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Padovano, assolto dopo 17 anni: "Vialli è stato l'unico a rimanermi vicino"

Padovano, assolto dopo 17 anni: "Vialli è stato l'unico a rimanermi vicino"TUTTO mercato WEB
giovedì 10 aprile 2025, 15:58Serie A
di Ivan Cardia

Michele Padovano, ex attaccante della Juventus, ha raccontato, dal palco de Il Foglio a San Siro, la sua vicenda personale e processuale, narrata anche nel documentario Innocente di Sky: “È stata molto dura, quando mi è stato proposto questo docufilm non ero così contento, perché in questi 17 anni di sofferenza, tra me e la mia famiglia, abbiamo passato momenti terribili in cui io sono diventato geloso delle mie emozioni. Poi, pensandoci meglio, abbiamo deciso di realizzarlo: credo che se questo docufilm possa pensare anche a una sola persona ne andrò molto orgoglioso”.

Dice di non aver provato invidia neanche mentre in detenzione vedeva i suoi compagni diventare campioni del mondo.
“L’invidia è un sentimento che per fortuna non ho mai conosciuto, devo dire grazie per questo. Io ero rinchiuso in un carcere mentre i miei ex compagni vincevano i mondiali. Era difficile, ma ho fatto il tifo per loro: mi sarebbe piaciuto ricevere un telegramma di stima, non è successo ma ne ho preso atto”.

Vialli chiedeva regolarmente notizie a sua moglie.
“Gianluca è stato l’unico nel mondo del calcio a starmi vicino, insieme a Gianluca Presicci. Non l’ho mai dimenticato e mi piace pensare che le persone come Vialli non muoiano mai, per quanto mi riguarda mi ha lasciato un segno molto molto forte”.

Quanto le è successo lascia sconcertati, tutto è partito da intercettazioni e sono serviti 17 anni per dimostrare che non c’entrava nulla con un’accusa terribile.
“Io dico sempre che i veri fuoriclasse sono mia moglie e mio figlio, che mi hanno dato la forza di affrontare certi momenti. 17 anni sono un tempo interminabile, secondo me sarebbero bastati 17 minuti di buonsenso. Invece sono stati 17 anni, avvocati, due sentenze, udienze interminabili. Io penso a chi non ha la forza di difendersi, né moralmente né economicamente: grazie al lavoro che ho fatto per fortuna avevo messo da parte qualcosa, ma difendersi costa. Tutti quelli nel mondo del calcio mi consideravano un narcotrafficante, la mia famiglia è stata un valore aggiunto: senza di loro non ce l’avrei fatta. Mia moglie mi ha dato la forza di affrontare certi momenti, dopo le condanne non nascondo che ho tentennato”.

Tutto è nato dai rapporti con un amico di infanzia, l’ha più sentito?
“No. Io quest’amicizia non l’ho mai rinnegata e non lo faccio adesso, tornassi indietro rifarei tutto perché non ho commesso reati. Lui mi ha chiesto dei soldi in prestito per comprare dei cavalli, noi li abbiamo documentati perché i cavalli sono come le macchine, registrati: non è bastato”.

Tutto questo l’ha fortificata?
“Assolutamente. Ne avrei fatto a meno, ma questa vicenda mi ha migliorato e fatto crescere. Oggi non ho più voglia di cazzate, di gente intorno che dice una cosa e ne fa un’altra. Mi ha segnato, le cicatrici rimarranno per sempre”.

L’assoluzione è stata il momento più bello della sua vita?
“Non c’è paragone. Me lo chiedono spesso e devo dire che la sensazione che ho avuto in quel momento è stata unica, l’emozione più grande della mia vita. L’ho condivisa con la mia famiglia, perché eravamo insieme, io mia moglie e mio figlio. Io non riesco a vedere il docufilm, perché ogni volta che vedo mio figlio mi scoppia il cuore. Gli è stata distrutta l’adolescenza, però adesso si è liberato”.

Dopo questo docufilm è tornato a parlare di calcio. È un ruolo che le piace?
“Sì, molto. È un’esperienza nuova, si racconta il calcio in maniera professionale e anche ironica. Non l’avevo mai fatto, se non in circostanze sporadiche. Mi trovo bene e mi godo questo, però percepisco grande sensibilità intorno alla mia vicenda. Sul tavolo ci sono delle proposte che sto valutando, io ho l’attestato da direttore sportivo anche se in questo momento mi trovo molto bene con il gruppo di Sky”.

Maradona chiese al Napoli di comprarla?
“Ne vado molto orgoglioso. Diego giocava nel Napoli ed era un mostro sacro, a fine partita andai per scambiare la maglietta e lui mi disse che l’anno successivo avrei giocato con lui. Poi effettivamente andò così”.

La partita che ricorda di più?
“La più importante sicuramente sono stati i quarti di finale con il Real Madrid, al Bernabeu perdemmo 2-0 e dovemmo ribaltare il risultato. Non è facile con il Real, noi ci riuscimmo: non volevano farci scappare la finale di Roma e poi riuscimmo a vincere”.

L’Inter può vincere la Champions?
“Direi di sì, l’altra sera a Monaco ha fatto una partita eccezionale. Se dovessero non vincere nulla non sarebbe comunque una stagione fallimentare, anzi: sarebbe da fare i complimenti a tutti, quando si arriva lì in fondo a tutto vuol dire che funziona tutto. Io da italiano farò il tifo per l’Inter, speriamo che riescano ad affrontare la partita di ritorno con la stessa concentrazione di Monaco”.

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