Baranca: "La mia fuga da Kiev. La FIFA mandi l'Ucraina ai Mondiali"
“La FIFA conceda all’Ucraina la qualificazione diretta ai Mondiali”. La proposta arriva da un italiano, che il Paese al centro del conflitto lo conosce benissimo. Dal 2017, Francesco Baranca, già segretario generale di Federbet, presiede il Comitato Etico della Federcalcio Ucraina. Per lui, come per tanti altri cittadini di Kiev, gli ultimi giorni sono stati drammatici, anche se adesso è riuscito a raggiungere la Spagna. E da lì racconta a TMW gli eventi vissuti a partire dalla notte fra il 23 e il 24 febbraio: “Sembrerà strano a chi legge, ma sembrava una notte normalissima. Ho sentito qualcosa, ma fondamentalmente dormivo: a Kiev i fuochi d’artificio sono frequenti, specie in occasione dei compleanni, e ne ho sentito qualcuno la sera prima. La mattina, quando mi sono svegliato, ho sentito come un petardo grosso, o il rumore che fanno quando fanno esplodere le cave. Del resto, erano gli unici suoni che avessi sentito in vita mia simili a quello che si udiva. All’inizio non mi sono accorto di nulla: la mattina, ho trovato sul telefono una chiamata di Luciano Luci, il designatore italiano degli arbitri ucraini, e mi ha detto che stavano attaccando”.
A quel punto cosa avete fatto?
“Siamo andati in ufficio. Ripeto, sembra strano, magari naïf: la prima cosa a cui ho pensato è stata farmi una doccia, come fosse una giornata normale. Poi, quando sono uscito di casa, ho visto le persone che correvano per la strada. Io ero molto calmo e questo mi ha aiutato tanto: inizialmente abbiamo cercato di andare a L’viv, ma in due ore e mezza abbiamo fatto un chilometro e così siamo andati in Ambasciata. E qui devo aprire un capitolo a parte: Zazo, l’ambasciatore italiano in Ucraina, è una persona straordinaria, anche di più. Eravamo tantissimi: tante donne, bambini, persone anziane. Hanno fatto un lavoro straordinario. Da lì mi sono aggregato a un convoglio dell’OSCE, e un aiuto grandissimo per lasciare il Paese, per passare la frontiera, me l’hanno dato le federcalcio ucraina, moldava e romena”.
Ma nei giorni precedenti non c’era timore per le avvisaglie della guerra?
“Non così tanto. Per capirsi: io la sera prima sono andato al ristorante, era una serata normale per tutti. Se ne parlava, certo, ma in maniera un po’ ironica: eravamo tutti convinti che fosse un 'al lupo al lupo' fino all’ultimo. Invece, Putin ha aspettato la fine delle Olimpiadi e ha attaccato, anche se non ha rispettato le Paralimpiadi. Però fino a quel momento la convinzione era che fosse tutta una grande provocazione. E che nel peggiore dei casi l’offensiva sarebbe stata limitata al Donbass: nessuno immaginava che si spingesse fino a Kiev”.
Arriviamo al viaggio, che odissea è stata?
“Da Kiev sono passato per la Moldavia e poi la Romania. Un viaggio di 66 ore, con tante difficoltà: il primo intoppo era uscire dalla frontiera ucraina. C’è una fila infinita e ci sono controlli lunghissimi: io ho avuto la fortuna che un militare mi ha riconosciuto, mi ha aiutato tantissimo. Poi in Moldavia mi ha accolto la federazione: avevo il volo dalla Polonia il giorno dopo, ma sono dovuto andare la sera prima per evitare problemi. Ho fatto un pezzo di strada con i giocatori brasiliani dello Shakhtar, tutti molto spaventati, alcuni con le famiglie”.
Le facce spaventate, immaginiamo, sono quelle che ha incontrato lungo tutto questo percorso.
“Sì, ho visto tante persone spaventate. Lo eravamo tutti. E io devo dire che onestamente mi sento un privilegiato: c’è gente che è in Polonia al confine da quattro giorni. Anche il viaggio stesso diventa un incubo, senza considerare che se sei maschio e hai il passaporto ucraino non puoi lasciare il Paese”.
Il tutto alle porte dell’Europa.
“Ma Kiev è Europa: la loro grande conquista è che da quattro anni a questa parte non hanno bisogno del visto per venire in Unione Europa. Quindi si sentono a tutti gli effetti europei. E le dico una cosa: secondo me Putin non si aspettava questa resistenza, non dico che era convinto gli avrebbero steso il tappeto rosso, ma non penso si attendesse questa opposizione”.
La vittoria elettorale di Zelensky nel 2019, però, faceva immaginare dei sentimenti europeisti.
“Sì, questo è vero. Ma anche l’ex presidente, Porošenko, era pro Europa: la contesa elettorale non ha avuto questo come tema principale. Non era facile prevedere una reazione così veemente. E devo dire che ne sono orgoglioso, da persona che vive in Ucraina da anni. Anche lo stesso Zelensky si è comportato da leader: molte volte scappano, lui è rimasto lì e ha mandato un messaggio forte. Anche all’Europa, a cui ha chiesto fatti e non parole”.
A Kiev avrà tanti amici e conoscenti per cui è in pensiero.
“Assolutamente. Sono in contatto con loro 24 ore su 24: non sono ancora riuscito a dormire fino a ieri notte, più che altro per tenere questo filo diretto. Alcune persone sono andate in altre città, qualcuno è arrivato in Polonia”.
Lei, Luci, De Zerbi: in Ucraina c’era una vera enclave italiana.
“Le racconto un aneddoto: io e De Zerbi non andavamo d’accordo all’inizio, poi ci siamo visti una sera per caso al ristorante e ora andiamo d’accordo. A parte questo ricordo personale, la comunità italiana a Kiev è molto grande: basti pensare a tutti i ristoranti italiani. Era casa nostra”.
La speranza è che lo sarà ancora.
“Non lo so. Fosse per me, tornerei domani. In questi anni abbiamo fatto un lavoro grandissimo: ho avuto tanta libertà di movimento, e il nostro sistema è diventato un modello, anche per la UEFA. Abbiamo trasformato l’integrità in una risorsa per la federazione, dando durissimi colpi al matchfixing. Però chissà cosa succederà. Il calcio è legato strettamente alla politica. E proprio per questo dico che la FIFA potrebbe mandare un segnale importantissimo, ammettendo direttamente l’Ucraina ai mondiali di Qatar 2022”.
La ritiene una cosa possibile?
“Io lo dico sull’onda emotiva, so che una decisione del genere non avrebbe nessuno tipo di fondamento giuridico. Però penso anche che non sarebbe accolta male dagli altri Paesi. E al popolo ucraino darebbe una spinta incredibile. Sarebbe anche una speranza: almeno fino a dicembre, abbiamo una nazionale che ci rappresenta. Aggiungo che oggi fisicamente è impossibile giocare i playoff. Intanto, molti sono andati in guerra. E poi a livello logistico è impensabile pensare di far arrivare la nazionale in Scozia a fine marzo, nella situazione attuale. Ripeto, darebbe un messaggio fortissimo, tanta forza alla gente ucraina. Lo abbiamo visto con la pandemia: il calcio, anche nelle tragedie, può avere un grande ruolo”.
Un segnale, FIFA e UEFA lo hanno dato escludendo la Russia.
“È anche questo veramente importantissimo: la stanno escludendo da tutti gli sport. Anche il fatto che abbiano tagliato i rapporti con Gazprom è tanta roba. Secondo me questa reazione è una cosa che Putin proprio non si aspettava. E magari potrebbe aiutare qualcuno a svegliarsi dal torpore, anche in Russia”.