Mario Cecchi Gori, dal cinema alla passione per la Fiorentina

Inizialmente autista di Dino De Laurentiis e così anche di Vittorio De Sica, alla fine degli anni cinquanta cominciò a produrre film con società come la Maxima Cinematografica, la Fair Cinematografica e la Capital Cinematografica, divenuta dal 1983 Cecchi Gori Silver Film e dal 1987 Cecchi Gori Group Tiger Cinematografica.
Puntò molto su attori come Totò, Alberto Sordi e Vittorio Gassman.
Dal 1980 il figlio Vittorio cominciò a collaborare con lui, e dalla metà degli anni '80 Mario entrò anche nella distribuzione cinematografica, oltre che nella produzione di film popolari, prendendo il posto di grandi compagnie italiane che nel frattempo avevano ridotto la loro posizione sul mercato, come la Cineriz e la Titanus.
Sul finire degli anni '80 Mario e Vittorio unirono la propria attività con la Silvio Berlusconi Communications dando vita alla Penta Film, impegnata nella produzione e distribuzione sia cinematografica che televisiva.
Ha prodotto, fra gli altri, i film Lamerica di Gianni Amelio (che ha ricevuto il premio come miglior film agli European Film Awards 1994), e Il postino di Michael Radford e Massimo Troisi del 1994, che è stato il secondo film non in lingua inglese (dopo Sussurri e grida di Ingmar Bergman del 1972) a essere nominato nella categoria miglior film ai Premi Oscar 1996. Un suo cameo è presente nel film Sing Sing, dove interpreta un commissario di polizia.
Morì d'infarto a Roma il 5 novembre 1993.
È sepolto nel cimitero monumentale delle Porte Sante in Firenze assieme alla moglie Valeria Pestelli (1921-2002).
Dal 1990 fino alla sua morte è stato anche presidente della Fiorentina. La sua attività è proseguita attraverso il figlio Vittorio
Il ricordo del Museo Fiorentina:
Il 5 novembre 1993 un infarto colpì Mario Cecchi Gori, 73 anni, presidente della Fiorentina. Al funerale, in piazza Santa Croce, oltre ventimila fiorentini gli resero omaggio, con la bara coperta da una grande bandiera viola. Marione aveva iniziato la sua carriera come autista di Dino De Laurentiis ed era diventato un grandissimo produttore cinematografico, firmando capolavori che hanno segnato la storia del cinema italiano: Il sorpasso, L’Armata Brancaleone, i numerosi successi di Nuti e Verdone e l’Oscar vinto da Salvatores con Mediterraneo.
Mario aveva un’altra grande passione, oltre al cinema. Una passione condivisa, fin dall’inizio del loro rapporto, con la moglie Valeria: la Fiorentina. Nel giugno del 1990 l’aveva acquistata dai Pontello, suscitando un grande entusiasmo popolare, nonostante il rammarico per non essere riuscito a bloccare la cessione di Baggio alla Juventus.
I primi anni non furono all’altezza delle aspettative, né dei soldi spesi. Quello che Marione costruiva di giorno, il figlio Vittorio lo smontava di notte. Una sorta di tela di Penelope che portava la Fiorentina a cambiare continuamente allenatori e direttori sportivi.
Era il frutto della diarchia, del doppio potere di padre e figlio, che culminò in un pomeriggio di gennaio con l’esonero di Radice da parte di Vittorio: la squadra era sesta in classifica e, incredibilmente, precipitò in Serie B, schierando giocatori come Batistuta, Effenberg (capitano della Germania) e una rosa da qualificazione in Coppa UEFA.
Una retrocessione che ferì profondamente Marione, che diceva: “È la mia croce”. Ma ebbe la forza di reagire tracciando il futuro: impose la scelta di Ranieri come allenatore e la permanenza in Serie B di tutti i migliori giocatori. Decisioni che riportarono la Fiorentina in alto, purtroppo a lui mancò il tempo di vederla.
