Luiso, la parabola del mitico Toro di Sora tra Serie D e l'Europa
Partito dalla D, hafatto una scalata che lo ha portato in Serie A e a vivere un sogno europeo che sembrava impossibile. Parliamo di Pasquale Luiso, mitico bomber del Vicenza dei miracoli di fine anni Novanta, che con mister Francesco Guidolin visse un sogno. Cresce nell'Afragolese, nel 1990 si trasferisce al Sora, dove l'allenatore Claudio Di Pucchio lo sposta al centro dell'attacco: è lì che esplode definitivamente, visto che in quattro stagioni segna 59 reti e conquista il soprannome di Toro di Sora che lo accompagnerà per tutta la carriera. Poi, dopo altre esperienze, la ribalta vera prima con Avellino, Piacenza e infine il Vicenza, dove si trasferisce nel 1997. Nel suo primo anno a Vicenza segna 8 reti in campionato e altrettante in Coppa delle Coppe, diventando il capocannoniere della manifestazione, che la squadra veneta sfiora di un soffio. Poi Sampdoria, Ancona e Salernitana, prima di altre esperienze, tra cui l'ultima di nuovo al Sora, dove iniziò davvero bomber Luiso.
A Storie di Calcio, su TMW Radio, Luiso si è raccontato senza filtri, e anche con un po' di emozione nel ricordare la sua parabola: "Un po' di nostalgia ce l'hanno tutti. E' bello che ancora oggi qualcuno si ricorda di me giocatore, anche se ormai alleno da tempo. Se nel calcio lasci qualcosa, che sia un gol o un modo di esultare o altro, vieni ricordato per sempre. Il soprannome nasce in realtà a Torino, perché venivo da Sora e hanno voluto aggiungere il toro per fare un bel mix. Non è dovuto al mio modo di giocare, anche perché in tanti ancora me lo chiedono".
E ha continuato: "Mi dicevano già ai tempi della D che avrei fatto fatica a segnare in C2, ma poi ne feci eccome. E così andò avanti fino ad arrivare in Serie A e in Europa, ho sempre smentito tutti. Mi è mancata la ciliegina della Nazionale, ma capita ai bomber di provincia, ma avevo davanti a me VIveri, Casiraghi, Del Piero, Inzaghi. Si parlava di me, e sono contento di questo, ma la concorrenza era altissima. Una volta ce ne erano tanti, oggi però sono molto pochi questi cannonieri. Rimpianti? A me piaceva giocare, in panchina era come essere un leone in gabbia. Non andare alla Lazio, alla Roma, al Milan, avrei fatto panchina. Invece ho fatto la mia Serie A, i miei gol, da altre parti".
Mentre sull'allenatore che ha inciso di più nella sua carriera ha detto: "Come crescita, che mi ha fatto capire che volevo fare questo mestiere, è stato Di Pucchio, che ha creduto veramente in me. Il primo anno feci 5 gol in Serie D, ma mi volle a tutti i costi ed esplosi definitivamente. Gliene sarò sempre grato". Ma ha anche ricordato anche i difensori più arcigni che ha incontrato, da Sottil ("mi riempiva sempre di cazzotti") a Couto, passando per Nesta e Ferrara, ma anche Zago, Thuram e Bruno (in un Pescara-Lecce mi diede tante di quelle botte").
E non poteva non ricordare quel gol col Piacenza in rovesciata contro il Milan: "Vincevamo 2-0, poi doppietta di Dugarry ma poi ci fu questo cross, io mi girai, stoppai di petto e feci la rovesciata. Non capii più nulla, fu l'apoteosi. Ancora oggi se ne parla e lo vedono tutti sul web. E' un gol rimasto nella storia". Ma ha anche raccontato come nacque l'esultanza della Macarena: "Venne una mattina Piovani in camera, in ritiro, ma anche capitan Lucci, che videro un'esultanza particolare. Giocavamo in casa contro la Reggiana, segnai e tutti mi chiesero di farla e quindi partì questa esultanza. Cagni si arrabbiò anche, e non la facemmo più". Infine l'esperienza europea col Vicenza: "Il gol a Stamford Bridge col Chelsea? E' tra i miei ricordi più belli, raddoppiammo anche ma il gol fu ingiustamente annullato per fuorigioco. Col VAR magari sarebbe stato convalidato e saremmo andati avanti noi. Le partite in Europa sono una goduria, per questo quel gol rimarrà indelebile nella mia memoria".
A mandargli un saluto anche un ex compagno come Arturo Di Napoli: "Non era eccelso tecnicamente ma aveva un carattere pazzesco. Voleva emergere, ed era un valore aggiunto. Ma soprattutto era una persona fantastica". Ma anche mister Gigi Cagni: "Era un centravanti vero che non c'è più oggi. Ha fatto tanti gol, l'ho allenato per poco tempo ma l'ho incontrato spesso da avversario ed era adatto al mio calcio. Forte di testa, nel contrasto, molto generoso, un bomber che oggi mancano tanto".