Marino Bartoletti: "Avrebbe compiuto 100 anni...l'Alpino e Interista Peppino Prisco"

Il 10 dicembre avrebbe compiuto cento anni: oggi sono venti che se n’è andato.
Nella basilica di Santa Maria della Passione lo salutarono in tanti, amici e “nemici”: sulla sua bara il cappello con la penna nera con cui si era fatto a piedi tutta la Russia. Il coro degli alpini intonò prima “Il testamento del capitano”, poi “Sul ponte di Perati”, poi - davanti a parecchi occhi arrossati - “Stelutis Alpinis”: “Se tu vens cassù ta' cretis/là che lôr mi àn soterât/al è un splaz plen di stelutis…”, se tu vieni quassù fra le rocce dove mi hanno sotterrato, c’è uno spiazzo pieno di stelle… In un angolo della chiesa mi ricordo che c’era Teo Teocoli - il milanista Teocoli - che piangeva: stava perdendo uno dei suoi "personaggi" che aveva amato di più.
In fondo, al tenente della “Julia” Giuseppe Prisco non sarebbe dispiaciuto andarsene così. Anche se poi - conoscendolo - probabilmente avrebbe finito con lo strizzare l’occhio a un gruppo di ragazzotti che al suo passaggio avevano intonato “è la Nord che te lo chiede, dai Peppino facci un gol”!
D’altra parte era uno di loro: con la giacca, la cravatta e il loden, ma pur sempre uno “malato” come loro. Lui, i suoi “cori” li esprimeva e declinava in beffardi aforismi che certamente i rivali non potevano gradire: ma dei quali era impossibile non apprezzare il magistrale senso dell’ironia.
Napoletano d’origine - anzi per l’esattezza di Torre Annunziata (e un po’ si vedeva nella sua non sempre dissimulata vocazione alla scugnizzeria) - ma interista fino al midollo. Sin da bambino: e per sempre! A ventisette anni era già segretario del Club, a poco più di quaranta ne diventò vicepresidente, con a capo Angelo Moratti. Meticoloso e serissimo nel suo straordinario lavoro di avvocato: battutista nato in tutto il “resto”. Un amico speciale, ma davvero speciale, per chi aveva la fortuna di condividerne i sentimenti e la generosità. “Interista e Alpino” scrisse la Società per annunciare la sua morte improvvisa.
E in quella due parole c’era tutto.
Da alpino non perse mai un raduno nazionale, né trascurò mai di andare a salutare il ritorno di un suo commilitone, quando il contagocce del tempo o del caso ne restituivano i resti.
Da interista trascorse la sua vita: fra trasferte, impegno societario, battaglie legali e, all’occorrenza, battibecchi (privati e pubblici) con gli avversari. Chissà se il suo sarcasmo avrebbe vinto la rozza battaglia coi social.
Aveva sempre detto “prima di morire prendo la tessera del Milan, così almeno muore uno di loro”. Non ce la fece: e quel 12 dicembre del 2001 morì il più interista di tutti.
Quando la sua bara arrivò al cimitero di Arcisate cominciò a nevicare. Come a Nikolaevka: o a SelenjYar dove riposano i ragazzi della “Julia” che sono rimasti là.
