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L'italiano Bacci guida il Boavista: "Vi racconto la mia sfida. Lucca? Può essere il 9 dell'Italia"

L'italiano Bacci guida il Boavista: "Vi racconto la mia sfida. Lucca? Può essere il 9 dell'Italia"
Oggi alle 14:23Serie A
di Ivan Cardia

Un italiano in Portogallo. È la storia di Cristiano Bacci, massese classe '75. Ex difensore, da allenatore ha iniziato con l'Entella e ha girato il mondo: dal 2017 al 2019 (e poi dal 2021 al 2023) al PAOK Salonicco come vice di Razvan Lucescus, seguito anche dal 2019 al 2021 in Arabia Saudita, all'Al-Hilal. Da ottobre 2023 ad aprile 2024 è stato al fianco di Gabriele Cioffi sulla panchina dell'Udinese.

Oggi, Bacci guida il Boavista, nel massimo campionato lusitano. Un club che vive una situazione non semplice: sotto la discussa gestione del presidente Gerárd Lopez, è stato sanzionato con lo stop al mercato in entrata per le ultime tre sessioni, a causa di una situazione debitoria che ha portato addirittura la giustizia portoghese a sequestrare i proventi di eventuali cessioni fino all'assolvimento dei debiti. Un'autentica sfida, della quale Bacci parla a TuttoMercatoWeb: "Siamo in linea con quello che dobbiamo fare, l'obiettivo è tenere duro e non staccarsi troppo dall'alta classifica, soprattuto tenerci lontani da quella bassa".

Ultimo risultato, 2-2 in casa del Vitoria Guimaraes.
"Per noi è il derby, col Porto non c'è la stessa rivalità: abbiamo ottenuto un buon pareggio, è molto importante anche per come è arrivato dà fiducia".

Mercato in entrata bloccato, ma in uscita il Boavista ha ceduto in estate.
"È un controsenso indebolirsi, la speranza è che vengano risolte entro gennaio le questioni pendente: fino a quel momento, non è possibile iscrivere nuovi giocatori. Il club ha previsto un piano di rientro e da gennaio dovrebbe essere tutto ok: a dire il vero, si aspettavano che fosse già risolto entro l'estate e io ho accettato la sfida perché sapevo che era una questione in fase di risoluzione, ma non è stato possibile. In estate sì, sono partiti alcuni giocatori per avere più liquidità, ma non siamo riusciti a colmare il debito e non sono potuti arrivare nuovi acquisti".

Quanto è complicato per un allenatore gestire una situazione del genere?
"Beh, si può intuire. Di base facciamo riferimento a 5-6 giocatori esperti della formazione della scorsa stagione, gli altri sono tutti giovani provenienti dal settore giovanile. È molto complicato: quei cinque-sei devono stare sempre bene e nel calcio di oggi non è semplice. Gli altri sono giovani, ne abbiamo fatti esordire nove: hanno bisogno di tempo".

Che campionato è quello portoghese, oggi?
"Molto poco livellato. Ci sono le prime tre storiche big che sono di un altro pianeta, vanno in Europa con risultati importanti. Poi c'è una piccola fascia di squadre medie, come appunto il Vitoria, ma di base tutte le altre si giocano prima la salvezza e poi il resto. È un campionato con tanti giovani, con tante scommesse ed età media molto bassa: non è un caso che tanti potenziali crack arrivino dal Portogallo".

Fino ad aprile era il vice di Cioffi a Udine, poi l'esonero con la squadra virtualmente salva.
"Sono cose che capitano, è stata una bella esperienza prima di tutto. Fa piacere che il lavoro fatto abbia dato i suoi risultati, lo si sta vedendo anche ora. Ci sono giocatori che abbiamo lanciato noi: penso a Zemura, che ora ha trovato anche il gol. Prima di noi non aveva fatto un minuto. Lo stesso dicasi su Lucca, che ora è in Nazionale: il lavoro di Cioffi e del suo staff ha dato i suoi frutti".

Ecco, Lucca: può essere il centravanti della Nazionale del futuro?
"Senza dubbio. È un attaccante atipico, è alto due metri però è bravo tecnicamente. Ha ancora dei margini di miglioramento importanti, secondo me: è giovane e questo è l'anno in cui si può consacrare, per poi fare il salto di livello che merita. Ha anche più gol come potenziale: è bravo di testa, ma ha fiuto in area di rigore".

L'Italia le manca?
"La mia famiglia è in Italia, ma ormai sono più di dieci anni che giro e le dico una cosa: è sempre il mio Paese, ma a livello calcistico non sento più tanta necessità di tornare. Con tutto il rispetto per il calcio italiano, siamo in ritardo su tante cose: una di queste cose è lo sviluppo e la crescita dei giovani. Sono contento delle ultime convocazioni che ha fatto Spalletti, vanno in questa direzione: noi dobbiamo scommettere di più sui giovani, il campionato italiano è un campionato vecchio".

Fa più fatica a scommettere? In Portogallo è più semplice, in Italia ci si aspetta risultati da tutti.
"Quello che dice è vero, però poi le risposte le dà la Nazionale. Quando ci confrontiamo con le squadre estere, che vincono con i giovani, il divario si sente".

In Portogallo le seconde squadre sono radicate. Sono utili?
"Assolutamente. Io ho allenato in Portogallo per la prima volta nel 2015 (all'Olhanense, ndr): c'erano già le squadre B e tantissimi calciatori che ho affrontato oggi giocano in Premier League, o comunque ai massimi livelli. Sono fondamentali, i nostri giovani quando arrivano al professionismo non sono pronti: c'è tanta pressione, hanno bisogno di crescere e di poter sbagliare. I giovani in Italia vengono prestati, spesso vanno in B dove la pressione è uguale e finiscono per giocare meno di quelli più esperti. Credo siano uno step fondamentale, sono il futuro".

Dal 2019 al 2021 è stato all'Al-Hilal, in Arabia. È anche quello il futuro?
"È un calcio in espansione totale, è stato un investimento a tutto tondo. Detto questo, non sono d'accordo con quello che fanno molti giocatori, specie i più giovani: si fanno attrarre da guadagni facili, quando potrebbero dare molto al livello europeo. È un campionato difficile, ci sono tanti stranieri e ogni squadra ne ha di forti. Io prendo sempre come riferimento la nazionale: l'Arabia, Mancini lo testimonia, arriva sempre a qualificarsi per i Mondiali. È una cosa che fa capire il livello di crescita degli arabi, anche se penso sia impossibile adattarli a un calcio europeo".

Non arriverà mai a quel livello?
"Il futuro non lo posso prevedere, ma per me non ce la faranno mai. È un fatto culturale".

A Roma c'è Saud Abdulhamid.
"Ci ho giocato contro, poi l'anno successivo è stato acquistato proprio dall'Al-Hilal. Secondo me è stato preso dalla Roma per un calcio propositivo che voleva proporre De Rossi: è un giocatore di possesso palla, molto bravo in attacco. In difesa deve ancora crescere tanto".

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