Marco Fortin sogna per il figlio Mattia: "In B con il Padova... e la mia 14"

Di padre in figlio, a casa Fortin la tradizione è legata al calcio ed in particolare alla missione di difendere la porta. Papà Marco lo ha fatto in ogni categoria, con il suo celebre 14 sulla schiena a richiamare il soprannome "Fourteen" (dovuto alla pronuncia inglese del numero ed all'assonanza con il cognome). E' partito dall'Inter, alle spalle di Zenga prima e Pagliuca, per poi partire con la gavetta dalla Pro Sesto in Serie C fino al ritorno in Serie A da protagonista con il Siena, 8 anni dopo.
Oggi l'onere tocca al figlio Mattia, che prima si è messo alla prova con un fruttuoso prestito dal Padova al Legnago Salus, per poi vivere una stagione da protagonista in biancoscudato, quella che spera possa portare alla promozione in Serie B all'ultimo atto contro la Lumezzane.
Proprio Marco Fortin è intervenuto a TuttoMercatoWeb per parlarci del figlio ed anche di alcuni ricordi legati alla sua carriera.
Sei legato al Vicenza, ma tuo figlio difende la porta del Padova. Come stai vivendo questa lotta in Serie C?
"La sto vivendo bene dai, è una lotta appassionante. Tanti pensavano che il campionato fosse finito dopo il girone d'andata, ma non ho mai pensato che fosse così".
Come mai?
"Conosco questa categoria, il girone di ritorno è spesso più difficile di quello d'andata. Poi ero consapevole della forza del Vicenza come società, ambiente e squadra. Ma il Padova sta facendo un campionato fuori concorso, clamoroso. Nel girone d'andata ha abituato troppo bene tutti quanti, la realtà di fatto è che sarà sempre dura, un calo fisiologico capita a tutti. E' capitato al Padova, ma sono stati bravi a ricompattarsi. Si gioca al fotofinish, è il giusto epilogo per un campionato così importante".
Della stagione del Vicenza, indipendentemente da come finirà, che ne pensi?
"Ad oggi ha fatto 83 punti ed è stato molto costante fra andata e ritorno: cosa si può dire? E' un campionato sopra le righe. Purtroppo per loro hanno trovato un Padova altrettanto competitivo e agguerrito. Se l'una non avesse trovato l'altra, starebbero entrambe già festeggiando la promozione. Solo applausi per entrambe".
Tuo figlio Mattia ha raccontato, in una intervista a La Gazzetta dello Sport, che il suo primo ricordo legato al calcio è un rigore che tu hai parato a Kakà.
"Solitamente non ho una grande memoria storica, ma quello è uno dei momenti che ricordo più nitidamente. Kakà aveva appena vinto il Pallone d'Oro (glielo avrebbero consegnato 7 giorni dopo, il 2 dicembre 2007, n.d.r.). E fu la mia ultima partita in Serie A, ho chiuso in bellezza dai. Mio figlio Mattia comunque era a Cagliari, aveva 4 anni e mezzo e lo ha visto in diretta anche se era piccolo. Aveva iniziato a frequentare lo stadio e non ha più smesso".
Con lui condividi la scelta di passare dalla Serie C all'inizio della carriera. Gli hai dato consigli?
"Con Mattia ho un bellissimo dialogo, non parlo mai dell'aspetto tecnico, che è competenza di chi lo allena, ma guardo più l'atteggiamento che ha durante le partite. La sua personalità è più matura degli anni che ha. Io e lui parliamo del suo modo di stare in porta, di guidare la difesa, ci confrontiamo. Il fatto di partire dalla C è stato un passo coordinato con vari aspetti".
Quali?
"Innanzitutto con l'esigenza di giocare. Poi la volontà del Padova era quella di non venderlo anche se c'era la possibilità di farlo".
Quando?
"Già prima di andare in prestito al Legnago, poteva venderlo a squadre di categoria superiori. Il direttore sportivo Mirabelli aveva ben chiaro in testa il percorso che doveva fare, non posso dire che grazie. Al posto di incassare qualche soldo lo hanno fatto crescere al Legnago, poi affidandogli la porta a 21 anni sostituendo Donnarumma che era il simbolo e capitano. Una scelta coraggiosa che si è rivelata giusta, l'augurio è che si riveli giustissima dopo venerdì".
Che partita sarà, venerdì?
"Una partita che deve valere per i giocatori più di una finale di Champions, da giocare con lo stesso spirito avuto sempre".
Mattia ha detto anche che ti devi rassegnare al fatto che prima o poi prenderà la 14, dato che già lo chiamano "Fourteen" come te. Ti rassegnerai?
"Onestamente mi piacerebbe come cosa. Sarebbe una sorta di tradizione simpatica, non nascondo che avrei un certo orgoglio, da papà. Mi è piaciuto che avesse scelto inizialmente di distaccarsi, quando sarebbe stato facile per un giovane da fare e magari qualcuno lo avrebbe interpretato male. Ha preferito guadagnarsi prima credibilità in campo ed ora se prendesse quel numero sarebbe una cosa simpatica e bella".
Il suo nome è anche al centro del mercato.
"Credo che tutto quello che si è detto di lui, più o meno vero che sia, sia il frutto di quanto abbia fatto sul campo. Questo lo deve gratificare".
E' stato accostato fra le altre a Monza, Bologna, Sassuolo e Empoli in Italia, al Lens all'estero.
"Credo questo non sia assolutamente il momento di pensare al prossimo anno. Come non lo faccio io, non lo fa nemmeno Mattia, né tantomeno il Padova. L'obiettivo è troppo grande, ogni distrazione è superflua. A tempo debito si vedranno tutti i vari aspetti da considerare".
Tipo?
"Se arriveranno offerte concrete e che tipo di idea ha il Padova, con il quale è legato da un contratto fino al 2028. Ci sarà tempo e modo di parlare con massima sintonia con il club, come sempre fatto. E' chiaro che c'è ambizione di poter salire, magari facendo un passo alla volta, che è forse è il consiglio che mi sento di dargli. E se il gradino successivo potesse farlo con il Padova, saremmo tutti più contenti, ma lo deciderà anche il Padova eventualmente. Poi sarebbe ipocrita dire che non faccia piacere leggere i nomi cui è accostato. Sta facendo i passaggi giusti, in estate vedremo. Ora l'ultima cosa nella sua testa ed in quella del Padova è quella di pensare al mercato. E aggiungo che non penso nemmeno che ci sia una squadra che si permetta di chiamare in questo frangente stagionale".
Il Cagliari in A è abbastanza tranquillo. Anche grazie alle parate di Caprile, arrivato dal Napoli in inverno. Ti piace?
"Caprile è forte. La cosa che mi piace di più di lui, che sto seguendo passo passo, è che ha fatto scelte giuste, guadagnandosi le categorie sul campo. Nonostante sia giovane poi ha una spiccata personalità, gioca da anziano. Arrivare dopo 6 mesi da secondo in una squadra in lotta per salvarsi come il Cagliari non era facile. Agevolato dal fatto che fosse una esplicita richiesta di Nicola che lo conosceva, ma sta facendo un campionato notevole, come tutti quelli che ha fatto fino ad ora. Ha un grande avvenire davanti".
Il tuo ex allenatore, Marco Giampaolo, è partito bene con il Lecce, ma ora sta avendo qualche difficoltà. Pensi riuscirà a salvarsi?
"Ho sempre detto che, senza nulla togliere agli altri, è stato il migliore che io abbia avuto la fortuna di incontrare. Vedeva il calcio prima degli altri, gestiva il gruppo in modo importante, ci faceva giocare bene. E almeno con me, mi entrava nella testa, per me è stato per distacco il migliore. I risultati non gli hanno detto sempre bene negli ultimi anni, ma credo che a tutti quelli che si chiede di Giampaolo non possano che parlarne bene. Sono sicuro che possa salvarsi, le aspettative sono rispettate comunque: il Lecce deve salvarsi come lo devono fare Parma, Venezia, Empoli. Una non ce la farà, ma devono avere pazienza perché sono lì a lottare per salvarsi all'ultima giornata. Il mio augurio è che ce la faccia, se la merita".
Che ricordo hai invece del tuo periodo all'Inter?
"Sono stati i miei anni più importanti. A livello sportivo e di crescita. Sono arrivato a 17 anni, potevo allenarmi e stare nello spogliatoio con i più grandi campioni. Allenarmi con Zenga e poi con Pagliuca è stato incredibile. Ho più ricordi piacevoli non tanto delle panchine o delle trasferte che pure sono state emozionanti, ma più che altro degli allenamenti. Ora ci sono i video, si possono vedere gli allenamenti di un portiere anche in Olanda. Allora invece allenarmi con Pagliuca dopo che rientrava dal Mondiale di Usa 94', condividere con lui le pause, sentire i suoi consigli, è stato incredibile. Voglio aggiungere una cosa".
Prego.
"Mi rivolgo ai giovani, penso a Tommaso Martinelli con De Gea alla Fiorentina, tanto per fare un esempio. Per lui dovrebbe essere più importante fare un allenamento con De Gea che la partita del sabato con la Primavera, per dire. E' una fortuna non da poco. Poi queste cose ti rimangono per tutta la carriera e magari poi sei tu che dai consigli ai giovani, come ho cercato di fare io. La scuola italiana deve tramandare questo modo di essere".
