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Ibrahimovic: "Tornato al Milan come angelo custode. Ma ora non sono un babysitter"

Ibrahimovic: "Tornato al Milan come angelo custode. Ma ora non sono un babysitter"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
martedì 6 agosto 2024, 13:00Serie A
di Michele Pavese

Lunga intervista di Zlatan Ibrahimovic al New York Times. Lo svedese, braccio destro di Cardinale, ha parlato del suo ruolo nel Milan e delle ambizioni del club rossonero: "Ho voce in capitolo in molte categorie, devo portare risultati e aumentare il valore, il tutto mantenendo sempre l'ambizione di vincere. Non sono un babysitter: i giocatori sono adulti e devono assumersi le loro responsabilità. Devono dare il 200% anche quando non ci sono io".

Le piacerebbe un domani allenare?
"No. Vedi i miei capelli grigi? Figuriamoci dopo una settimana da allenatore. La vita di un allenatore dura fino a 12 ore al giorno. Non hai assolutamente tempo libero. Il mio ruolo è connettere tutto; essere un leader dall’alto e assicurarsi che la struttura e l’organizzazione funzionino. Per tenere tutti sull'attenti”.

Il passato negli USA.
"Mi trasferii a Los Angeles per vedere se ero ancora vivo, e lo ero. E questo è diventato un problema. Avevo bisogno di tornare al luogo a cui appartenevo. Quando sono tornato al Milan si trattava più di "dare" che di "ricevere". Volevo aprire la strada a una nuova generazione. Ero l'esempio. A Milano ci sono pressioni, pretese, obblighi. Bisogna assumersi la responsabilità, diventare uomo, perché un giocatore non conta solo per quello che fa in campo, ma anche per la persona che è fuori. Ero il punto di riferimento, una specie di angelo custode. La pressione era tutta su di me e io la facevo su di loro. Il Milan ha dato felicità la prima volta e la seconda volta mi ha dato amore".

Cosa ha insegnato a quei giovani?
"Non avevo bisogno di segnare un gol in più o uno in meno, non avrebbe cambiato la mia carriera. Si trattava più di preparare il futuro per gli altri perché credevo che questa giovane generazione avesse bisogno di un leader da seguire. Se non hai esempi, soprattutto quando giochi in grandi club, chi ti indicherà la strada? Non avevano mai giocato la Champions League e non avevano mai vinto. Dovevo mostrare loro la strada".

Il figlio Maximilian, attaccante del Milan Futuro.
"Non è facile per lui perché suo padre è quello che è. Quindi porta un cognome pesante. Ovunque vada, sarà sempre paragonato. Ma al Milan non lo vedo diverso dagli altri. Non lo giudico come se fosse mio figlio. Lo giudico come giocatore, come giudico tutti gli altri. Deve imparare, deve lavorare e deve guadagnarsi tutto. Poi quello che succede, succede. È forte mentalmente".

Come è diventato un leader?
"Alla Juventus avevo Fabio Capello. Mi ha distrutto ma allo stesso tempo mi ha costruito. Come? Facile. Oggi sei una m***a, domani sei il migliore. Andava così: quando pensavo di essere il migliore, lui mi distruggeva. Ti mandava in confusione, pensavi: 'Cazzo, sono davvero il migliore o sono una m***a?' Quando eri giù, lui ti sosteneva".

Ha funzionato?
"Sono diventato il migliore. Quindi, sì. Mi ha fatto girare la testa... come se non ci fosse equilibrio. Ma mi ha fatto sempre dare il 200 percento, mi ha plasmato. Hai anche bisogno di un'identità, di una cultura e di una tradizione del club, così come di un allenatore. Un vincitore crea vincitori. I perdenti non creano vincitori. Questa è cultura. Al Milan vogliamo creare questo in modo positivo".

Cosa non è andato al Manchester United?
"Sei solo un numero, questo ho pensato. Io voglio fare la mia storia, è questa la mia mentalità. Non ero interessato a ciò che era successo prima, con tutto il rispetto. C'era sicuramente pressione perché tutti volevano essere all'altezza di ciò a cui erano abituati, ma io non ero interessato ad ascoltare le opinioni della classe del '92. Avevo 35 anni, sono venuto in Inghilterra e la gente diceva che ero troppo vecchio, che dovevo andare in pensione, bla bla bla. Ma questo mi ha fatto scattare, volevo dimostrare che si sbagliavano".

Il rapporto con Mourinho.
"Jose era una macchina. Tirava fuori il meglio di te. È una persona manipolatrice, sa come entrare nella tua testa. Sa come trattarti, indipendentemente dal tuo livello. Mi ha ricordato Capello, una versione più moderna: disciplina, intensità. Non era soft ma questo è ciò che mi piace, mi ricordava le mie origini. La mia famiglia era severa".

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