Grobbelaar: "A Roma nel 1984 ho fatto piangere molte persone. Fummo accolti con pietre"
Bruce David Grobbelaar è l'incubo di tutti i romanisti, che a distanza di quarant'anni ancora non dimenticano e masticano amaro per la sconfitta nella finale di Champions League del 1984, giocata allo Stadio Olimpico. Una ferita aperta che probabilmente sarà impossibile da guarire, come rivelato dello stesso portiere che ai microfoni de Il Giornale ha dichiarato: "All'arrivo a Roma fummo accolti dal tifosi romanisti con pietre e sassi che entravano dal finestrini dell'autobus. Non c'è stato un ricordo più bello fino alla fine della partita, quando abbiamo vinto ai rigori. Il mio allenatore Fagan, pur essendo io il portiere, mi aveva selezionato come quinto rigorista".
"Quando mi avviai verso la porta mi disse di provare a distrarre in ogni modo gli avversari, sentivo le gambe come due spaghetti flosci, la rete della porta mi ricordava gli spaghetti e così la morsi. Quel balletto funzionò visto che sia Conti sia Graziani sbagliarono. Allora corsi per il campo per festeggiare. In mezzo al delirio, Joe incaricò Alan Kennedy di battere l'ultimo, quello che mi era stato assegnato. Meno male, perché se l'avessi sbagliato. Quella sera ho fatto piangere molte persone, alcune per la gioia e altre per la sconfitta. Posso solo dire a tutti i tifosi romanisti: se il vostro portiere avesse fatto alla nostra squadra quello che io ho fatto alla Roma, non sarebbero orgogliosi di lui?".