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Gaetano Scirea, il primo della classe

Gaetano Scirea, il primo della classeTUTTO mercato WEB
giovedì 3 settembre 2020, 08:11Altre Notizie
di Redazione TMW
fonte Storiedicalcio - https://storiedicalcio.altervista.org/
Le straordinarie doti umane hanno spesso fatto dimenticare la sua classe, ma come libero «Gai» è stato il più grande

Era nato il 25 maggio del 1953, a Cernusco sul Naviglio. Ne aveva trentasei quando il destino andò ad aspettarlo lontano da casa, dove svolgeva una delle prime missioni tecniche per la sua Juventus, per il suo amico del cuore Dino Zoff, col quale andava a spartire un’esaltante, nuova avventura dopo aver per tantissimi anni condiviso sul campo la responsabilità di gestire la difesa della Juventus e della Nazionale.

L’uno portiere, l’altro battitore libero, entrambi con attitudini al comando, seppur diversamente esercitato. Fratelli, più che amici, cementati dai lunghi silenzi, discorsi di sguardi, fra chi si capisce al volo.

Campione dal dolce sorriso, campione in punta di piedi. Eppure. con l’avanzare degli anni, Gaetano andava intimamente ribellandosi al cliché. Ricorda la moglie Mariella, estroversa quanto Gaetano era caratterialmente riservato, che il marito si era fatto burlone, che illuminava la casa con inediti e ripetuti lampi di ironia.
Le doti umane, le qualità straordinarie di Scirea gli si sono, in un certo senso, ritorte contro come un boomerang. Nel senso che hanno messo in secondo piano le sue benemerenze tecniche e atletiche. Tutti presi a esaltare lo Scirea esemplare. professionista inarrivabile per correttezza e comportamento, si e un po’ perduto di vista il fatto che tecnicamente sia stato fra i più grandi di ogni tempo, nel suo ruolo, forse il più grande in assoluto.

L’interprete perfetto di una parte difficile, perchè riunisce ed esige vocazioni molteplici. Scirea è stato più bravo di Beckenbauer nelle coperture difensive e più incisivo di Franco Baresi nelle proiezioni offensive. Un fuoriclasse autentico, e come tale innovatore. Con lui, il ruolo di libero ha attinto una dignità mai raggiunta prima.

L’Atalanta era stata la sua prima vera squadra. Giocava a centrocampo, il giovane Gaetano, e incantava per la naturale eleganza del tocco. Già allora combinava due doti apparentemente in antitesi: la copertura inesorabile sull’avversario in possesso di palla e la proprietà del rilancio, la capacità di rovesciare immediatamente il fronte del gioco. Era cosi arrivalo diciannovenne alla Serie A, debuttando il 24 settembre 1972 in Cagliari-Atalanta (0-0).
I suoi maestri erano stati Titta Rota, burbero dal grande cuore, e Ilario Castagner, che andava muovendo i suoi primi passi da tecnico. Il capo allenatore, Corsini, lo utilizzò venti volte. Ma l’Atalanta finì in Serie B, a Bergamo arrivò Heriberto Herrera e anche il paraguagio, tipo non docile, fu conquistato da Scirea che centrò il pieno di presenze, trentotto partite filate.

Poiché la Juventus, che a Bergamo aveva allora una naturale riserva di caccia, lo aveva già adocchiato, Heriberto aggiunse il suo parere favorevole. Con lui Gaetano si era già adattato in un ruolo di libero non proprio tradizionale, diciamo un regista difensivo in grado di rovesciare al volo il fronte del gioco. Il tipo che era in cima ai desideri di Giampiero Boniperti, proteso alla costruzione di una Juventus destinata a durare nel tempo.

La Juventus, nel cuore della difesa, aveva un mostro sacro come Sandro Salvadore, trentaquattro anni suonati, ma un’intatta efficienza fisica al servizio di un palmarés da sogno. Boniperti si preoccupò di togliere ogni problema a Parola, l’allenatore. Concluso nel ’74 l’ingaggio di Scirea, regalò a Salvadore la lista gratuita.
Ma Parola era un tipo prudente, la maglia di titolare la diede inizialmente a Spinosi. La sconfitta a Bologna nella partita inaugurale, poi l’infortunio di Spinosi, magari qualche parolina giusta di Giampiero, vinsero la diffidenza del Carletto. La Juventus varò così un reparto difensivo destinato a fare epoca. Zoff in porta, Morini stopper e Scirea libero, Gentile e Cuccureddu sui lati con Furino a filtrare gli assalti. Fu subito scudetto, grazie soprattutto all’impermeabilità difensiva.

L’anno dopo pareva bis sicuro, ma il Toro di Radice si produsse in un sorpasso mozzafiato. Parola ci rimise il posto e Scirea, nel frattempo divenuto un punto fermo della squadra, incontrò il tecnico col quale avrebbe fatto incetta di trionfi: Giovanni Trapattoni.

La Juventus andava arruolando i guerrieri di un’armata invincibile: giovani emergenti come Tardelli e poi Cabrini, vecchi combattenti come Boninsegna. Il Trap sbancò al primo colpo campionato e Coppa Uefa, Scirea era il perno di una macchina perfetta. Fu Trapattoni a perfezionare un micidiale interscambio: l’avanzata improvvisa e determinante di Scirea, coperto alla perfezione dall’arretramento di Furino. A Gaetano mancava solo la Nazionale, cui era approdato Fulvio Bernardini.

Fulvio cercava due centrali dotati nel gioco aereo e questo era un po’ il punto debole di Scirea (più apparente che reale: infatti la vicinanza di stopper fortissimi di testa, come Morini e poi Brio, non richiedevano da Gaetano particolare applicazione in acrobazia).

Scirea debuttò in azzurro il 30 dicembre del 1975, ma per un anno rimase in subordine al grande Giacinto Facchetti. Poi arrivò l’altro tecnico del suo destino, Enzo Bearzot, col quale Scirea guidò la difesa azzurra in ben tre Mondiali: nel ’78 in Argentina, nell’82 in Spagna, nell’86 in Messico. Rispettivamente: la rivelazione, la consacrazione, l’addio.

Cambiava la Juventus, cambiava il partner di Gaetano, da Morini a Brio, ma i trionfi bianconeri si susseguivano a cadenza implacabile. Dalla Juve autarchica e proletaria, a quella spettacolare delle grandi star straniere (Brady, Boniek, Platini), tutto si riciclava, ma il punto di riferimento restava quell’inappuntabile regista difensivo, capace di dettare i ritmi di gioco e di chiamare all’ordine i compagni senza mai alzare la voce. Pochi come Scirea hanno saputo «leggere» la partita da dentro il campo.

Le copertine toccavano agli altri e chissà, forse nel suo intimo Gaetano se ne doleva. Ma si sentiva appagato, non lo stuzzicava l’ansia di smodati guadagni, già sembrandogli una così grande fortuna essersi affermato divertendosi. Subito al suo arrivo a Torino aveva conosciuto Mariella, che lavorava a una USL e alloggiava nella stessa pensione. Un anno e mezzo dopo erano sposati.

Avendo vinto tutto, Scirea giocò un’ultima stagione di rincalzo a Tricella, il suo effimero erede, nato nel suo stesso paese: sei presenze gli furono sufficienti per siglare l’ultimo dei suoi 24 gol in Serie A, niente male per un difensore.

Chiuse nell’88 con un bilancio straordinario: 397 partite in Serie A, una serie di 148 gare consecutive, da Fiorentina-Juventus dal 1° febbraio 1981 a Juventus-Fiorentina del 1° febbraio 1985, che fanno quattro anni tondi senza saltare un turno. 87 partite e 3 gol nelle Coppe internazionali, comprese cinque finali vittoriose: la Coppa Uefa del ’77, la Coppa delle Coppe dell’84, la Supercoppa, la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale dell’85. Un primato mondiale. E, per gradire, sette scudetti e due Coppe Italia.

Cominciava una nuova vita, da tecnico, quando una vampa di fuoco se l’è portato via, come dicono succedesse agli eroi dell’antichità.

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