldieri: "Oggi felice gelataio. Il calcio? Se allenassi prenderei gli antidepressivi"
Paolo Baldieri è fra i giocatori che una volta appese le scarpette al chiodo ha detto basta col calcio. Salvo una parentesi in FIGC, dove è stato selezionatore dell'Under 16, ha deciso di voltar pagina: romano di nascita, leccese di adozione, Baldieri ha aperto in Salento il "Baldieri dolce e salato" in piazza Mazzini. Gelati e non solo. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta la sua storia:
Paolo Baldieri, il calcio ora è il passato. Non le manca?
"Mi sono divertito col calcio, ho guadagnato cifre che mio padre avrebbe impiegato tre vite per vederle. Ma una volta appesi gli scarpini al chiodo non mi entusiasmava l'idea di restare nell'ambiente, perché ho visto molto arrivismo".
Cosa ha rappresentato per Lei il calcio?
"Per me il calcio era un divertimento, non sopportavo le pressioni e non concepivo l'idea che un compagno di squadra potesse essere un rivale. Non dico che non ho preso seriamente il calcio ma non mi sono curato in particolar modo, giocavo finché mi divertivo. Poi ho avuto problemi fisici che mi porto dietro ancora adesso, sono stato curato male, mi mandavano in palestre dove per arrivarci dovevo attraversare Roma. Altri tempi rispetto ad ora, dove ti mandano dai migliori specialisti".
Di cosa si è occupato dopo il pallone?
"Ho preso delle strade diverse come l'edilizia e non è andata benissimo. I figli sono cresciuti e ho avuto l'esigenza di mettere su un bar-gelateria. Era il 2013 e quando andavi in banca ti ridevano in faccia. Però abbiamo cominciato a lavorare, i miei figli si sono appassionati. Abbiamo aggiunto anche la pasticceria".
Quindi anche Lei si è messo a studiare per la nuova professione
"Mi informo, studio, propongo, parlo col pasticcere. Ho anche imparato a fare il gelato, mi sono specializzato e ho iniziato a fare pure consulenze. Con mia moglie troviamo le ricette, poi è lei a preparare i gelati. Non volendo vivere la mia vita dentro un bar io mi limito a controllare l'andamento degli affari. E nel tempo libero posso coltivare la mia passione per la pesca".
Non si vedeva su una panchina o su una scrivania?
"Se avessi fatto l'allenatore a quest'ora mi ritroverei a convivere con le pasticche antidepressive".
Com'è stato il suo post carriera?
"Mi sono ritirato a 32 anni, mi sono divertito a Civitavecchia gli ultimi anni ed ero felice, anche se non guadagnavo i soldi che guadagnavo in A. Il post carriera è stato duro, non sai cosa fare. Perché ti accorgi che la vita si svolge al di fuori di una bolla in cui sei stato per anni. E allora ti devi inventare qualcosa, ma non sai niente. Se poi hai vicino familiari che non ti incoraggiano rischi di abbatterti ancora di più. Tantissimi calciatori hanno avuto problemi ad affrontare la vita al di fuori del calcio, serve che vicino a te ci siano persone che ti sorreggano".
Cosa ci fa un romano a Lecce?
"Un po' un paradosso, dato che quando ho lasciato Lecce mi ero detto che non ci avrei mai più messo piede. Ma perché ero deluso da dei campionati brutti che facemmo, scendendo dalla Serie A alla C1. Avevo degli amici che hanno fatto delle proprietà in centro storico e abbiamo deciso di mettere su questo bar per i miei ragazzi. È un bar che ha discreto successo e con competenza abbiamo tirato fuori dei prodotti che stanno andando molto bene, rivisitando anche specialità della cucina salentina mettendoci un pizzico della mia romanità".