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Juve: il peccato di Motta, il vero errore di Giuntoli, la scelta di Tudor. Inter: la “miniera” di Inzaghi. Bologna: l’ufficio stampa di Italiano. E quattro consigli perdibili a Spalletti

Juve: il peccato di Motta, il vero errore di Giuntoli, la scelta di Tudor. Inter: la “miniera” di Inzaghi. Bologna: l’ufficio stampa di Italiano. E quattro consigli perdibili a Spalletti TUTTO mercato WEB
Oggi alle 09:40Editoriale
di Fabrizio Biasin

Ci siamo levati dalle balle la sosta. Più o meno. Ma di cose ne son successe. Almeno dieci. E con dieci protagonisti diversi.
1) Motta è saltato come tappo di champagne. Anzi, di prosecchino. L’hanno fatto fuori e certo ha le sue belle responsabilità: ha gestito male i rapporti con l’esterno e con l’interno, non è riuscito a trasmettere la sua idea di calcio e, insomma, se l’è giocata male. Il sottoscritto era certo che l’ex Bologna avrebbe fatto benissimo e, invece, si è sbagliato. Questo significa che non avrà più possibilità ad alto livello e quello che abbiamo visto un anno fa è frutto di un abbaglio? Ma figuriamoci: crescerà, imparerà, farà la sua bella strada e riuscirà a gestire le situazioni, cosa che non ha fatto a Torino.

2) Giuntoli ne ha combinate parecchie. Forse più di Motta. Anche senza “forse”. Non è solo una questione di soldi investiti senza cercare il risparmio (33+5 per Nico, 60 per Koop, 50 per Douglas Luiz e così via), ma di difficoltà a comprendere che a questo gruppo mancava la “colla”, i leader, quei giocatori che magari non hanno il nome ma tengono su la struttura. E poi le cessioni: da Huijsen a Kean fino a Fagioli, si è venduto il futuro. “Sì ma pure tu avresti venduto Kean dopo gli zero gol della stagione precedente”. E infatti non faccio il direttore di un grande club.

3) Inzaghi ha vinto la Panchina d’Oro, premio meritato. C’è chi lo aspetta al varco (“e se quest’anno non vince nulla?”) ma il dato di fatto è che a prescindere da tutto il suo lavoro parla per lui. Non solo per una questione di schemi e idee, ma anche e soprattutto di quattrini. Statistiche sul suo quadriennio nerazzurro rispetto a quello precedente griffato Spalletti/Conte. Incassi da competizioni: dal 2017 al 2021 530 milioni di euro, dal 2021 al 2025 (ancora in corso) 748. Euro investiti sul mercato: dal 2017 al 2021 552 milioni, dal 2021 al 2025 253 milioni. Ricavi dal mercato: dal 2017 al 2021 243 milioni, dal 2021 al 2025 314 milioni. Stop.
4) Vlahovic a detta di tutti tornerà ad avere un ruolo importante ed è così: perché è forte, perché non aveva senso tenerlo fuori, perché magari non sarà Van Basten ma sa cosa vuol dire segnare. Il problema, al limite, resta legato al suo contratto e a quei 12 milioni di ingaggio che sono una zavorra su ogni genere di programmazione. Queste nove partite devono servire a trovare la qualificazione Champions e, soprattutto, pretendenti al suo cartellino: lo sa lui, lo sa la Juve, lo sanno tutti.
5) Platini è stato assolto dall’accusa di aver intascato mazzette. Si è dovuto sorbire dieci anni di processi e ha detto ciao-ciao a un’importante carriera dietro la scrivania. Siamo bravissimi a puntare il dito quando arrivano le condanne, ricordiamoci di dare il giusto e doveroso risalto alle assoluzioni.
6) Tudor ha accettato un contratto senza troppe condizioni: torna perché è la Juve, torna perché è la sua squadra del cuore, torna perché crede nel suo lavoro, torna perché pensa di poter conquistare un posto in Champions. Ha fatto benissimo: probabilmente a fine stagione finirà “altrove” per lasciar spazio “ad altri”, magari riuscirà a far venire dei dubbi a chi lo tratta come un banale traghettatore.
7) Italiano ha fatto bene a Trapani, allo Spezia, alla Fiorentina, ora al Bologna. Italiano ha fatto bene ovunque e però c’è chi ancora non si convince e lo vede come uno “bravo fino a un certo punto”. Italiano è un Thiago Motta ma con un peggior ufficio stampa.
8. Spalletti sa che in Italia ci sono “60 milioni di Ct”. E noi siamo tra quelli. Quattro consigli non richiesti per cercare di portare a casa la pelle (vedi qualificazione al Mondiale). RUOLI “Ogni giocatore al suo posto” deve diventare un comandamento, basta esperimenti. Bastoni è fortissimo e deve fare solo il braccetto di sinistra, Buongiorno ha giocato male come tutti gli altri ma è un centrale di grande valore. TATTICA Spalletti ha scelto il 3-5-2 e va benissimo. La difesa a 3 è espressione dell’Inter di Inzaghi e dell’Atalanta di Gasp, ovvero il meglio che offre il calcio italiano. GRUPPO Qualcuno nel post-Dortmund ha detto “Affrontiamo Haaland, meglio richiamare Acerbi che lo ha già fermato”, ma Acerbi non è un lavoratore interinale (vengo, do una mano, torno a casa mia) e Spalletti ha già fatto le sue scelte. Ecco, vada avanti per la sua strada come ha detto: basta allargare le convocazioni, a meno che saltino fuori nuovi Roberto Baggio che, francamente, non si intravedono all’orizzonte. LE PROMESSE Maldini è una promessa, gli hanno rotto i maroni perché “gioca solo per il cognome” e se è vero che non è ancora pronto per certi palcoscenici è altrettanto vero che schierarlo da seconda punta significa annullarlo. LA COSTRUZIONE DAL BASSO La costruzione dal basso è il presente e il futuro del calcio e chi non lo ha ancora capito ha un problema tutto suo: così si creano le superiorità, così si può sperare di vincere sul lungo periodo. E però, c’è un però: la si deve pretendere se la squadra “si conosce” e funziona, altrimenti diventa puro masochismo, soprattutto contro selezioni pronte e sveglie come la Germania di Nagelsmann. In certi momenti - e in attesa di oliare i meccanismi - meglio un filo di pragmatismo in più, anche a costo di sembrare “antichi”. IL NAPOLI CHE FU Spalletti a Napoli ha realizzato un capolavoro di idee e buon calcio, ma riproporlo in azzurro è difficile al limite dell’utopistico. In tempi diversi ci provò un certo Sacchi e fallì, Mancini ci è riuscito parzialmente ma alla fine l’Europeo lo ha vinto con la battaglia molto più che col gioco. È il ruolo del ct: accettare di poter “allenare” solo fino a un certo punto. LA COMUNICAZIONE È normale che a un ct venga voglia di mandare i famosi 60 milioni a quel paese, ché quelli son sempre lì a puntare il dito. Ma anche questo fa parte del ruolo: riuscire a mandar giù i rimbrotti e gli inutili consigli di chi - come il sottoscritto - sdottoreggia dall’alto delle sue zero panchine.
9. Non ho una nona cosa da dire, siamo pur sempre in sosta.
10. Figuratevi una decima.
11. Ma un’undicesima sì: Ibra, dove sei?

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