Campoccia: "L'Udinese ha pagato gli infortuni. Samardzic via in estate? È un'opzione"
Stefano Campoccia, vicepresidente e legale dell'Udinese, presente al Festival della Serie A a Parma, ha parlato ai media presenti, tra cui TMW, iniziando dal tema relativo agli stadi: "L'infrastruttura sportiva è il primo degli ordini del giorno di qualsiasi agenda, pubblica e privata. Bisogna uscire dalla metafora della moderazione. Il gap che stiamo pagando è sicuramente infrastrutturale, che poi si declina anche su quelli che sono gli apprezzamenti dei broadcaster, per gli effetti dell'apprezzabilità del calcio visto in televisione e soprattutto dello stadio reale. Abbiamo avuto la fortuna, nella disgrazia sistemica del Covid, di aver riapprezzato il piacere di stare in comunità all'interno di uno stadio. Purtroppo ci sono dei difetti in generale che affliggono la possibilità di fruire bene allo stadio. Intanto il deficit infrastrutturale, ma anche sulle infrastrutture più avanzate ci sono cose anacronistiche. La Pisano, che è una legge di due decenni fa, non può essere ancora interpretata con un rigore che la tecnologia oggi può mitigare. Esistono sistemi di riconoscimento facciale, che possono sostituire in termini più virtuosi quelli che sono i sistemi attuali di riconoscimento per filtrare gli indesiderati e i daspati rispetto a situazioni in cui devono essere favorite le famiglie e gli sportivi, quelli che vedono nel calcio il rito laico della domenica. Siamo in Italia, le infrastrutture devono essere un'eccellenza di questo Paese, non possiamo pensare che la gente arrivi da qualunque parte del mondo e veda il Duomo e poi arrivi negli stadi e li veda desueti. Nell'agenda pubblica e privata la riqualificazione e la rigenerazione anche urbanistica che produce il cambio di format dello stadio deve essere al primo posto".
Come procede il dialogo con le istituzioni?
"Andando a declinare in un concetto che provocatoriamente ribadisco. La nostra controparte è l'istituzione pubblica perché ha difficoltà a intepretare la valenza dell'interesse pubblico che è dietro lo stadio, che non è mio, ma della città. Parliamo di un bene che è della comunità. Anche lo stadio di Udine è della città perché se è vero che è di proprietà dei Pozzo, è anche vero che garantisce un'esperienza che dopo 30 anni qualcuno ha temuto di perdere. La pubblica amministrazione deve capirlo, va d'istinto, tra chi ha avuto il coraggio, anche all'interno della pubblica amministrazione, di rompere certe prudenze che diventano talvolta demagogiche. Noi abbiamo avuto un sindaco che, a fronte di denunce penali finite tutte in archivio, ha permesso di regalare alla comunità di Udine lo stadio. Non dimentico mai che Magda Pozzo mi disse che una volta, dopo aver preso il Taxi, l'autista le disse di non pagare la corsa perché non sapeva quanto le dava in termini di lavoro. Stiamo parlando dell'indotto, stiamo ancora soffrendo per 20mila metri quadrati che non riusciamo a mettere a sistema con attività sociali ed economiche, che porterebbero occupazione e rigenererebbero la fruibilità 365 giorni all'anno".
Cosa non ha funzionato nell'Udinese in questa stagione?
"Sono da 20 anni lì, ma Pozzo mi ha detto che era da 30 anni che non ne vedevano una così. È stata veramente un incubo. Preferisco dire aulicamente che gli dei del calcio ci hanno portato sfortuna fino all'ultimo, poi abbiamo avuto fortuna che forse compensa il resto. Stiamo parlando di 5 atleti, di tutto il comparto dell'attacco che sono rimasti in infermeria per tanto tempo e questo non ha consentito all'Udinese di utilizzare Deulofeu, Thauvin, Davis, Brenner, che è uno degli investimenti più importanti fatti dall'Udinese, ma anche lo stesso Lucca poveretto ha avuto problemi. Noi ci siamo aggrappati a Lucca, che per fortuna ha avuto performance importanti, ma certamente questo è l'elemento che ha condizionato una stagione che è e sarà sempre più complessa perché, per fortuna per il sistema, chi viene in Serie A è sempre più rappresentativo di società con grande forza economica. L'ottimismo è quello di vedere una A che migliorerà le performance sportive perché ci sono proprietà forti. Inutile citare l'Atalanta, Percassi sarebbe arrivato dove è anche prima di aver fatto questa operazione, che è un modello, quindi trovando un socio finanziario che consente di condividere l'impresa, e quindi rischi e benefici, e oggi godono insieme dei benefici. È un modello da seguire, la Serie A deve guardarlo come un'opportunità di business anche sotto questo profilo".
Ha parlato di un modello che prevede la cessione di alcuni gioielli. Prevdete di far uscire Samardzic e Okoye?
"Credo che prima di pensare di vendere o comprare, bisogna ricordarsi che l'Udinese è rigorosamente orientata al rispetto di un modello di business, che è questo. Chi conosce le dinamiche micrometriche di un modello di business come quello del calcio, non può esimersi dolorosamente dal fare delle scelte. Quali sono? Quelle relative a dei giocatori che hanno acquisito nel tempo una maturità e che quindi sono pronti a fare un salto. Come noi diciamo orgogliosamente, l'Udinese è una grande scuola che consegna ai grandi club dei campioni. Cito Sanchez, che è la dimostrazione di un'esperienza sportiva mirabile, ma parliamo anche di De Paul, Molina... Gente scelta con oculatezza e capacità di visione da Gino Pozzo e la squadra di mercato. Non è il singolo, è il modello. Faranno le scelte adeguate, fino ad adesso ha funzionato: chi esce viene sostituito da campioni in erba che si sostituiscono e talvolta migliorano anche da subito chi è uscito".
Tra Samardzic e Okoye è più probabile che parta il primo?
"Non mi occupo di mercato, posso solo condividere che appunto Samardzic ha fatto un percorso di maturazione. Se si creano le condizioni, tra cui anche l'apprezzamento del ragazzo, perché da noi si vende se il prezzo è giusto perché la società è solida e non ha bisogno di vendere, probabilmente questa è una delle opzioni che la società valuterà per essere coerente a questo modello".