Eli Louhenapessy, dall'Ajax all’alluminio: “In Friuli la mia nuova vita”
Khvicha Kvaratskhelia è un nuovo giocatore del Napoli e con ogni probabilità il nome e cognome più impronunciabile mai visto in Serie A. Ma quali altri giocatori hanno messo maggiormente in difficoltà tifosi e giornalisti? Tra di essi sicuramente Elijah Louhenapessy, che per agevolarci la vita ha scelto di farsi chiamare "Eli": "Anche perché il mio cognome per intero non ci starebbe sulla maglia" scherza, ma nemmeno troppo ai microfoni di Tuttomercatoweb. Olandese di nascita, indonesiano e più precisamente molucchese di origine, friulano d'adozione, Eli è stato una meteora del nostro calcio, almeno ad alti livelli. Perché di fatto, se pur abbia smesso con i professionisti a 26 anni, ha giocato per diversi anni tra i dilettanti in Friuli. Ai nostri microfoni ci racconta la sua storia:
Eli, cosa fai oggi?
"Oggi lavoro per una ditta qua in Friuli, specializzata nella lavorazione e nella verniciatura dell'alluminio. Sono anni del resto che sono nel mondo del lavoro fuori dal calcio, avendo smesso molto giovane".
Eppure gli inizi erano promettenti, la scuola calcistica di quelle più importanti al mondo: il grande Ajax
"A 8 anni ho fatto un provino con loro e ci sono rimasto fino ai 20. Sono un 1976, stessa annata di Kluivert, Seedorf e tanti altri. Quell'Ajax era una generazione di fenomeni, io ebbi la fortuna a 17 anni di firmare il primo contratto da professionista".
Sul curriculum anche una presenza in prima squadra
"All'epoca c'era Louis van Gaal, la squadra era campione d'Europa in carica ma già qualche pezzo grosso era andato via (Davids, Reiziger, Kanu e Finidi). Venne preso in difesa Marcio Santos, che però non era visto molto dal tecnico. Fu così che Van Gaal mi chiamò e mi disse che avrei dovuto giocare titolare, al posto del brasiliano. Era una partita contro il NAC Breda, giocai solo il primo tempo".
Una sola presenza con l'Ajax, tanto è bastato per finire all'Udinese
"Il mio contratto era scaduto e tramite un amico ad Amsterdam conosco un procuratore. Il nome direi che è piuttosto noto: Mino Raiola....".
L'artefice del tuo approdo in Italia è stato lui
"All'epoca si presentò a casa mia ad Amsterdam, mi diceva che aveva contatti in Italia. Fce arrivare ad Amsterdam Pietro Lo Monaco, che era il ds dell'Udinese. Mi ha visto allenarmi per una settimana e ne ha parlato con Gino Pozzo. Li avevo convinti, firmai per 4 anni".
Che ricordo hai di Raiola?
"Era uno che ha iniziato dal nulla. Si è fatto il mazzo per farsi una posizione ed è stato bravo a capire il business. Con me si è sempre comportato bene, è stato sempre presente. Negli ultimi anni non ci siamo più sentiti ma posso dire che era uno che dava l'anima per i suoi giocatori".
Sei stato all'Udinese quattro anni, ma di presenze ufficiali una sola
"Ho fatto una partita in Coppa Italia contro il Venezia e poi sempre panchina o tribuna. Ero molto giovane, da formare. Ricordo che in quel periodo storico era consuetudine per i Pozzo prendere tanti giocatori stranieri per poi rivenderli. Per me era già una cosa enorme arrivare in Italia, la Serie A era il top al mondo".
Nonostante le cose non siano andate benissimo in campo, Udine è rimasta la tua casa da allora. Quasi un paradosso
"A Udine ho conosciuto la mia attuale compagna e sono rimasto con lei tutti questi anni, ben 23. Mi ritengo un friulano adottivo, Udine è una città piccola dove si vive bene".
Mai avuto nostalgia di casa?
"All'inizio sì, quando sono arrivato a Udine era un po' difficile. Parlavo inglese, ma 20 anni fa in Italia non lo parlava praticamente nessuno. Accendevo la tv ma non capivo nulla, vedevo gli attori doppiati e mi sorprendevo perché in Olanda è tutto in lingua originale".
Cosa non ha funzionato invece in campo?
"Zaccheroni a Udine era uno dei migliori allenatori e anche una brava persona, trattava tutti uguale e mi rassicurava. Mi diceva: 'Il tuo momento arriverà'. Solo che io scalpitavo, ho chiamato Mino per cercarmi una situazione. Mi hanno mandato in prestito al Genoa, mi sono trovato molto bene e feci anche un gol alla Lucchese. Squadra forte, tifo passionale. Poi De Graafschap e Salerno".
Cosa ti ha portato a smettere così presto?
"A Salerno capii che era l'ultima chance per sfondare e non è andata come speravo. Sono tornato a Udine e non mi hanno rinnovato il contratto. A quel punto ero senza squadra e dopo anni in cui ho giocato col contagocce, praticamente stava diventando complicato trovare sistemazione. Mino mi trovò una sistemazione in Austria, al Bregenz. Finita quella ho capito che era il momento di chiudere. Ero stufo e anche un po' abbattuto".
Ti sei ritrovato a costruirti una carriera tra i dilettanti in Friuli
"Mi piaceva vivere a Udine, avevo fatto le mie amicizie e qualcuno che giocava tra i dilettanti mi invitava a dargli una mano. Ammetto che all'inizio mi vergognavo un po' di scendere così di livello, mi preoccupavo di quello che la gente potesse pensare, che mi bollasse come 'sfigato'. Dopo averci riflettuto a lungo ho deciso di fregarmene. Certo, devi adattarti tu ai loro livelli, a volte non mi davano bene la palla ma mi rendevo contro che non ero più all'Ajax o all'Udinese".
Hai avuto una chance di tornare tra i Pro, a Carrara
"La Carrarese cambiava proprietà, mi hanno provato per una settimana. Erano in C2, mi hanno offerto un contratto ma le condizioni erano tali che non potevo accettare".
Nei dilettanti sei rimasto anche come allenatore
"Ho allenato Allievi e Juniores da allenatore, ma a un certo punto ero stanco di sacrificare le domeniche. Ora gioco con gli Amatori, il venerdì sera".
Non ti sarebbe piaciuto rimanere nel mondo del calcio, magari tra i professionisti?
"Guarda, mi dicono spesso: hai un curriculum, hai avuto grandi maestri. Perché non fai l'allenatore? Mi sono dato la risposta da solo e ho maturato l'idea che questo non sia il mio ambiente, altrimenti non avrei smesso a 25 anni. Mi piace la partita tranquilla, poi la birra con gli amici. Pensa che in 20 anni a Udine sono andato al massimo due volte allo stadio. Mi piacerebbe però andare un giorno a Marassi a vedere il Genoa dal vivo, ne conservo un bel ricordo".