Campagna faraonica e rosso da 26 milioni. Il Monza insegna che non si vince solo coi soldi
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Un budget che non ha eguali in Serie B, e che è superiore anche a diversi club di A, un mercato stellare e promosso da tutti a ottobre scorso, un bilancio chiuso con un passivo di 26,76 milioni di euro. Eppure tutto ciò non è bastato al Monza per conquistare la promozione in Serie A con la corsa che si è fermata contro il Cittadella in semifinale.
La lista dei giocatori arrivati in estate a Monza del resto era da stropicciarsi gli occhi: Michele Di Gregorio fra i pali, Giulio Donati, Lorenzo Pirola e Davide Bettella in difesa, Antonino Barillà, Andrea Barberis, Andrea Colpani e Davide Frattesi a centrocampo e poi la stella fra le stelle: ovvero Kevin-Prince Boateng. Tutti nomi che non avrebbero sfigurato nei club di Serie A a cui si aggiungevano alcuni stranieri promettenti come Mirko Maric, Antonio Marin e Carlos Augusto e un centravanti che prometteva raffiche di gol come Christian Gytkjaer, fresco capocannoniere del campionato polacco. Una rosa che poi era stata ulteriormente potenziata prima con l’arrivo dello svincolato Mario Balotelli e poi a gennaio da altri acquisti di peso come Matteo Scozzarella, Federico Ricci, Marco D’Alessandro e quel Davide Diaw che con la maglia del Pordenone stava lottando per il titolo di capocannoniere.
Ma non sempre chi più spende alla fine vince. E il Monza ne è forse l’esempio più lampante di questa stagione. In molti infatti non hanno brillato o dato quanto ci si aspettava, soprattutto fra gli stranieri dove – Carlos Augusto – a parte nessuno ha lasciato un segno indelebile nella stagione della squadra di Brocchi con Marin che è tornato in patria dopo pochi mesi e gli altri che hanno segnato con il contagocce. Stesso dicasi di Diaw che a Monza, anche per una collocazione tattica non sempre adatta alle sue caratteristiche, ha vissuto un’involuzione stupefacente: 10 gol in 18 partite coi friulani, 1 in 20 partite con il Monza.
Errori che dovranno fare riflettere in vista del prossimo mercato perché non sempre i nomi fanno la differenza e in Serie B probabilmente questa regola vale ancora di più visto che in Serie A e in finale play off sono arrivare le squadre più organizzate.
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