Il caso Acerbi e il precedente Marconi, punito senza prova oggettiva: le differenze
Nessuna giornata di squalifica a Francesco Acerbi. È questa la decisione del Giudice Sportivo sulle frasi volate in campo tra il difensore dell'Inter e Juan Jesus, che ha accusato l'avversario di avergli rivolto insulti razzisti. Un'accusa alla quale, "senza che per questo venga messa in discussione la buona fede" del difensore brasiliano, non ha creduto il dottor Mastrandrea.
Assoluzione per mancanza di prove. È giustizia sportiva ma, si fosse nel processo penale sarebbe questa la formula definitiva per chiudere il caso Acerbi. Qualcosa è stato detto, ma se resta la parola dell'uno contro quella dell'altro non si riesce ad accertare cosa. E, non potendosi escludere il razzismo ma ovviamente neanche confermarlo, la decisione esclude la squalifica. È una strada molto diversa, quanto all'accertamento di cosa sia stato pronunciato e cosa no, dalla linea scelta dalla giustizia sportiva in passato.
Il precedente Marconi. Torniamo indietro al caso più recente, per fortuna uno dei pochi che abbiano interessato il calcio italiano. A dicembre 2020 Pisa e Chievo si sfidano, verso la fine del primo tempo scoppia un parapiglia: i protagonisti sono Michele Marconi e Joel Obi. Il secondo, supportato dai compagni che entrano in campo, accusa il primo di avergli rivolto una frase razzista: "la rivolta degli schiavi". A maggio 2021, dopo aver superato indenne i primi due gradi (giudice sportivo e Tribunale Federale), Marconi viene squalificato per 10 giornate dalla Corte Federale d'Appello.
L'analogia col caso Acerbi… Anche nel caso di Marconi, come in quello che ha visto protagonista il centrale dell'Inter, mancava una prova oggettiva che la frase in questione fosse stata pronunciata. Proprio per questo l'attaccante - oggi in forza all'Avellino - andò inizialmente assolto. In appello, però, la Corte applicò il "consolidato principio" secondo cui nella giustizia sportiva “il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio”. Che Marconi avesse pronunciato una frase razzista era in sostanza plausibile ma non certo, come si potrebbe sostenere nel caso Acerbi.
…e le grandi differenze. A prima vista, le due situazioni sarebbero identiche. In realtà, ci sono almeno due grandi differenze. La prima, e più rilevante: nel caso Acerbi-Juan Jesus, sono stati ascoltati soltanto i due protagonisti della vicenda. Nessun altro - neanche l'arbitro - sembra aver sentito nulla e anche in campo l'accaduto sarebbe passato inosservato senza la solitaria protesta del brasiliano all'indirizzo di La Penna. La squalifica di Marconi arrivò - come nell'altro caso di Claudio Santini, squalificato per un insulto razzista nei confronti di Shaka Mawuli, insulto confermato da almeno un testimone - dopo amplissime audizioni di compagni e avversari: nelle 23 pagine che compongono la sentenza della Corte Federale d'Appello si fa riferimento a una lunga serie di testimonianze "precise e concordanti, con riferimento a tutte le circostanze del fatto (momento e luogo in cui è avvenuto il fatto, la dinamica, il tenore della frase)". Altra differenza: Marconi, almeno secondo la testimonianza di Michael Fabbro, all'epoca giocatore del Chievo ma in precedenza in forza al Pisa, avrebbe ammesso di aver pronunciato la frase "la rivolta degli schiavi" ma intendendola come rivolta a tutta la squadra avversaria e non al centrocampista nigeriano. Acerbi ha sempre negato di aver pronunciato una frase razzista.
Terza differenza, a livello procedurale: forse complice il clamore mediatico della vicenda, in questo caso la Procura Federale è intervenuta nelle indagini in maniera diretta sin dalle primissime fasi, costruendo l'impianto su cui si è poi basata la decisione del giudice sportivo. Nel caso di Marconi, intervenne soltanto in un secondo momento, a seguito della prima "assoluzione" nonché a distanza di un mese e mezzo, col deferimento del giocatore del Pisa. Cosa cambia: oggi è molto difficile immaginare che l'ufficio del dott. Chiné possa contestare la decisione su Acerbi. A meno che le conclusioni del giudice sportivo non fossero ritenute del tutto incongruenti rispetto al lavoro degli inquirenti, non tale da portare ad accertare nemmeno la "plausibilità". Resta lo scenario di un esposto alla Procura da parte di Juan Jesus, magari supportato dal Napoli: il difensore brasiliano non potrebbe presentare ricorso non essendo parte del procedimento chiuso oggi, ma a quel punto ne aprirebbe uno nuovo. Ma avrebbe poco senso all'atto pratico e allo stato attuale non vi è indizio che possa accadere.