28 novembre 2016, l'aereo della Chapecoense precipita: 71 morti e solo 6 sopravvissuti
Sette anni fa uno dei giorni recenti più tristi per il calcio. L'aereo sul quale viaggiava la Chapecoense, squadra brasiliana, si schiantò in Colombia, nei pressi di Medellin, mentre stava recandosi lì per la finale di Copa Sudamericana contro l'Atletico Nacional. A perdere la vita furono 71 persone tra calciatori, staff, dirigenti e giornalisti, mentre i sopravvissuti furono soltanto 6, tra cui tre calciatori, un radiocronista e due membri dell'equipaggio LaMia, nome della compagnia aerea boliviana che li trasportava. Il retroscena che emerso più tardi è inquietante: la Chapecoense avrebbe dovuto salire a bordo di un charter, ma il volo non venne autorizzato, quindi ci fu un cambio di programma che però finì nel peggiore dei modi.
Tra i più noti che non ce l'hanno fatta l'attaccante Bruno Rangel, il terzino Dener, il mediano Gil, il centrocampista Cleber Santana, ex Atletico Madrid, il difensore Filipe Machado, ex Salernitana, e il portiere Danilo, che morì in seguito in ospedale per la gravità delle ferite che aveva rimediato. Si salvarono soltanto il terzino sinistro Alan Ruschel, il difensore Helio Zampier Neto e il secondo portiere Jackson Follman tra i tesserati della Chapecoense sul volo. A loro c'è da aggiungere ovviamente i 9 non partiti con il resto della rosa e Matheus Saroli, figlio del direttore tecnico che dimenticò il passaporto e, per quel motivo, non si unì agli altri. Rafael Henzel invece, il radiocronista che scampò alla morte, si spende a marzo 2019, dopo essersi ripreso, colpito da un infarto durante un match di calcetto.
Dalle successivi indagini è stato presto spiegato il perché l'aereo precipitò: era rimasto senza combustibile. Dalle registrazioni è possibile infatti sentire un audio del pilota che propone al copilota di fare uno scalo in altri due aeroporti, quelli di Leticia o di Bogotà, ma entrambi scelsero di proseguire e il tutto finì in una tragedia.