TMW RADIO - La punta della Juve, dell'Inter, Dybala, i suoi assistiti: Branchini a 360° sul mercato
Il noto procuratore Giovanni Branchini è intervenuto in diretta nel corso di Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini, iniziando dal riconoscimento di procuratore del secolo recentemente attribuitogli: "Ovviamente mi fa piacere ma sono classifiche che lasciano il tempo che trovano, queste. Anche perché a corredo di premi a giocatori ed allenatori... Poi procuratore del secolo è un po' improprio per una professione che si esercita da una trentina d'anni".
A gennaio Sirigu lascerà il Torino?
"Nel nostro mestiere dobbiamo avere rispetto degli interessi del gruppo e della squadra. Parlare di mercato in un momento così per il Torino, che lotta per uscire dalla crisi e fatica, mi sembrerebbe inopportuno e poco professionale. Mi fa piacere leggere dichiarazioni dell'allenatore che gli ha riconosciuto professionalità ed impegno, lui sta attingendo alle sue risorse, noi dobbiamo avere la freddezza di rispettarlo, poi quando sarà il momento si parlerà anche di altre cose".
Che reazione ha quando sente parlare di salary cap?
"Di curiosità. Sono dell'idea che le cose vadano migliorate e studiate. Mi interesso, ma poi mi accorgo che sono frasi di circostanza e demagogia: chi le esprime non ha né interesse né conoscenza, e mi infastidisco. Ci sono tante cose che possiamo fare per migliorare il calcio, servirebbe uno studio costante e non solo in momenti elettorali o di particolare difficoltà, per buttare il fumo negli occhi. Il mondo calcistico ha preso rilevanza industriale e socio-economica, questo dovrebbe indurre chi ha il potere a studiare tutto ciò che possa migliorarne la salute, lo svolgimento e la crescita. A livello di principio nulla in contrario, purché parli chi conosce l'argomento e a ragion veduta, senza finalità politiche, ricerca di consensi o titoli sui giornali".
Quale l'errore principale del calcio italiano nel non cogliere occasioni in questa emergenza?
"Non vorrei contraddire, ma le criticità nel calcio c'erano già da prima del Covid, ed è grave perché chi poteva avrebbe dovuto affrontarle a prescindere. Il Covid è stata la mazzata che ha amplificato, ma in qualche modo ha fatto anche da cortina di protezione. Servono prese di posizione, così da avere sostenibilità ed equilibri migliori e accorgersi magari che certi dispositivi non funzionano nonostante le migliori intenzioni. Deve esserci un impegno costante e presente. Non capisco perché i forzieri di FIFA e UEFA non si siano svuotati per andare a sostenere la crisi di cui soffre il calcio. Nessuno sa spiegarmi a cosa servano quei soldi lì a giacere nei conti correnti. Almeno la crisi Covid non riescono ad attribuirla ad agenti o agli stipendi dei calciatori... La crisi è globale, senza colpevoli: servivano quelle ricchezze accumulate grazie ad eventi sportivi disputati da attori pagati da terzi".
Perché l'operazione Eriksen non ha funzionato per l'Inter?
"Posso dire che molte volte i calciatori non riescono a ripetere in ambienti o realtà diverse le prestazioni che hanno dato loro prestigio. Un po' come trasportare le viti da un terreno all'altro: non è detto che l'uva venga della stessa qualità. Dispiace perché è stato un investimento importante, che si poteva pure aspettare sei mesi a fare, senza esborsi di cartellino, specie oggi che i club non hanno tante risorse da dedicare al mercato".
Un giudizio sull'inizio di De Sciglio a Lione?
"Ha dovuto fare i conti col Covid anche lui. A Lione ci è arrivato a campionato iniziato, e purtroppo hanno avuto moltissimi positivi in squadra: questo ha rallentato l'inserimento che però è avvenuto, e bene. Il Lione è un'ottima squadra, l'abbiamo visto nella scorsa Champions, e i campionati così compressi avvicinano molto il rendimento delle varie realtà. Mattia si sta imponendo, sta bene ed è a disposizione del tecnico. Speriamo vada avanti così".
Douglas Costa rimarrà al Bayern Monaco?
"Non sta giocando molto. In questo momento viene da dire che sembrerebbe difficile, ma manca ancora tanto. Non voglio fare l'indovino, perché nello sport basta poco per cambiare il trend di un giocatore: ha qualità, ma negli ultimi anni è stato poco regolare, anche per via di infortuni. Il poco utilizzo fa pensare a una permanenza improbabile".
Pavoletti sta tornando.
"La sventura di una ricaduta ti fa perdere una stagione intera, anche se col Covid sono state meno partite rispetto a una stagione normale. Sono situazioni pesanti da superare, e banalmente conta solo farlo. Oggi Leonardo sta bene, gioca con una certa continuità: come sempre quando si rientra, le prime partite sono state sfavillanti, quelle successive più laboriose... I passaggi che conosciamo. Lui è motivato e sereno, e gioca in una squadra che fa un calcio offensivo: sembra che tutto vada per il meglio".
Quindi le voci di mercato sono fake news?
"Ci sono molti interessamenti, ma dipende essenzialmente da cosa vorrà fare il Cagliari. Lui si è trovato molto bene, e l'attacco è forte: lui ha caratteristiche diverse dagli altri, ci saranno una serie di valutazioni. Per ora abbiamo ricevuto sondaggi, anche molto prestigiosi, ma intanto è giusto aspettare il prossimo turno. Credo che il mercato prenderà piede dalla prossima settimana, tutti lì faranno un bilancio".
C'è anche la Fiorentina?
"No, non mi risulta".
Papu Gomez che occasione è?
"Alle cifre di cui sento parlare non penso ci sarà mercato. Qualche volta capitano questi incidenti di percorso, ed è un peccato: ha dato e ricevuto molto dall'Atalanta, ed è spiacevole che tutto si concluda così. Ma episodi e malintesi che rendono la convivenza difficile succedono. Non credo però che ci sarà questa asta o chissà che mercato: non dimentichiamo che non si tratta di un giovane che esplode ora, e che si affaccia adesso sul palcoscenico internazionale. Se qualche suo estimatore deciderà di fare una mossa del genere, allora sì, ma non credo alle cifre di cui sento parlare".
Ogbonna ormai è una bandiera del West Ham.
"Sono ormai un paio di stagioni che ha un rendimento molto alto, dopo aver risolto un problemino con cui conviveva da tempo grazie ad un intervento chirurgico. Può allenarsi molto meglio, con continuità, e con l'attuale allenatore Moyes ha trovato la titolarità assoluta, confermandosi ad ottimi livelli. La squadra ha fatto un salto di qualità grazie ad un paio di innesti, e trovato un rendimento molto buono. Anche quando ha perso, coi top club, non è mai stata messa sotto. Ora li vedo un po' stanchi, e sono preoccupato per il Chelsea stasera. Per me è tra i migliori difensori italiani degli ultimi due anni, ed è con un numero ristretto di altri".
Che origini ha la difficoltà dell'Arsenal?
"Qualche volta le ciambelle non riescono col buco. L'Arsenal ha fatto una certa politica di mercato, diventando quasi una succursale del Chelsea: ha giocatori di lunga esperienza nel campionato inglese, ai quali forse serviva un cambio più radicale. Hanno preso un allenatore giovane come Arteta, di cui tutti parlano bene ma che si è trovato davanti difficoltà incredibili. Sono in crisi come capita spesso nel calcio: la squadra è conseguenza di cose che non funzionano. Da quanto abbiamo visto fin dagli ultimi anni di Wenger, il pubblico dell'Arsenal si è rivelato molto paziente, e lo dovranno essere ancora per il tempo necessario".
Che operazione è stata Morata?
"Il campo dice ottima. C'è anche una componente emotiva, lui era molto contento di tornare in Italia e alla Juve: tutto questo ha un effetto positivo. Il suo rendimento è altissimo, e c'è da capire se è Morata ad essere migliorato molto o, purtroppo e come temo io, il livello del nostro calcio sia sceso molto".
Sarebbe grave.
"All'Atletico Madrid non era titolare, qui fa la differenza ogni volta che scende in campo. Il nostro calcio è in crisi: se non lo si vuole dire per non depauperare il prodotto ok, ma tra noi serve capire che momento sia. Chi fa la differenza oggi un tempo era in Arabia o negli USA a svernare a certe età".
Ronaldo rimane fino alla scadenza del contratto?
"L'ho sempre pensato, non cambio idea".
Il rinnovo di Tagliafico allontana le squadre interessate?
"No, non credo. Era più un atto dovuto, perché il ragazzo si fa apprezzare molto sia in campo che fuori. Un modo per gratificare un giocatore che, in una situazione normale, avrebbe probabilmente cambiato casacca. In quest'epoca di ristrettezze è rimasto, e penso ci sia un'intesa molto positiva tra club, giocatore ed entourage. Un segnale di continuità e rispetto, ma se il mercato mostrasse interesse non sarebbe stato allontanato".
Che lingua sta studiando Allegri?
"Studia inglese da tempo, ma perché aveva già iniziato tempo addietro. Adesso con più intensità, ma già lo faceva quando era ben saldo in panchina... Ora è sereno e consapevole della situazione generale, in cui sono cambiati i metodi d'intervento dei club. Ha voglia di tornare a lavorare ma sa che capiterà quando sarà il momento".
Che club italiano si è interessato a Tagliafico?
"Inter e Napoli, poi c'erano interessi anche da squadre straniere. Però non si è concretizzato nulla e le cose rimangono così".
Dybala rinnoverà?
"Lui e il mondo Juve sono preoccupati di rivederlo pimpante, in salute, giocare come sa. Il resto è una conseguenza, oggi serve ritrovare un rendimento alla Dybala, il giocatore che conosciamo e stimiamo tutti".
Perché il nostro calcio è così in difficoltà?
"Secondo me nel tempo è venuto meno il coraggio di fare scelte impopolari. Oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, le scelte di mercato sono fatte per compiacere ambiente, media, l'onda di consenso o dissenso. Raramente vedo scelte in controtendenza come succedeva una volta: l'abilità di un dirigente era quella di vendere uno di cui tutti parlavano bene e che tutti ritenevano un campione, per poi prenderne un altro discusso di un altro club, poco considerato, per farlo esplodere perché meglio di quanto la gente credesse. Nelle società c'è poca preparazione, un filo diretto tra presidenti e mercato senza intercapedini o filtri. Si prende quello di cui tutti i giornali parlano, così le spalle sono anche coperte. Una volta non era così".
Chi vede protagonista del prossimo mercato in Serie A?
"Cose clamorose penso non ce ne saranno. Le grandi potranno provare a completarsi, ma con mosse complementari: non credo a stravolgimenti. Saranno completamenti d'organico o risoluzione di problemi endemici, ma sempre sotto forma di prestiti o scambi".
L'Inter prenderà un vice-Lukaku?
"Sì, credo di sì. La Juve pure andrà su una punta in più".
... Giovane o più esperta?
"Questo dipende anche da cosa offre il mercato. Il Milan potrebbe puntellare la difesa, se ne parla da tempo. Si presume che Fiorentina e Bologna cerchino una prima punta, il Verona valuterà se prendere un altro attaccante... Qualcosa potrebbe muoversi ma senza potere d'acquisto è più difficile".
Che dire di Scamacca?
"Da sempre lo ritengo interessante e dotato, è stato considerato dagli inizi uno dal potenziale importante. Ha trovato un rendimento che fino ad oggi non era riuscito a mantenere, ma sulle sue doti non c'erano dubbi. Quando smettiamo di etichettare questi ragazzi come campioni, ecco che trovano la serenità per imporsi. Finché pomperemo a dismisura quelle che non sono altro che promesse, li buttiamo in un contesto nel quale è difficile avere un rendimento buono. Il punto è che i media sono in crisi d'astinenza, e appena uno mostra qualche qualità ecco il campione".
Icardi è destinato a rimanere al PSG?
"Il mercato decide che resterà lì. Ho cercato di rispondere in modo gentile...".
Bruno Guimaraes in Italia è utopia?
"All'Atletico Paranaense sembrava eccezionale, ma a Lione ha fatto fatica ed anche oggi non è titolare indiscusso. Il salto non è semplice per tutti, ci sono quelli dotatissimi, che giocano subito in ogni realtà, ma altri che devono prendere le misure. Guimaraes aveva grande mercato, la nomea di certezza e per tanto tempo non ha giocato. Oggi ha più regolarità ma non è ancora ai livelli del Brasile".
Troppo pensare a un Milan da Scudetto?
"Assolutamente no. Sta facendo bene, ha trovato ottimi risultati... La mia favorita rimane l'Inter: se ritrova la serenità del suo tecnico e l'ambiente riuscisse ad essere meno carico di tensioni, potrebbe avere la forza di imporsi. Tra le possibili sorprese c'è il Milan, ma anche la Juventus sicuramente sarà tra chi potrà giocarsela fino in fondo".
Perché Conte è così nervoso?
"Non voglio fargli appunti, è sempre stato un tecnico caratteriale e molto presente. Dall'esterno, col beneficio d'inventario, sembra sempre una squadra che va in campo con una certa angoscia, non con la forza della serenità. Una tensione che non aiuta".
Cosa sta mancando alla governance del calcio italiano?
"Non mi pento di usare un termine accusatorio: manca l'interesse per la salute del calcio. Ce n'è solo per essere rieletti e ottenere consensi, non per rendere il calcio migliore. Tante cose non sono da prima pagina ma comunque importanti, e c'è bisogno di capire che il movimento deve essere governato da dentro, e non per l'esterno. La nostra federazione, tanto bistrattata, ha mostrato una lungimiranza che vorrei ritrovate anche in FIFA e UEFA, un percorso diverso in cui ogni componente diversa faccia il suo ruolo. Facile dire che un giocatore guadagna troppo quando non si sa quanto è il ricarico, per esempio, su ciascuna maglietta. C'è da combattere una serie di patologie insorgenti prima che facciano danni irreparabili".
Oggi il grande modello è il Bayern Monaco?
"Nel giudizio non ci si può dimenticare che i club sono anche espressioni del paese in cui vivono. Possono godere dell'appoggio di una Germania in cui la condizione economica è diversa da tutti gli altri. Hanno saputo raccogliere le migliori risorse mostrando che non sperperavano soldi, tenendo una linea che gli ha consentito di chiudere in passivo un solo bilancio negli ultimi 25 anni, a parte l'ultimo ovviamente. Poi ci vuole la fortuna delle scelte indovinate, basti pensare che hanno vinto la Champions con Flick, secondo subentrato, e non con Guardiola o Ancelotti o Van Gaal".
La holding City Football Group è modello che si può ripetere?
"Per ricongiungermi a prima, mi aspetto che gli enti governativi del calcio ci dicano se è legittimo che uno stato sovrano sia proprietario di un club di calcio. Molti pensano che non sia sportivamente accettabile, perché hanno disponibilità e flessibilità maggiori rispetto ad un'azienda normale. Non so quanto siano ripetibili certi modelli, e se li giudico per quanto è stato vinto in relazione ai soldi spesi, la critica si fa ancora più aspra. Non sono questi i modelli da seguire. Si parla già di studiare la questione delle TPO, per stabilire cosa fosse da eliminare e cosa fosse accettabile e rispettabile".