Cucurella: "Il fallo di mano con la Germania? Quando perdi cerchi qualcosa di cui lamentarti"
Nel corso della lunga intervista concessa a Marca, il terzino del Chelsea e della Spagna Marc Cucurella parla così dell'Europeo vinto dalla Furie Rosse.
Gary Neville disse che la Spagna non avrebbe vinto l'Europeo per colpa di giocatori come te...
Me lo ricordo bene, era prima della nostra prima partita. Abbiamo mandato la dichiarazione nel gruppo con Claudia (la moglie, ndr) e i miei agenti. Claudia voleva rispondergli subito, ma le ho detto di aspettare: era troppo presto. Poi siamo andati avanti nel torneo e abbiamo deciso di aspettare di affrontare l’Inghilterra in finale per vincere e rispondere lì. Subito dopo la partita siamo partiti all'attacco.
È stata la prima cosa che hai fatto?
No, io no. Claudia sì. Mi diceva: "Posso pubblicarlo adesso?" E io: "Sì, vai."
Luis de la Fuente è importante per te: ti ha convocato a marzo e sei rimasto per l’Europeo.
L’ho vissuto come un premio. Era forse la prima o seconda partita che giocavo dopo un infortunio. Sapevo che il match contro il Brasile era una prova importante, ho cercato di dare tutto ed è andata bene. Da lì in poi ho giocato tutto, fino alla fine. Mi sentivo in forma e fiducioso. Pensavo che la scelta sarebbe stata tra me, Grimaldo e Gayà. Siccome Gayà non si era ripreso del tutto, è toccato a me.
Prima della partita contro la Croazia, quando hai saputo che saresti stato titolare?
In realtà non lo sapevo. Con Luis, ai Giochi Olimpici ad esempio, alternava me e Miranda. Non dava molte indicazioni. L’ho scoperto solo prima di salire sul pullman per andare allo stadio.
E ti ha sorpreso?
Sì e no. Eravamo una delle incognite. Io e Grimaldo siamo diversi. Sapevo che contro l’Italia poteva essere più un match per me, mentre contro l’Albania era più adatto lui. Con la Croazia non ero sicuro, ma alla fine ho giocato io ed è stata una bella esperienza.
Hai iniziato bene contro la Croazia e poi hai giocato una partita perfetta contro l’Italia. A quel punto ci hai creduto di più?
Non proprio... Se avessimo perso la prima partita, anche giocando bene, le critiche sarebbero arrivate lo stesso. Ma abbiamo vinto 3-0 e improvvisamente tutto il mondo ci credeva. Contro l’Italia abbiamo fatto un altro grande match, io compreso, e da lì abbiamo dimostrato che eravamo pronti a lottare fino alla fine.
Il tocco di mano ha causato polemiche in Germania. Si è esagerato con il tema?
Loro pensano di essere stati eliminati per quello, ma mancava ancora molto tempo e avrebbero dovuto tirare il rigore... Anche noi avremmo potuto dire che Kroos avrebbe dovuto essere espulso. Alla fine, quando perdi, cerchi sempre qualcosa di cui lamentarti, ma questo è il calcio e non si può fare nulla. Una volta che è successo, è successo. Si sono lamentati di quello e basta.
Nel match successivo con la Francia a Monaco e arrivano fischi pesanti.
Sì. Quando hanno annunciato le formazioni e hanno iniziato a fischiare, sono rimasto sorpreso, non capivo nulla. Ma va bene, ero già abituato. Mi ricordo che quando sono andato a giocare nel campo del Brighton è stato assurdo. Era quando me ne ero appena andato, e l’unico su cui potevano sfogare la loro frustrazione ero io. Mi stavano massacrando e, per di più, abbiamo perso 4-1. Per fortuna ci ero già passato e sapevo com’era, perché mi ricordo che la prima volta era stata dura.
Contro la Francia si mettono in evidenza anche Lamine e Nico. Ti ha sorpreso la loro esplosione nel torneo?
No, sapevo già come erano. Ma è vero che è difficile. Chi dice che non era nervoso mente. Ti stai giocando un posto in finale e tutto pesa. Mi ricordo che abbiamo iniziato andando sotto, hanno segnato presto... Ricordo che tutto stava andando troppo bene e non poteva essere così facile e perfetto. Per fortuna Lamine ha segnato quel gol, perché credo che ci abbia dato nuova vita. In quel momento eravamo davvero in difficoltà. Loro ci stavano prendendo bene, correvano meglio di noi... Noi venivamo da una partita finita ai supplementari, e io, per esempio, ero molto stanco. Nei primi 20 minuti ho toccato quattro palloni e li ho persi tutti. Volevo fare qualcosa, ma il mio corpo non rispondeva. Quel gol ha cambiato tutto e poi abbiamo segnato un altro gol velocemente, e da lì era fatta.
E arriva la finale. È stata speciale per te perché contro l’Inghilterra?
Più che speciale, ho pensato anche che, se ci avessero battuto, non sarei potuto tornare lì. Avrebbero passato tutto l’anno a prendermi in giro e a dire di tutto. Ma è la partita in cui ero più tranquillo, sentivo che avremmo vinto. Sapevamo già che era nostra, e così è stato.
Che cosa significa far parte di questa generazione di campioni?
È qualcosa che porterò sempre con me. Quando guardi ai giocatori che hanno vinto prima di noi, ti rendi conto che stiamo scrivendo la nostra storia. È una motivazione per continuare a crescere e lavorare, perché sai che il tuo nome sarà lì per sempre. Ma dobbiamo anche guardare avanti, continuare a vincere e dimostrare che questa squadra ha ancora molto da dare.