L’Inter sgasa e non si nasconde. Si parla troppo o troppo poco del possibile triplete?

Ognuno fa il suo gioco, l’Inter ne fa un altro. Classifica alla mano: alla prima occasione per lanciare la volata, nel campionato più equilibrato degli ultimi anni, la squadra di Simone Inzaghi dà di gas e scappa via. +3 sul Napoli di Conte, che a Venezia - coincidenza geografica quantomeno poco felice - si lamenta del campo troppo assicuro. +6 sull’Atalanta di Gasperini, che da quando Inzaghi allena l’Inter le ha perse tutte e rischia di tirarsi fuori dalla corsa scudetto anche perché ha fallito gli appuntamenti principali. L’Inter, il braccino, non ce l’ha.
Non si nasconde. È, al di là della qualità della proposta tecnica dei giocatori di Inzaghi, un’altra caratteristica dell’attuale capolista del campionato. Piaccia o meno, l’Inter è l’unica che sin dalla prima giornata ha indicato il proprio obiettivo: lo scudetto. Col tricolore sul petto non poteva certo esimersi, ma presto o tardi ci ha creduto anche chi non ha fissato lì l’asticella, anche se non l’ha detto. Nelle ultime uscite, l’Inter si nasconde anche meno: Inzaghi fa il gesto del tre - e poi si corregge: “dovevo fare quello del quattro” - a chi gli parla di double, Lautaro risponde “vogliamo vincere tutte le gare” a chi gli chiede se la tripletta stagionale sia davvero una possibilità.
Triplete: se ne parla troppo o troppo poco? In altri termini: che sia un obiettivo concreto, a diciotto gare potenziali dalla fine della stagione, è un dato di fatto. Però è un attimo stravolgere la narrazione: non è un obbligo, il mancato raggiungimento non si potrebbe imputare a una dirigenza che da anni lavora a zero, a un allenatore che allena la settima - di otto - squadra per ingaggi tra quelle approdate ai quarti di finale di Champinos. Al contempo, è lo stesso Inzaghi a rimarcare la voglia di vittorie dei suoi: “Sento tanti dibattiti e si sta parlando tanto del fatto che l'Inter può non vincere nulla, ma questo è lo sport”. Come quasi sempre, la verità sta nel mezzo: l’Inter può vincere tutto, ma non deve. È una gran bella differenza.
