Baranca (Sport Integrity): "Calciatori propensi alla scommessa. Ludopatia? Strada rischiosa"
"Secondo me, il 90 per cento dei calciatori scommette". Hanno fatto rumore, nei giorni scorsi, le dichiarazioni rilasciate da Francesco Baranca, ex segretario generale di Federbet e oggi consulente per Sport Integrity Team, succeduta alla precedente nella lotta al match-fixing. Raggiunto da TMW, Baranca, tra le altre cose presidente del comitato etico della federcalcio ucraina, è tornato a parlare del caso scommesse e di quel dato. Frutto, spiega, "di una mia impressione, legata a una serie di considerazioni. I calciatori in molti casi sono soggetti giovani, e la maggior parte dei ragazzi si avvicina a prodotti di gioco, che siano scommesse o casinò. Mi sembra che in Italia ci sia una incredibile sovraesposizione al gioco: si viene educati al gratta e vinci o al lotto sin da giovani. I calciatori hanno un profilo che è, potenzialmente, quello di una persona propensa al vizio del gioco: tanto tempo libero, un sacco di soldi a disposizione, un grandissimo spirito di competitività e il bisogno di adrenalina".
Del resto, lei di questi temi ha parlato spesso con diversi calciatori.
"E le posso dire che nei vari corsi tenuti, che siano stati in Italia o in Spagna o in Ucraina, la domanda se i partecipanti fossero soliti scommettere suonava sempre abbastanza retorica. La cosa che mi ha colpito di più, in tutta onestà, sono le squadre giovanili. Se non posso dire con assoluta certezza che il 90 per cento dei calciatori scommette, le assicuro che il 90 per cento si è avvicinato ai prodotti di gioco. Non dimentichiamo, tra l'altro, che moltissimi calciatori o ex facevano o fanno, in maniera ovviamente del tutto legale, i testimonial per prodotti di poker o case di scommesse".
Per quello che si sa finora, i protagonisti di questo nuovo caso sono tutti ragazzi giovani. Anche in base a quello che ci ha raccontato, ha la sensazione di essere davanti a un fenomeno generazionale?
"Beh, nei ritiri degli anni '80 si giocava a carte; oggi il mondo è cambiato, le nuove generazioni hanno una dimestichezza diversa con gli apparati elettronici. In più, le scommesse sono diventate sovraesposte, nel senso che c'è stato un grandissimo aumento dell'offerta. Prima, rispetto al gioco d'azzardo, la scommessa veniva vissuta come un gioco di abilità, anche perché il lasso di tempo tra puntata e risultato era più ampio, a differenza del casinò. La schedina, per capirsi, dava molta meno adrenalina rispetto alle puntate live che si possono fare oggi, in qualsiasi momento, in qualsiasi posto e su qualsiasi evento. Adesso la generazione più giovane ha un approccio di grande vicinanza e disponibilità rispetto a questi meccanismi: si fa tutto prima, si fa tutto più in fretta, si può scommettere su qualsiasi cosa, su qualsiasi dato. Per truccare una partita basta un'ammonizione".
A tal proposito, in questa vicenda al momento non sembra esservi il sospetto di combine.
"Al momento non c'è nessun tipo di elemento che possa far pensare a un coinvolgimento in proprie partite o in tentativi di combine. Però io dico sempre una cosa: la Serie A e in generale l'Italia sono un conto, negli altri campionati teniamo sempre la massima allerta. Il fenomeno del match-fixing, soprattutto all'estero, sta debordando. Fagioli, per quello che si sa finora, è stato integerrimo sotto questo profilo, ma ricordiamoci cosa è successo in passato: nessuno è un criminale a priori, ma se giochi diventi ricattabile e a un certo punto devi recuperare".
Crede che le società di calcio debbano avere un ruolo più attivo nel monitoraggio?
"Sì. Le società di calcio devono avere dei sistemi per gestire queste situazioni. Ho letto l'intervista in cui Pierpaolo Marino ha rievocato il suo periodo all'Atalanta. Ecco, la società nerazzurra si è attivata per prevenire certe situazioni, prima con Federbet e oggi con Sport Integrity Team. Ogni società dovrebbe avere una persona, un dirigente, che gestisca tutto quello che è legato al gioco, a partire dalle sponsorizzazioni. Ci dovrebbe essere qualcuno che abbia il compito di controllare i profili dei giocatori, anche relativamente ai rispettivi trascorsi, e di fare vera formazione. Qualcuno che martelli i giocatori, non con incontri da dieci minuti ogni tot di mesi. Ciascuna società dovrebbe avere almeno un integrity officer, come lo hanno le leghe: considerato quanto investono per i calciatori, non mi sembra un investimento così assurdo".
Che lei sappia, com'è la situazione in Serie A?
"Che io sappia, solo l'Atalanta si è dotata di un sistema a tal fine. Compreso un codice etico, che sarebbe utilissimo. Faccio una provocazione: se una società controlla tutto quello che è legato al gioco, compra un giocatore dopo aver verificato che in passato non sia stato coinvolto in episodi di match-fixing o in problemi di ludopatia, a quel punto si è tutelata, ha tutelato il sistema e ha fatto tutto per evitare la responsabilità oggettiva. E si potrebbe pensare a un provvedimento molto più efficace: se il calciatore viene beccato, non viene squalificato, ma non percepisce lo stipendio. Bisogna cambiare la mentalità. E aggiungo una cosa: leggo di distinzione tra siti legali e illegali. Esiste, per carità, ma in realtà cambia pochissimo da questo punto di vista".
Beh, però chi si avvicina a un sito illegale rischia di incorrere più facilmente in frequentazioni di un certo tipo…
"Certo, in quel modo aumenta il rischio, però i prodotti a livello tecnico sono assolutamente identici. I siti illegali sono cloni di siti legali: chi si rivolge ai primi lo fa con l'idea di non poter essere denunciato. E invece magari è molto più probabile, perché quando devi troppi soldi chi gestisce il sito illegale ti denuncia o fa uscire il tuo nome".
Arriviamo al decreto dignità: ha causato più problemi che altro?
"Alla fine, ha colpito solo i bookmaker legali. Senza considerare che è stato trovato subito l'escamotage, con domini esteri o i vari blog. Basta guardare una partita di qualsiasi tipo: i bookmaker che ufficialmente non operano in Italia fanno comunque pubblicità dovunque".
Aggiungo: ha fatto proliferare i tipster, che incitano a scommettere in maniera molto meno scorretta rispetto a quanto non facevano i media tradizionali.
"Ma assolutamente sì. Le basta aprire Facebook o Instagram: sono pieni, dilaganti, di possibili indizi di match-fixing e di tips, suggerimenti che di fatto portano a scommettere. Il decreto dignità non ha risolto nulla: di sicuro il gioco non è diminuito ma aumentato; in più, sono proliferati i siti illegali. Che alla fine possono anche usare il calcio italiano per fare pubblicità. Basta stringere un accordo di partnership regionale in una zona in cui quel sito è autorizzato a operare ed ecco che il suo nome compare nei cartelloni a messaggio variabile dello stadio nelle immagini trasmesse all'estero (è stato il caso, per esempio, di una partnership fra la Lega Serie A e alcune agenzie di scommesse russe, a cui Baranca ha fatto riferimento anche in una precedente intervista rilasciata a TuttoMercatoWeb, ndr)".
Torniamo all'attualità. Fagioli e Tonali si sono dichiarati ludopatici.
"Secondo me si è tracciata una strada pericolosa: chi ha uno scheletro nell'armadio lo dica ora e amen. Il rischio è che uno dica: ho compiuto un errore, ma perdonatemi perché sono ludopatico. Chiariamoci: è un argomento serio, delicato. E mi dispiace per questi ragazzi, che sicuramente hanno dei problemi. Però non vorrei che la cosa passasse sotto traccia e ce ne si dimentichi fra qualche settimana, come temo che invece accadrà. A costo di essere ripetitivo: bisogna cambiare la mentalità. Bisogna approcciare la questione in maniera scientifica, razionale, parlarne senza paura. È una cosa ciclica, ogni tot anni siamo a parlare delle stesse cose. E non riguarda solo l'Italia, riguarda tutto il mondo. Le scommesse esistono e sono necessarie per il calcio: affrontiamo la cosa seriamente, senza colpevolizzare nessuno, ma senza neanche sconfinare nel giustificazionismo e far dimenticare tutto".
Ma se tutti scommettono comunque, non sarebbe più semplice liberalizzare le scommesse per i calciatori?
"È una domanda che mi fa riflettere: ci ho pensato, ma alla fine sarebbe un po' come liberalizzare il doping e penso che i contro supererebbero i pro. Alla fine della fiera, si torna a quello che ha detto Spalletti qualche giorno fa: Dio ti ha benedetto con un talento e una carriera, puoi fare tante cose che ragazzi della tua età neanche si sognano di fare. Rispetta questo dono".
Ha parlato del codice etico, cos'altro pensa che potrebbero fare le società?
"È un tema diverso anche se collegato: io mi aspetterei che si attivassero di più per avere quantomeno un ritorno dalla vendita dei dati. In Serie A succede, anche se parliamo di spiccioli. In Serie D sostanzialmente i dati delle partite vengono presi senza chiedere nulla e le partite vengono offerte in Asia, senza che si riceva una giusta compensazione per questo. Commercializzare, o commercializzare meglio, i dati delle scommesse, aiuterebbe come minimo ad avere un ritorno da un mercato che ha un fatturato multimiliardario".