I sogni nel cassetto di Giampaolo: "Allenare i ragazzi a casa mia. E comprarmi la barca"
Marco Giampaolo, allenatore del Lecce, si è raccontato in una lunga intervista a Radio TV Serie A. Ecco alcuni estratti: "Sono stato due anni a casa e non mi sono mai annoiato, non è che non dormivo perché dovessi allenare una squadra e quindi ho trascorso il primo anno a fare cose diverse rispetto a pensare al calcio. Poi superato il primo periodo, mi sono messo a far cose che mi piacevano e non ho fatto altro che aspettare la chiamata che potesse rimettermi in gioco. La mia preoccupazione era farmi trovare pronto e preparato nel momento in cui fosse arrivata la chiamata ma mi preparavo, studiavo, aggiornavo per essere pronto nel momento in cui fosse arrivata una proposta. Ma l'ho vissuta serenamente".
Parlare con i calciatori. "Sono aperto al confronto, è stimolante quando un calciatore mi chiede perché è interessante e vuol capire, il mio compito è chiarire un problema, non voglio che i calciatori facciano così con la testa (annuisce, n.d.r) e poi non abbiano capito nulla. Sono aperto al dialogo e al colloquio, la mia porta è sempre aperta. Rispetto al passato, è soggettivo chi vuole chiedere e capire e chi no.
Dorgu e Baschirotto. "Dorgu è molto giovane, è un ragazzo di grandi qualità fisiche e tecniche, ancora bisogna capire qual sia la sua collocazione precisa in campo, quella più naturale. In questo momento credo di sapere quale sia ma questo non significa che lui non possa avere delle evoluzioni. Però è un giocatore forte che ha grande autostima, grande personalità, un bel motore, poi ovviamente dalla sua ha l'età e non può far altro che migliorare. Baschirotto, è sempre al campo, anche quando c’è il giorno di riposo. E’ arrivato in Serie A grazie al rispetto dei suoi principi di sacrificio. Lui dice “io sono arrivato in A perché ho sempre fatto così, perché altrimenti non ci sarei mai arrivato” e questo diventa la sua forza. Ha una disponibilità al lavoro straordinaria, è un capitano giusto e presente, con il quale io ho un ottimo rapporto, è molto importante per questo Lecce e quasi determinante. E’ un punto di riferimento non soltanto calcisticamente, ma lo è con tutta la sua sfera".
Il termine "maestro". "Dipende da che accezione si dà al termine, se maestro in senso di rispetto, o maestro perchè ti prendono in giro (ride, n.d.r). Probabilmente per le mie caratteristiche, ma non mi sento un maestro, sono un organizzatore di squadre, di collettivo, che non si limita agli 11, ma allargo la sfera a tutti i calciatori che ho sempre allenato affinché ognuno si riconoscesse in un compito, in un ruolo e non ho mai pensato ad un calcio o un’organizzazione individuale, come quella di oggi in Italia. Il fatto di pensare di giocare in un modo collettivo e il dover comunque trasferire dei messaggi, probabilmente ha fatto arrivare a questa definizione, ma io non mi ci sono mai riconosciuto. Ai tempi, ho smesso di giocare molto presto, non avevo forse neanche 30 anni e ho iniziato girare, a guardare gli allenatori dell'epoca, ero rimasto molto affascinato dal grande Milan di Sacchi, ma non avevo mai avuto la possibilità di andarlo a vedere ma conservavo dei vhs e quindi guardavo. Poi all'epoca sono andato a vedere Spalletti, Del Neri - il primo ad essere audace per alcuni principi e concetti, - ed erano gli allenatori di riferimento nel 96/97/98/2000".
La Juventus. "Nel 2009 è risaputo che dovessi andare alla Juve, però avevo 38/39 anni, non avevo una carriera da grande calciatore alle spalle, semi sconosciuto e avere l'opportunità lì era qualcosa di impensabile. La delusione fu tanta, ma cercai di metterla da parte e di dimenticarla, poi ho avuto delle vicissitudini negative che qualcuno ha giustificato con la delusione di non essere andato, ma non è così. E’ stata un’opportunità".
Il Milan. "Non ho mai parlato di quell'esperienza e non voglio parlarne. Mentre quella della Juve non è mai stata un’opportunità perché non sono mai andato, quella del Milan è stata una grande opportunità, però poi per tante circostanze e tanti aspetti non si è concretizzata, non ha avuto un esito positivo. Posso dire che Calha era forte, glielo dicevo sempre, anche quando magari lui aveva un pizzico di autostima in meno perchè era un giocatore in evoluzione. “Hakan tu sei forte e in futuro puoi diventare un grande play davanti alla difesa” e parliamo di quasi 5 anni fa e magari lui non era ancora pronto perché poi il calciatore deve convincersi, e lui preferiva giocare tre quarti o fase offensiva, cosa che poi ha fatto negli anni. Poi posso dire che più sali di qualità e categoria, più i giocatori sono professionali. La cosa che mi sono portato dietro da quell'esperienza è la grande professionalità dei calciatori che mi sono venuti sempre dietro, e questo è fondamentale e me lo porto dietro, la loro disponibilità è la soddisfazione più grande per un allenatore, non ho mai sentito la squadra distante".
La Sampdoria. "E’ durata 3 anni e 3 anni sono tanti in un club. Abbiamo sempre giocato un bel calcio, perché ho avuto la fortuna di allenare
calciatori che si sono rivelati poi forti e mi sono divertito, passatemi il termine, perché è un qualcosa che racconti a posteriori. Il primo anno di assestamento, di conoscenza, ho rischiato che mi mandassero via perché se non avessi vinto il derby forse non lo racconterei, passato quello sono stati anni in crescendo, ho allenato squadre forti e nei 3 anni ci siamo tolti soddisfazioni e mi sono divertito. Facevamo un calcio dentro il quale mi riconoscevo profondamente.
Il Lecce di adesso. "L’obiettivo è salvarsi il prima possibile, il campionato è durissimo e i competitor sono agguerriti, le squadre dietro giocano bene, il campionato è duro e difficilissimo e l'obiettivo è quello perché la lotta è bella tosta. Il Lecce è una squadra abbastanza giovane e molti giocatori possono sfruttare il fatto che essendo giovani possono avere margine o ambizioni diverse. Qualche giocatorino interessante c’è, qualcuno è più
esperto, affidabile e garantisce un livello di prestazione sempre buono, qualcuno magari una domenica sì e l’altra un po’ meno, però questo fa parte del processo di crescita e dei buoni profili ci sono. E poi il Lecce ha dimostrato di saper scegliere i calciatori, il settore giovanile è un fiore all'occhiello, tanti calciatori nel settore giovanile poi magari hanno uno sfogo naturale in prima squadra e questo è la storia recente che lo dice".
Il giudizio su Rafia. "Ha tante qualità, un difetto ce l’ha e ci sto lavorando, cioè che tiene troppo la palla, la tocca 50 volte e la potrebbe pulire ogni tanto invece si incasina da solo, va a cercare il dribbling, lotta, poi lo perde, una volta la perde, una volta no, tutto lavoro sprecato. Adesso lo limito, gli dico “due tocchi per te, libero per gli altri” così una volta, due volte, capisce (ride, n.d.r). E’ un ragazzo generoso, intelligente e mi piace. Berisha ha qualità, viene dal settore giovanile, c’è poi un altro profilo giovane che è Helgason che ha giocato poco ma ha delle qualità, Krstović è pesante e ha forza".
Sogni nel cassetto. "Calcisticamente quello che ho fatto ho fatto, ho avuto la possibilità di allenare grandi club, una volta non ci sono andato, una volta mi han mandato via, e quindi penso che quell’opportunità non arriverà più, quindi allenerò fino a quando ne avrò e poi quando non ne avrò più andrò ad allenare i ragazzi a casa mia e quella è una cosa che voglio fare e che farò. Nella mia vita privata devo comprarmi solo la mia barca perché il mare è un aspetto fondamentale. Ho questi due piccoli sogni da realizzare".