Cordoba: "Per l'Inter ho rifiutato due volte il Real Madrid. Moratti per me è stato più di un papà"

Lunga intervista ai microfoni di Radio Serie A per Ivan Ramiro Cordoba, con l'ex difensore dell'Inter che ripercorre alcune tappe della carriera in nerazzurro tra aneddoti e curiosità: "Non mi sono mai pentito di aver scelto l'Inter perché ero in una grande squadra e mi ero promesso sportivamente di fare qualcosa di importante. Io non volevo passare all'Inter tanto per, dovevo fare la storia.
Anche vincere una Coppa Italia, come la prima, per me era il massimo. Per me non c'è mai stato nessun dubbio. Anche se il Real Madrid è arrivato in due occasioni dicendo addirittura: "I soldi non c'entrano niente. Non farti problemi per quello che vorrai, non farti problemi per quello che chiederà l'Inter". L'intermediario mi disse che avrebbe dovuto portarmi al Real , ma io gli ho detto che volevo rimanere all'Inter. Avevo appena fatto un accordo con il presidente Moratti e quando toccammo quel tema, gli dissi: "Presidente se noi riusciamo a fare questo accordo io rimango qua per tutta la durata del contratto anche se viene una squadra che mi offre il doppio di quello che sto guadagnando adesso io non vado via".
Quando Cambiasso è arrivato all'Inter, lo stesso intermediario mi ha contattato e mi ha detto che aveva il compito di portarmi al Real e che le cifre non erano un problema. Io però ho ribadito di voler rimanere all'Inter. Poi si, durante gli anni in cui non vincevamo dicevo a Javier "Caspita noi ci alleniamo, noi abbiamo dei giocatori forti, ogni volta il presidente cerca di completare la squadra con con qualche giocatore o con i più forti che ci sono sul mercato, che cosa ci manca, cosa dobbiamo fare per vincere?" E lui mi diceva sempre "Tranquillo che il lavoro paga, vedrai che arriveranno i trionfi" e così è stato".
Ancora Cordoba sull'Inter. "Ho scelto l'Inter perché in quel momento il calcio italiano era come un romanzo per qualsiasi giocatore, era il romanticismo. Mi reputo una persona abbastanza romantica perciò mi sono detto "voglio andare all'Inter perché una squadra con tutte quelle stelle è venuta a cercarmi, è un sogno". Anche se Ruggeri, che aveva dei buoni rapporti con il Real Madrid, successivamente mi disse che anche i blancos mi volevano e che erano disposti a pagare di più il cartellino. Lo ringraziai ma gli dissi che avevo scelto i nerazzurri perché mi vedevo già con quei giocatori, quella squadra, quella tifoseria, in quello stadio. Per me non c'è stato nessun dubbio. Una delle prime persone che ho incontrato è stato il Presidente Moratti dopo aver fatto le visite. Mi disse: "Ivan, guarda tu hai un carattere molto forte quando giochi. Ci saranno momenti dove giocherai male, altri dove giocherai meglio, dove sbaglierai qualche pallone, ma quello al tifoso interista non interessa. Il tifoso interista te lo perdona, ma l'unica cosa che non ti perdona è se tu non dai tutto te stesso in campo. Quindi tu devi correre e dare tutto di te. Così stai tranquillo che potrai rimanere qua per tutto il tempo che vorrai" . Quelle parole sono ancora dentro di me.
Ancora su Moratti. "Partivamo tutti da una grande umiltà, ed era un esempio che ci veniva dato soprattutto dal nostro presidente Moratti. Per me è stato più di un papà, era il significato di famiglia. L'esempio che lui ci dava ci portava a comportarci di conseguenza. Lui ha sempre tenuto tanto ai suoi tifosi, alla gente che faceva i sacrifici per andare al Milano e in trasferta. Ci ha sempre detto che i tifosi erano la cosa più importante. Ha cercato sempre di avvicinare giocatori e tifoseria e questa è una cosa che mi porto dietro. Sono dell'idea che questo contatto ci debba essere perché quando le cose diventano troppo separate secondo me qualcosa non sta funzionando.
Mourinho. "Mio figlio si chiama José ma non c'entra nulla con il mister. È nato prima mio figlio e poi è arrivato lui all'Inter, tanti hanno sempre pensato che ci fosse un collegamento ma in realtà no. È un allenatore che le sa tutte. Quando comincia a parlare con te, con la squadra e vedi tutto quello che fa capisci perché è Mourinho. Non gli sfugge niente. Ho raccolto tanti insegnamenti da parte sua. Uno in particolare è che lui ha una capacità di tirare fuori il massimo ad ognuno seguendo una linea sua, anche con modi bruschi. Ti porta a dare tutto anche cercando di far uscire da te la rabbia perché lui soprattutto il primo anno vuole capire qual è la squadra e quali sono i giocatori che vogliono stare con lui e che sono capaci ad affrontare tutto quello che arriva dopo. È quasi come formare un gruppo di battaglia, quindi deve mettere alla prova. A volte ti stuzzica, non ti fa giocare per vedere come reagisci e a volte anche se non ti fa giocare per un mese è probabile che ti metta la partita più importante che c'è in quel momento come un quarto di finale di Champions o di Coppa Italia. Perché lui vuole sapere che quella squadra è lì in qualsiasi momento abbia bisogno. Questa è la cosa più importante per lui".
La sconfitta con l'Atalanta per 3-1 e la litigata con Mou.. "Quell'episodio è stato molto forte perché erano le prime partite, lui aveva sempre detto: "Non mi sentirete mai parlare male di un mio giocatore". E quello al giocatore rimane in testa e quasi idolatra la persona pensando "Questo è il nostro protettore". E invece in quella partita, lui è uscito e ha parlato di me. Adesso rido e sicuramente lo farà anche lui quando lo saprà, ma in quell'episodio lui disse "Non è possibile che un giocatore come Cordoba così esperto si faccia fare un gol così e se volete una spiegazione, per quello abbiamo perso." Però lui è furbissimo perché diceva "abbiamo perso il primo tempo ma il secondo lo abbiamo vinto noi perché abbiamo fatto un gol". Il giorno dopo c'è stata una riunione. Ci siamo detti tante cose in faccia ma da lì è iniziato un percorso di fiducia e conoscenza tra di noi. La realtà era che all'inizio non ci conoscevamo bene. Vedevamo in Mourinho una figura quasi perfetta e abbiamo cominciato a capire che non era così, ma che c'erano anche queste situazioni e dalla sua anche lui ha cominciato a capire che noi non eravamo tutto quello che lui pensava. E' stato l'inizio di una ricostruzione per andare a vincere".
