I segreti di Udinese, Watford e lo scouting. Parla Cardillo, consulente di Pozzo
C'è un calcio che si muove nelle copertine, uno in campo e uno ancora che opera dietro le quinte. Lontano dai riflettori. Quelli che Vincenzo Cardillo, consulente del numero uno del Watford e dell'Udinese, Gino Pozzo, ha sempre fuggito. Talent scout, scopritore di talenti, negli anni ha contribuito all'arrivo di giocatori preziosissimi per i due progetti della famiglia Pozzo. Come, tra gli ultimi, la primogenitura e l'intelaiatura dell'arrivo di Beto Betuncal a Udine.
Con Tuttomercatoweb.com, Cardillo parla a trecentosessanta gradi di calcio, di scouting, di giocatori, di talenti, di rimpianti, della direzione che sta prendendo ora il pallone. E' un profondo conoscitore di Francia e Portogallo per definizione ma il suo orizzonte, così come quello storico di Udinese e Watford, è globale. Così la chiacchierata parte proprio da qui. Da come siano cambiati i tempi da quando il club di Pozzo era il numero uno al mondo, grazie ai suoi scout, grazie alla sua celebre sala video. "Nel calcio sono cambiate le ere, internet ha stravolto tutto. L'Udinese ha messo giù un modello per tutti: è sempre stata avanti, anche nella pluralità delle società. Lo scouting moderno è partito dall'Udinese, ora è più complicato"
In che misura?
"Ora riduci i tempi, tutti possono avere la stessa idea. Prima uscivamo con gli osservatori in tutti i territori e si è creato un modello. Ora questo scouting è fatto 'da tutti', anche e soprattutto da chi ha uomini ovunque".
Ora le big hanno investito tantissimo nel reparto scouting, complicando la vita a club che grazie a questo hanno fatto la propria fortuna.
"Così diventa più complicato, questo porta a un abbassamento dell'età nei giocatori che vai a seguire. C'è un incremento anche del costo: quando arrivi su un giocatore sul quale ci sono Dortmund e Barcellona o la Red Bull, tutto diventa più... Costoso".
Con una prima firma dello scouting non possiamo parlare del modello Red Bull. Che ha fatto di territori meno battuti come alcune nazioni africane la propria forza.
"Vi faccio un esempio: mi piombai su Naby Keita (ora al Liverpool) appena arrivò dall'Africa in Francia, ma alla Red Bull furono molto abili nell'arrivare sul giocatore. Arrivai prima sul ragazzo ma dopo nel concludere la trattativa, nel creare la relazione, e anche nelle cifre dell'affare".
Hanno la forza di un Impero.
"La Red Bull si struttura in più paesi con casa madre al Lipsia. Sono in Germania e hanno agevolazioni sui passaporti rispetto all'Italia, come l'Austria dove portare extracomunitari è più facile: partono dal Liefering, poi al Salisburgo e queste sono delle vere e proprie palestre. Non c'è pressione, possono formarli: prendono giocatori di primo livello, li svezzano a livello internazionale a Salisburgo e poi, una volta che il giocatore è formato, hanno due strade. O lo vendono in un circuito europeo oppure lo portano a Lipsia, qualora la casa madre dovesse volerlo".
Ora hanno cambiato guida tecnica, non tutte le ciambelle riescono col buco anche nei progetti lungimiranti
"Tedesco è un numero uno, è ai livelli di Nagelsmann, mi auguro che la squadra inizi a fare qualcosa di ancora più importante adesso".
Sa lavorare coi giovani, con una rosa giovane.
"In Germania trovare spazio, per le pressioni, è meno complicato. Lo dimostrano i dati, la storia. Faccio un esempio: Piatkowski, un difensore polacco del Rakow, è stato a un passo dall'Udinese. Avevo seguito personalmente tutto il percorso della trattativa, poi all'ultimo è andato alla Red Bull. Sono diventati attraenti per tutti i paesi".
Il paradosso: la sua Udinese, nonostante un lavoro di scouting capillare, ha una media età alta.
"Ci sono diversi fattori che influiscono su questa situazione. Il Covid ha inciso tanto, anche sulle uscite mancate a livello di trasferimenti. Comunque stiamo ringiovanendo: Soppy, Udogie, Beto, Samardzic. Diciamo che la media età globale non è bassa ma per l'Udinese è importante avere quei 4-5 che possano avere una rapida evoluzione. Però uscendo dalla pandemia ci si aspetta di portar dentro anche qualche altro giovane, ma ora è una cosa normale, è una conseguenza dell'economia".
Che ne pensa della statistica applicata al mercato?
"La statistica è diventata un ottimo assistente di ogni società di calcio. Rispetto chi la antepone al resto, io in questo sono di vecchia scuola, il giocatore va visto dal vivo: Beto tre anni fa non lo avresti mai preso in considerazione perché aveva dati pessimi, in due anni fa ha trovato una situazione ambientale favorevole che gli ha permesso di progredire".
Parliamo allora di una delle grandi sorprese del nostro calcio che proprio lei ha contribuito a portare a Udine.
"E' un diamante grezzo. Ha tante doti, se raffinate potranno far vedere un giocatore importante. Ciò che mi entusiasma è che è un guerriero, di quelli che vedi raramente. Sul piano della determinazione, della voglia di vincere, è un leader. E lo è già ora per l'Udinese: ha avuto un'escalation rapida in questi due anni".
Come si spiega il fatto che sia emerso solo ora?
"Alcuni giocatori in linea generale, possono avere dei periodi dove non emergono e poi esplodono. Non è inconsueto, poi dipende anche dalle situazioni: e poi non ha un'accademia, una scuola, è arrivato dalla quarta divisione fino alla Portimonense. E lì era grezzo".
Lo ha seguito fin da subito, in modo determinante
"Gli dissi di migliorare in determinati aspetti e che ci saremmo rivisti a fine stagione. Lì però mi stava sfuggendo di mano, perché erano arrivati club importanti (Bordeaux, Wolfsburg, Eintracht, ndr): la Portimonense aveva pretese importanti, ad agosto siamo riusciti a chiudere la trattativa in un lasso di tempo che abbiamo sfruttato al meglio. Se non ci fosse stata la netta volontà di Gino Pozzo, l'operazione non si sarebbe fatta: è stato fondamentale, così come la volontà del giocatore. Ho seguito tutto step by step, ma Beto ha escluso ogni altra possibilità e Gino lo voleva a ogni costo. E l'ha preso".
Il mercato sta cambiando, col la Brexit lo ha fatto anche per il vostro Watford. Qual è la discriminante dello scouting tra i due club?
"La base, per tutti, è la ricerca del talento. La filosofia è quella, la direzione è la stessa e sta andando bene. Devi considerare tante cose: in Premier League hai un campionato esigente, di fatto cerchiamo di creare il contesto giusto affinché un giovane possa aver spazio di crescita. La Premier è un campionato che, per valori economici e tecnici, richiede grande attenzione sul giovane che vai a inserire. Le squadre come il City, il Chelsea, hanno un potenziale tecnico talmente importante dove riesce più facile portare un giocatore di grandissimo talento e inserirlo. Di fatto perché il pallone ce l'hanno sempre loro...".
Ora c'è Ranieri in panchina
"Con Ranieri vedo una squadra più solida, che sa far male all'avversario. Quando si crea questo, nascono i presupposti per immettere i giovani di prospettiva. La filosofia è quella: si antepone la ricerca del talento e si vede dove e come è giusto portarlo, sempre per la valorizzazione del giocatore".
La Brexit vi ha complicato le cose?
"Il talento cristallino ha sempre la via d'entrata: c'è sempre il margine di discrezione del board, sono cambiate le regole ma non c'è stata una grandissima rivoluzione che abbia impattato".
A livello di U18, però, è cambiato il mondo: non possono più arrivare dall'estero
"A livello giovanile sì: i ragazzi sotto i 18 anni non possono più andare in Inghilterra ma ora, per esempio per la Francia, il suo mercato principale è diventata la Germania".
Lei segue profondamente il mercato francese. E' il migliore a livello di scouting?
"E' un mercato di difficile omologazione: il talento è diffuso in ogni angolo della Francia, avere un controllo completo è difficile. Avendo le seconde squadre li sanno mettere in vetrina e sono pronti rispetto ad altri paesi d'Europa. Non avendo grandi risorse economiche, attingono tanto ai settori giovanili".
Qual è a suo avviso la frontiera del futuro?
"Io resto sul Nord Europa. E poi vedo arrivare con molta costanza giocatori dalla MLS: giovani dal campionato americano. In Germania, in Inghilterra, ragazzi che vent'anni fa sarebbe stato impensabile vedere qui. E' un fenomeno che è in grande espansione e che dà merito a un sistema originale ed esclusivo. Lo sport è una questione culturale nei confronti del ragazzo, il soccer negli ultimi anni ha avuto grande espansione. E ora sono in grado anche di prendere giocatori importanti anche dal Sudamerica: diventano appetibili anche per i talenti, non solo economicamente ma anche tecnicamente. Hanno stadi sempre più pieni, strutture di primo livello e una lega più competitiva".