La riforma delle seconde squadre non è più rinviabile: quanto costa, chi si oppone e perché adesso i tempi sono maturi. Gravina ha fissato una data: c'è in gioco anche la sua credibilità
L'ultimo atto di Andrea Agnelli da presidente della Juventus è stato quello di prender parte a una tavola rotonda sul futuro delle seconde squadre. Il giorno prima delle dimissioni il numero uno del club bianconero - come se nulla dovesse accadere poi - ha partecipato alla tavola rotonda a margine della partita della Juventus Next Gen. "Le seconde squadre in Italia e in Europa, modello per il futuro?", il tema su cui s'è dibattuto. Erano presenti Gravina e Ghirelli, c'erano Berta, Longoria e Casini. Confronti e testimonianze. L'ultimo discorso programmatico da presidente della Juventus di Andrea Agnelli, costretto poche ore dopo dal cugino John Elkann a lasciare lo scettro.
La sosta Mondiale che stiamo vivendo da spettatori, l'exploit di Fagioli e Miretti e il limite ai prestiti imposto dalla FIFA che sarà via via sempre più stringente i tre piedi su cui era sorretto il tavolo della discussione, con l'intento di passare dalle parole ai fatti e far entrare il prima possibile la costruzione delle seconde squadre in una fase operativa. Di creare nuovo terreno fertile per far si che quello delle seconde squadre non resti più un caso isolato, di competenza della Juventus, ma si allarghi anche agli altri club di Serie A. Però la Juventus Next Gen adesso può essere principale promotore di questa nuova rivoluzione. Perché noi siamo il popolo di San Tommaso, del vedere per credere, e ora stiamo vedendo che Fagioli e Miretti, ma anche Samuel Iling-Junior e Matias Soulé si ritrovano protagonisti della Juventus di Allegri grazie a quel passaggio intermedio. E che senza sarebbe stato impossibile.
Il problema principale del calcio italiano è la crescita dei nostri giovani. Vinciamo o arriviamo in fondo nei tornei giovanili, poi crolliamo col passare degli anni. Ci manca metodo, non riusciamo a far sbocciare i talenti di 15-16 anni di cui pure siamo in possesso. A nulla serve riservargli spazio solo perché sono giovani e italiani, ma bisogna trovare la via per far sì che i nostri giovani competano presto a certi livelli. Da 20 anni non ci stiamo più riuscendo.
Questo perché mentre la Spagna mette in mostra Gavi grazie a un percorso lineare passato anche per il suo utilizzo nel Barcellona B, i nostri club sono costretti a far girare i ragazzi per tutta una serie di prestiti che chissà dove li porteranno. Nella peggiore delle ipotesi a perdersi, nella migliore a crescere molto più lentamente dei concorrenti europei. Non è possibile costruire un progetto attorno a loro, si è costretti a spedirli in club che spesso e volentieri li ingaggiano solo per incassare premi di valorizzazione. Ma spedendoli in categorie minori - senza poterli monitorare, senza poterli seguire - gli togli anche la possibilità di allenarsi durante la settimana coi campioni della prima squadra. Oltre a non sapere come, quanto e in che ruolo giocheranno. La seconda squadra sarebbe una risposta a questi problemi ma noi preferiamo continuare ad affidarci al caso, alla fortuna, alla forza di volontà del singolo o alla divina provvidenza. Scegliete voi.
Nella settimana di penitenza trascorsa tra Coverciano, Tirana e Vienna anche il presidente della FIGC s'è ritrovato a fare i conti con questo tema. "Bisogna fare incontrare il talento e l'opportunità", il motto di Gabriele Gravina. Che giustamente parla anche di centri federali ma sa che non si può prescindere da lì. Dalle seconde squadre. I giovani vivono i club molto di più delle nazionale e il passaggio dalla Primavera alla prima squadra è troppo grande per chiunque.
A quanto appena scritto bisogna aggiungere poi anche un altro aspetto: la FIFA dalla scorsa Primavera ha imposto un limite ai prestiti, un massimo di 7 dalla prossima stagione. Questo vuol dire che gli slot delle cessioni a titolo temporaneo saranno tutti occupati da esuberi della prima squadra. E che i ragazzi che vuoi far crescere - o che sono ormai troppo grandi per la Primavera - o li vendi o li svincoli.
Ma allora perché nessuno ha seguito l'esempio della Juventus?
Innanzitutto per una questione di costi. C'è il contributo a fondo perduto da un milione e 200mila euro da versare nelle casse della Federazione che è ritenuto eccessivo. Poi la seconda squadra la devi costruire e un Milan piuttosto che una Roma - per fare due esempi a caso - a una squadra composta per 3/4 da Under 21 sanno poi di dover affiancare importanti giocatori di categoria, da Serie C, per evitare figuracce. La spesa non è banale, servono almeno 7-8 milioni di euro l'anno: che non sono pochi, ma che più o meno tutte le big possono mettere sul piatto appena capiscono che quello è un investimento e anche molto conveniente. Non una spesa. E ancora: per la seconda squadra serve uno stadio coi requisiti giusti per partecipare almeno alla Serie C. Problema logistico ma anche altra voce di spesa non banale.
Uno sguardo poi all'altra faccia della medaglia. Se 7-8 club di Serie A puntano sulle seconde squadre e i migliori giovani delle big, di conseguenza, non sono più sul mercato, il bacino dei prestiti per i club di Serie C si riduce drasticamente. Un danno anche dal punto di vista economico per chi punta forte sui premi di valorizzazione. Ma questo è un castello che s'è creato e che non ha prodotto risultati, che va fatto crollare, avendo poi la capacità di soccorrere e aiutare seriamente chi ne resterà ferito. Va poi trovata una soluzione a un altro quesito: in Serie C chi 'libera' lo spazio alle squadre B? E' chiaro che se non si ragiona da sistema, non si arriverà mai a capo del problema.
Una risposta entro il 31 gennaio: Gravina si gioca la sua credibilità
In conclusione, quello delle squadre B non è più soluzione rinviabile. Domenica Gravina ha detto che ora dalle parole bisogna passare ai fatti e che entro il 31 gennaio bisognerà presentare un piano chiaro per far sapere alle squadre di Serie A cosa bisognerà fare per iscrivere seconde squadre dalla prossima stagione. Parole firmate e controfirmate dal presidente della FIGC, che sul tramutare le sue parole in fatti subito (non tra due anni) si gioca la sua credibilità. Se non svoltiamo ora, mentre per la seconda volta consecutiva guardiamo un Mondiale davanti alla tv, allora non abbiamo più speranze.