Buffon: "Scendere in Serie B con la Juve mi ha permesso di guardarmi allo specchio"
A margine della presentazione in Mondadori Duomo del suo libro “Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi”, Gigi Buffon, ex portiere di Parma, Juventus e PSG, ha parlato così della sua carriera, partendo dal ritiro: “Per un uomo di 45 anni agli occhi di tutti é una cosa normale, una consuetudine. Ad un anno e mezzo da quel giorno sono molto più sereno rispetto a 15-16 mesi fa. Per uno che ha fatto la vita che ho condotto io il ritiro é la prima morte che devi affrontare. La carriera di uno sportivo finisce da abbastanza giovane. E la vera difficoltà non é il ricevere determinati stimoli, ma il come riempire la giornata. Per 30 anni avevo la giornata organizzata da qualcun altro. Poi di punto in bianco ti trovi ad avere 24 ore… Infatti ho fatto tutti i corsi possibili. E ora ho la convinzione totale di aver scelto la cosa migliore un anno e mezzo fa, cioè il ruolo in nazionale”
Su Messi:
“Dopo il primo tempo di Berlino, mi stavo incamminando verso lo spogliatoio e dietro sento il calpestio di un giocatore che stava correndo. Pensavo avesse fretta, ma mi tocca la schiena e mi giro. Era Messi. Mi dice: ‘Buffon, mi fai un piacere? Mi daresti la tua maglia?’. Io non ho mai avuto il sentore di capire cosa sono stato, ma mi sentivo solo un fortunato e mai uno da mettere sul piedistallo. Vedere Messi chiedermi la maglia mi ha emozionato".
Su Cristiano:
"Cristiano é un unicum. Non pensavo potesse esistere un professionista con quella determinazione e di quel calibro. Con tutti i pro e contro. Da compagno di squadra sei totalmente ammirato nel vedere questo livello. Questo porta un po’ a disumanizzarti, sembra che non sia un umano, ma Cristiano, anche fuori dalle luci della ribalta, é sempre stato uno con una sensibilità spiccata e qualche fragilità che cercava di mascherare con la sua personalità".
Sulla Juve in Serie B:
“É stata una scelta non facile. Professionalmente credo di aver perso qualcosa, sono uscito dai radar europei per 2-3 anni. Ma questa scelta mi ha permesso di tornare a casa, di guardarmi allo specchio e di essere orgoglioso di me stesso. Mi ha dato energia per le sfide successive. Ci sono stati dei momenti molto complicati nei quali pensavo di aver creduto ad una utopia, di aver fatto una scelta che non sarebbe mai stata ripagata fino in fondo. Nei primi 3-4 anni non sono arrivati risultati, ma essendo un eterno ottimista, abbiamo avuto Agnelli, Paratici, Marotta e soprattutto Antonio Conte. Li ho raccolto tutte quelle soddisfazioni che avrei potuto avere prima, ma che mi son goduto molto dopo”.