La scelta della Fiorentina, l'addio allo Spezia, Vlahovic e il mercato: parla Italiano
Nella mattinata di ieri, dalla stupenda cornice del Piazzale Michelangelo di Firenze si è tenuta il via la conferenza stampa di presentazione di Vincenzo Italiano come nuovo tecnico della Fiorentina. Assieme a lui il dg Joe Barone e il ds Daniele Pradè.
Prende la parola Barone: "Per nostra fortuna oggi, in una giornata così importante, siamo qui a presentare Vincenzo Italiano come nuovo allenatore. Una scelta, questa, che parte da lontano. Ho parlato con lui la prima volta quando lui allenava il Trapani. Ci siamo concentrati su di lui perché si tratta di un uomo con i nostri stessi valori, massima trasparenza e sincerità, sia come allenatore che basa il suo calcio sul ritmo, sulla velocità, sul lavoro sui giovani e la ricerca del gol. Iniziando dal presidente Commisso abbiamo individuato in lui la persona giusta per far crescere la Fiorentina e far divertire il popolo viola. Parlare di calcio con lui trasmette energia e per questo non vediamo l'ora di tornare in campo, con l'affetto del popolo viola attorno. Lavoriamo costantemente con la Lega per il ritorno dei tifosi allo stadio. Un grazie va poi anche agli stessi tifosi per come hanno accolto Italiano, con la passione che solo una città come Firenze è in grado di dare. Visto il momento difficile che il nostro paese sta affrontando vogliamo mostrare vicinanza agli oltre 400 dipendenti che hanno perso il lavoro alla GKN".
Spazio adesso a Pradé: "Sono felice che Italiano sia qui con noi. Io e Nicolas Burdisso, che siamo la parte tecnica della Fiorentina, chiediamo una cosa: che la Fiorentina sia riconoscibile su tutti i campi in cui andrà a giocare. Insieme, sono sicuro, che inizieremo un bel percorso".
Ora è la volta di Vincenzo Italiano.
Questa la sua esperienza più difficile della vita professionale?
"Il calcio è uguale in tutte le categorie. Conta come lo si affronta. La scelta di venire a Firenze mi vedrà portare con me il cuore. Ringrazio il club per questa grandissima opportunità. Cercherò di mettere in atto ciò che mi ha chiesto la società: di essere riconoscibili, temibili contro qualsiasi squadra. Da ex calciatore giocare a Firenze era un qualcosa che mi toglieva il sonno e voglio che questo sia ciò che penseranno d'ora in poi i nostri avversari. Non vedo l'ora di iniziare. Ho iniziato a conoscere i ragazzi per questa che per me è un'opportunità grandiosa".
Cosa le ha dato il calcio?
"Il calcio è la mia vita. Anche da calciatore mi sono tolto grandi soddisfazioni e anche lo scorso anno siamo riusciti a centrare un traguardo in cui molti non credevamo. Il calcio mi dà soddisfazioni ogni giorno. Voglio dare tanto, è una responsabilità enorme essere qui. Anche solo affacciarmi e vedere Firenze è un qualcosa che voglio riportare in campo".
Qual è l'obiettivo della Fiorentina per il prossimo anno?
"Sono quattro anni consecutivi che mi tolgo soddisfazioni oltre i traguardi iniziali. Ogni anno si inizia per migliorare i risultati dell'anno precedente. Per questo l'obiettivo per me è prima di tutto avere un'identità precisa, creando il più possibile. Se la pensi così puoi ottenere grandi cose".
Com'è stato il passaggio da calciatore ad allenatore?
"I primi mesi sono stati traumatici ma il richiamo della panchina, di fare questo lavoro e seguire i dettami degli tecnici che ho avuto. Da centrocampista, poi, sei obbligato ad essere più attento alla tattica, al gioco. Ho iniziato da vice allenatore, poi con i ragazzi e facendo una gavetta che mi ha permesso di fare errori, correggerli e migliorare. Adesso sono un allenatore sicuramente diverso: gli errori fanno crescere così come le soddisfazioni".
Qual è il sogno da allenatore?
"Veder crescere i ragazzi che ho qui e vedere che si divertono. Senza divertimento c'è la morte sportiva. Voglio sentirgli dire che si divertono, che vogliono scendere in campo e affrontare gli avversari. Le garantire non le può garantire nessuno, ci sono troppe variabili. L'impegno, la fame, la passione e la voglia riuscirò a trasmetterli alla squadra".
Qual è il marchio di fabbrica che vuole imprimere alla Fiorentina?
"Mi piace vedere un certo tipo di calcio, di atteggiamento e di intensità. Non voglio vedere una squadra che subisce l'avversario, con sempre grande aggressività. Sui moduli si può discutere ma quello che conta è l'atteggiamento e la riconoscibilità di ciò che si vuole fare. Questo è quello che porta vantaggi".
Cosa mi aspetto dal mercato?
"Con la società l'idea è chiara. Dobbiamo valutare la rosa che c'è già. Poi dopo un paio di settimane faremo il punto della situazione con la società. Prima bisogna conoscere non solo tecnicamente ma anche caratterialmente i ragazzi. Per me la Fiorentina è già una squadra di livello anche se si può sempre migliorare. Aspettiamo prima le valutazioni che faremo in ritiro".
Che messaggio si sente di mandare allo Spezia e ai suoi tifosi?
"Quello che è stato fatto in questi due anni è storia. Se c'è stata una persona che ha mostrato rispetto e dato affetto a quella piazza quello sono io assieme al mio staff. Abbiamo raggiunto traguardi allucinanti. I tifosi ci sono mancati tantissimo e hanno sofferto tanto del non poter gioire per una promozione in A e una salvezza storica. Ci sono state persone deluse, amareggiate ma quello che conta essersi rimboccati le maniche. Soprattutto in momenti in cui siamo rimasti soli. In quel frangente diventi un fenomeno, un mito, salvo poi dimenticarsene. L'affetto per la maglia e della piazza rimarrà a vita. Dispiace per la reazione di molti, ma posso garantire che in questi due anni ho dato tutto".
Qual è la ricetta per riportare la Fiorentina dove merita?
"Ho già parlato con i ragazzi e per ottenere ciò che ci siamo posti come obiettivo, ovvero tornare a divertirsi e a divertire, ci riusciremo. Se andiamo in campo per non divertire i tifosi vuol dire che non abbiamo capito niente. Per me era una priorità anche da calciatore. Il mio motto è 'difendere bene e attaccare benissimo'. Con identità d'intenti si possono raggiungere grandi traguardi".
La ricorrenza sull'esordio contro la Roma e lo scudetto del 1969?
"Lo sapevo ma ero nel mezzo alle piante e non ho potuto toccare ferro. Quando penso alla Fiorentina, a Rui Costa, Batistuta e Socrates, di cui avevo anche la figurina, ho solo ricordi di una grande piazza. Vogliamo essere una squadra vera, che ottiene un massimo che non sappiamo ancora quale potrà essere, ma daremo tutto ciò che abbiamo. Basta sentire la mia voce... sono qui da quattro giorni ed è già finita".
Nessun limite solo orizzonti è lo slogan della sua avventura in Viola?
"La usai al primo giorno a Trapani ed è rimasta lì per tutto l'anno. Ha portato bene. Credo che quella lavagna sia ancora viva e vegeta. Per Firenze scelgo però 'difendere bene e attaccare benissimo'. È quello che voglio dalla mia Fiorentina".
Quando è importante Dusan Vlahovic per la sua squadra?
"Lo conoscevo da avversario ma con i ragazzi mi piace molto anche parlarci. Credo che si tratti di un attaccante straordinario, che ha una fame incredibile. Qualsiasi allenatore lo vorrebbe con se. Io cercherò di sfruttare tutte le sue qualità anche se gli chiederò qualcosa di diverso rispetto al passato. A lui chiederò lo stesso che chiedo agli altri: sacrificio e rispetto dei ruoli. E ne sono già sicuro. Sarà un attaccante di valore assoluto".
Il ritorno in Europa può essere un obiettivo?
"Noi vogliamo migliorarci rispetto al passato. La Fiorentina è una squadra che deve andare oltre il 14° posto. È la storia di questo club che lo chiede. Adesso però dobbiamo pensare solo a migliorare, sia che si tratti di classifica, di gol fatti o di gol subiti. Questa è la mia idea così come quella della società. Dovremo essere diversi".
Manca un regista di centrocampo per la sua idea di gioco?
"Mancano i nazionali e poi c'è Pulgar che ricopre questo ruolo. Devo prima conoscere tutti come ho detto prima. L'asse centrale della squadra è fondamentale. Deve avere la voglia di avere il pallone fra i piedi, non solo il regista. Una volta rientrati tutti vedremo il da farsi".
Come si è sviluppata la trattativa con la Fiorentina?
"Quando un club come questo ti chiama è un onore. Poteva essere più veloce l'operazione ma credo che le cose non nascano mai per caso. Credo nel destino e l'aver accettato di arrivare a Firenze, sposando un progetto come questo, penso che si rivelerà la scelta migliore".
Cosa ne pensa dell'acquisto di Nico Gonzalez?
"È un titolare dell'Argentina che ha appena vinto la Copa America. Si tratta di un calciatore di qualità, con fisico e un gran mancino. Sarà un elemento del tridente da cui partiremo. Si tratta di un grandissimo acquisto".
Quando manca per completare questa Fiorentina?
"Quando in rosa ha tre nazionali argentini ha vinto la Copa America, uno italiano che ha vinto l'Europeo, un nazionale cileno e così via. Li conosco da avversari contro i quali dovevo sudare sette camice per ottenere risultati. La squadra è di ottimo livello e con la società ci siamo detti che ci sarà da migliorare lo faremo. Quello che conta però non è solo l'aspetto tecnico, ma quello emotivo e motivazionale. Molto dipenderà dal fuoco che si ha dentro per andare oltre gli ultimi risultati. Si deve sentire il giglio dentro il petto, per un senso di rivalsa che una città come questa merita".
Aprire contro Mourinho a Roma e chiudere contro la Juventus che significa per lei?
"Il calendario di Serie A propone solo partite molto complesse. Siamo una delle 12 società che hanno cambiato allenatore e questo propone delle difficoltà ulteriori. Sarà una corsa contro il tempo per inculcare il proprio pensiero nei ragazzi. Dovremo essere più svegli e veloci. Le gare sono tutte difficili, diventano facili solo quando le vinci".
Che difesa ha in testa?
"Per me questo reparto è sempre stato a quattro, difendendo lontano dall'area perché penso che se tieni lontano gli avversari dall'area di rigore ha meno possibilità di prendere gol. Quando parli di Pezzella, Milenkovic, Biraghi, Quarta e tutti gli altri vuol dire che si tratta di una difesa di livello. Farla diventare di altissimo livello sta a me, convincendoli a non aver paura ed essere in grado di osare. Prendere un gol, rincorrere l'avversario con 30 metri alle spalle non è una vergogna. Si deve lavorare di squadra. Il calcio è fatto di grandi momenti personali e grandi momenti collettivi".
Che ruolo avrà Amrabat nella sua Fiorentina?
"Per lui vale lo stesso discorso fatto per gli altri. Si tratta di un centrocampista come lo ero io che spesso mi sono sentito dire che non ero adatto a giocare a due o tante altre. La mia sfida è stata quella di dimostrare che potevo fare tutto quello che mi veniva chiesto. Amrabat è un giocatore di alto livello e nel calcio di oggi può fare tante cose. Quando ci si mette a disposizione si può fare tutto. Figuriamoci uno come lui, con la sua fisicità e la sua dinamicità. Sarà un mio problema farlo rendere al meglio. Se poi un giocatore alza la mano lamentandosi di qualcosa, ne parleremo e valuteremo cosa fare".
Cosa le ha detto Commisso?
"È stato simpaticissimo. Mi ha detto 'Tu sei italiano, siciliano e tedesco per via della mia città natale:' cosa vuoi essere?' Io gli ho detto essere importante per questa società oltre che una brava persona e un bravo allenatore".
Cosa pensa degli addii di Ribery, Caceres e Borja Valero?
"Sulle questioni contrattuali mi faccio da parte. C'è la società che risponde (successivamente è intervenuto Pradè per rimandare la risposta ad un altro momento, ndr). La Fiorentina ha giovani interessanti e di valore. Una squadra deve avere un mix fra giovani ed elementi esperti. Tutti con la voglia di dimostrare e di trascinare la propria squadra anche se in modi diversi. Alcuni giovani in questi quattro giorni mi hanno già colpito per la voglia di fare".
Le sarebbe piaciuto allenare Ribery?
"Mi limito a dire che si tratta di un campione. Lo dimostrano i trofei, la carriera e ciò che faceva vedere in campo e che ha dato alla Fiorentina e alle squadre in cui ha militato in precedenza".
Quale allenatore è la sua ispirazione primaria?
"Ho avuto la fortuna di avere allenatori di valore, preparatissimi, che nel mio percorso mi hanno dato tanto. Ho cercato di attingere a tutto quello che mi hanno insegnato, sia sul piano motivazionale, strategico, tattico, gestione dei momenti e tanto altro. Alcuni mi hanno indirizzato quando ho deciso di smettere di giocare e tra questi c'è Cesare Prandelli. Lui è stato il primo tecnico a darmi fiducia quando avevo 20 anni a Verona. Mi ha consegnato le chiavi del centrocampo, ho vinto la Serie B e l'anno successivo ho fatto qualcosa di straordinario. Ancora non l'ho sentito ma lo farò presto. So quando sia tifoso della Fiorentina e potrà darmi tanti consigli sopratutto per i ragazzi che alleno e che lui ha già allenato".