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Una Juve “normale” non è vera Juve (ma non è mica colpa di Frabotta…). Inter, prova di forza: ora a Conte manca solo un tassello. Milan: altra vittoria "di squadra" e ora c'è un Mandzukic in più. Napoli: “il gruppo che non c’è” gioca

Una Juve “normale” non è vera Juve (ma non è mica colpa di Frabotta…). Inter, prova di forza: ora a Conte manca solo un tassello. Milan: altra vittoria "di squadra" e ora c'è un Mandzukic in più. Napoli: “il gruppo che non c’è” giocaTUTTO mercato WEB
martedì 19 gennaio 2021, 08:01Editoriale
di Fabrizio Biasin

Ciao. Oggi ricomincia “Matrimonio a Prima Vista” che è un programma dove un tizio conosce una tizia direttamente sull’altare e i due si sposano senza un vero perché, forse solo per strombazzare. Solitamente finisce che i due dopo un paio di giorni si mandano affanculo, prima di separarsi e odiarsi per l’eternità. È tutto molto bello. E voi direte: “E allora?”. E allora niente, pareva brutto iniziare con “parliamo di Inter-Juve 2-0”.
Parliamo di Inter-Juve 2-0.
Inter-Juve 2-0 dice diverse cose, ma il 99% di queste le avete già lette e sentite e, quindi, proviamo ad andare su sentieri meno battuti: Barella è forte.
No, dai, davvero, altre cose: Bastoni è forte. No, dai, ora davvero.
L’Inter ha dominato la sfida tra due delle pretendenti al titolo. Non le capitava da molto tempo. Lo ha fatto perché ha un grande allenatore, lo ha fatto perché ha una grande squadra, lo ha fatto perché le due cose insieme sono una rarità, in serie A. Conte lo sa, ma non lo ammetterà mai, dirà sempre che le più forti sono altre, che gli servono altri giocatori, che gli stanno chiedendo di scalare l’Everest bendato e sul monociclo. Tutto ciò non è “bello o brutto” è solo che lui è fatto così. Quando riuscirà ad essere “inclusivo” in conferenza come ci riesce tra le mura dello spogliatoio (basterebbe qualche sorriso in più e un filo di paraculismo) avrà raggiunto la semi-perfezione, ma possiamo dire che al momento va benissimo così (9 vittorie, 1 pareggio e 1 ko nelle ultime 11 partite in campionato).
Con la vittoria dell’altra sera, in definitiva, Antonio Conte ha smentito se stesso: l’Inter ha colmato il gap con la Juve e questo grazie ai notevoli passi avanti dei nerazzurri, ma anche a quelli indietro dei bianconeri.
La Juve è realmente un modello da seguire per quello che ha fatto nell’ultimo decennio, meno per come ha operato nell’ultimo biennio. La squadra scesa in campo a San Siro ha presentato molti limiti, è parsa quasi “normale”. Ecco, una Juve “normale”, semplicemente, non è Juve. La colpa? Le assenze, certo: provate voi a giocare senza Cuadrado, De Ligt, Alex Sandro, Dybala. Poi però c’è tutto il resto.
La dirigenza bianconera ha costruito un gruppo carissimo, con un monte ingaggi spaventoso, ma non così competitivo, soprattutto a centrocampo. La stessa dirigenza, un anno e mezzo fa, ha commesso il “peccato mortale” (sportivamente parlando) di rinunciare al tecnico più bravo a far fruttare specifici gruppi di lavoro e lo ha fatto in nome del motto “vincere non basta più, bisogna pure convincere”. Quell’allenatore si chiama Massimiliano Allegri e domenica non avrebbe condannato il giovane Frabotta al massacro sportivo, né avrebbe consentito che l’Inter raddoppiasse sfruttando un lancio da 40 metri. Non ci sono le controprove, ma ne siamo piuttosto convinti.
Il problema non è Pirlo, ma chi ha pensato che bastasse un grande nome per costruire un grande gioco. Pirlo è un apprendista con l’obbligo della vittoria e un’idea di calcio parecchio “futurista”, mettere un neofita in questa condizione significa crearsi un problema a prescindere. Badate bene, questo non vuol dire che la stagione della Juventus sia segnata (domani c’è una finale e la classifica non è così disastrosa), ma se questo gruppo riuscirà a vincere lo scudetto non sarà più “la normalità” ma qualcosa di realmente “straordinario”. E voi direte “addirittura?”. Sì, perché gli avversari hanno smesso di approcciare ai bianconeri con l’idea della sconfitta come “condizione naturale” e, al contrario, se la giocano senza paura.
È tutto da buttare? Non scherziamo, ma certi ingaggi concessi a giocatori “non da Juve” sono un vero e proprio affronto, soprattutto se il solo ad aver giocato una partita all’altezza è il solito, inossidabile Chiellini.
Quattro balle in libertà in attesa che finisca Cagliari-Milan e si possa dire qualcosa anche sui rossoneri.
1)La polemica sul bacio di Vidal allo stemma della Juve è piuttosto inutile. Vidal ama la Juve? Certo, non lo ha mai nascosto. Vidal ce la sta mettendo tutta per l’Inter? Certo, lo sta dimostrando. Vidal voleva baciare lo stemma della Juve per sfidare tutto il mondo interista? Non diciamo boiate, neanche un pazzo farebbe una roba del genere. Vidal, semplicemente, è uno juventino che gioca nell’Inter, non è la prima volta che accade, così come interisti hanno giocato nella Juve, juventini nel Milan, napoletani nella Roma e via così all’infinito. Vidal va giudicato per quello che fa sul campo: fino a due settimane fa era molto poco, ora si sta rifacendo con gli interessi. Stop.
2)L’estate scorsa a un bel punto si parla di Milan che vuole Tomiyasu, il giapponese del Bologna. Spulcia e indaga e si scopre che il difensore è un pallino di Stefano Pioli. Poi il giocatore non arriva perché costa troppo. In queste ultime settimane stiamo capendo perché Pioli puntava sul mandorlato: perché è forte.
3)Giampaolo ha terminato la sua esperienza al Toro. Molti lo prendono per il culo (sì, anche il sottoscritto ha pubblicato la locandina di SanPa con la scritta “GiamPa, luci e tenebre del maestro di Bellinzona”), ma le colpe vanno decisamente suddivise. Se ti affidi a Mister Tizio quello lavorerà con quel che c’è, se ti affidi a Giampaolo gli devi prendere quei 4 o 5 giocatori senza i quali non ha alcun senso prendere Giampaolo. Il Toro ha fatto autogol e lo ha fatto dopo l’esperienza dello stesso al Milan. Una cosa imperdonabile.
4)Il ds dello Spezia è bravo. Anche l’allenatore. Ci vuole coraggio per scrivere certe cose, noi non ci tiriamo indietro.
5)Milik alla fine firmerà col Marsiglia per 8 milioni + 5 di bonus. La formula? Prestito di 18 mesi con obbligo di riscatto. È una mia esclusiva copiata da Di Marzio.
6)Il Milan ha preso Mandzukic. Ci sono tanti pro: la professionalità, il curriculum, l’atteggiamento di quello che se si incazza ti apre in due come una mela acerba. Anche dei contro: non gioca partite vere praticamente da un anno e mezzo. Valeva la pena rischiare? Sì, anche solo per portare in gruppo uno che sa cosa significa “vincere”. Bel colpo.
7)Insigne ha segnato 99 gol con la maglia del Napoli e comunque c’è ancora chi gli rompe la fava. A Gattuso settimana scorsa hanno detto “non ha ancora dato un’identità ai suoi” e per tutta risposta, “i suoi”, ne hanno fatti 6 alla Fiorentina. Quando un gruppo viene attaccato e risponde a siffatta maniera significa… che è un vero gruppo. Non male. 
8)Il Milan vince ancora. E ci riesce con una doppietta di Ibra. E Ibra gioca 90 minuti. E lo fa ad altissimo livello. Impressionante.
9)Non ho niente da dire, mi serve solo per arrivare al punto 10).
10)Il qui presente ne prende una su mille e siccome è un gran filibustiere nasconde le altre 999 e vi ripropone un pezzo del 2017 su Nicolò Barella, il predestinato. A settimana prossima e grazie per l’attenzione.

ESSERE NICOLO’ BARELLA
Vorrei avere 20 anni e giocare da predestinato nella squadra della mia città.
Vorrei approcciare al calcio con codesto genere di semplicità: lui - il pallone - arriva e si incolla al mio piede. Sempre.
Vorrei aver giocato da protagonista nelle Nazionali Under 15, 16, 17, 18, 19, 20; vorrei aver vinto l'argento agli Europei Under 19 in Germania nel 2016, vorrei aver conquistato il premio come miglior centrocampista italiano classe 1997 per due anni di fila (2012-2013) e vorrei essere al centro del progetto Under 21 di Gigi Di Biagio.iv
Vorrei essere delicato di piede - lo abbiamo già scritto - ma in contemporanea anche "cattivo" nei fatti, così che nessuno possa dire che sono una "fighetta" buona per palleggiare sulle Ramblas, ma neanche un disperato ridotto a tirar pedate assassine a chiunque capiti a tiro.
Vorrei riuscire a correre con la palla tra i piedi e contemporaneamente avere la testa alta, anzi altissima; la "testa" tipica di chi non ha tempo di badare al pallone, perché tanto ha già deciso a chi passarlo.
Vorrei che tutti dicessero di me (addetti ai lavori, non addetti, professionisti del Fantacalcio e dopolavoristi) "cazzo, questo è forte davvero! Beato chi se lo piglia!".
Vorrei persino essere "alto" 172 cm, se solo bastasse ad avere quella predisposizione al "pirlismo pallonaro" (nel senso di Pirlo, il calciatore, non di pirla, lo scemo).
Vorrei addirittura collezionare lo stesso numero esagerato di cartellini gialli, se solo fosse la condizione necessaria per avere cotanto talento da spacciare al mercato nero.
Vorrei riuscire a giocare in tutti i ruoli del centrocampo - mezz'ala, trequartista, mediano - sempre con la stessa efficacia e con la leggerezza di chi al primo tocco sa tranquillizzare il suo pubblico "perché tanto lui la palla non la perde".
Vorrei avere lo stesso tiro incazzato.
Ecco, al limite non vorrei aver fatto parte - pur non giocando - della Nazionale di Ventura, ma al contrario vorrei potermi prendere la responsabilità di dire "sì, ce la metterò tutta per essere il faro azzurro post-cataclisma".
Signori, io sono un invidioso e di Nicolò Barella vorrei tutto, forse addirittura il cognome
Signori, non so voi, ma io sono un invidioso e di Nicolò Barella vorrei tutto, forse addirittura il cognome, ben sapendo che invece non mi toccherà una mazzafionda.
Signori, non so qual sia il vostro pensiero, ma qui rischiamo seriamente di ritrovarci nel campo dei predestinati, quel genere di giocatori che li forgiano e buttano lo stampino. E guai a noi se non ci rendessimo conto che è presto per parlare e sentenziare, ma "guai a noi" anche se facessimo finta di non vedere.
Nicolò Barella ce l'ha regalato il Dio del calcio, lui "sapeva" che fine stava facendo il nostro usurato pallone tricolore e ha pensato di mandarci un prodigio sardo con cui provare a ripartire. E se anche non è andata così, pazienza: a noialtri piace crederlo.

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