Borriello ripercorre la sua carriera: "Milan, Roma, Juventus... Ecco perché ho scelto Ibiza"
Ai microfoni di Radio serie A è intervenuto Marco Borriello per parlare di diverse questioni di attualità del calcio italiano e non solo. Queste le sue parole:
Le tante esperienze diverse in carriera?
"Non sono stato “la bandiera” per le squadre in cui ho giocato: cambiare quasi ogni anno club è impegnativo e non ti rende fedele agli occhi altrui, ma non è stata solo colpa mia. Sono stato di proprietà del Milan dai miei 15 anni fino ai miei 28 anni, nel Milan più forte degli ultimi 40 anni che aveva in squadra dei giocatori eccezionali e ritrovarsi a non giocare e a stare in panchina ferma la tua crescita e ti spinge a pensare di spostarti; andavo in prestito un anno, facevo molto bene, mi richiamavano e di nuovo non giocavo. La stessa cosa è successa anche dai 28 ai 33 anni quando ero della Roma; arrivai nella capitale con una proprietà e l’anno successivo cambiò e con questo cambio, cambiarono anche le priorità e l’apporto tecnico. Finii di nuovo per andare in prestito ogni anno senza trovare una continuità. Ho avuto tanti compagni, e tra questi c’erano giocatori fortissimi da una parte e giocatori che dovevano guadagnarsi il posto da titolare per non retrocedere dall’altra. La mia carriera “da nomade” mi ha permesso di conoscere tanti allenatori e di visitare altrettante città e questo è stato un bagaglio impagabile che mi porto dietro anche ad oggi. Il mio è un viaggio che è iniziato a 14 anni a Granarolo Faentino, dove c’era un settore giovanile strutturato che prendeva i ragazzi di Napoli più talentosi e li faceva vivere in una casa con un tutore che ci seguiva e ci aiutava. A 15 anni poi mi acquistò il Milan".
L'avventura a Ibiza?
"Ho scelto Ibiza perché mi sono innamorato dell’isola, della natura e del luogo nella sua completezza; comprai casa lì nel 2010 dopo diverse vacanze che mi avevano portato lì negli anni precedenti. Ho deciso di terminare lì la mia carriera perché mi è stata data la possibilità di continuare a giocare e di iniziare con loro un progetto importante. La famiglia Salvo mi diede la possibilità di giocare, ma dopo 6 mesi capii che la mia carriera sul campo era finita, quando manca la testa non si riesce più ad andare avanti come prima. Abbiamo iniziato un progetto a livello societario che mi ha portato ad oggi a essere consigliere e Ambassador. Lo scorso anno siamo retrocessi, ma oggi siamo primi nel campionato di serie C e io continuo a confidare nel progetto e sono sicuro che faremo grandi cose".
La nuova carriera dirigenziale?
"Se smetti sapendo di aver lavorato con la testa e ti prendi anche qualche anno sabbatico, te lo vivi tranquillo e così ho fatto io.
Ora ho voglia di rimettermi in gioco, mi sono riposato abbastanza dopo 5 anni. Ad oggi ho un ruolo all’interno del Club Ibiza però mi piacerebbe avere la possibilità di decidere in prima persona, rimettermi in gioco non lasciando questo gruppo di ragazzi; ma penso che mi avvicinerò alla penisola per tornare a toccare un po’ di calcio. Inizierò a studiare, bisogna prepararsi per essere all’altezza di quello che si vuole fare o si scelga di essere. Ad oggi i due attaccanti più forti che ci sono in serie A sono Lautaro e Zirkzee".
Cosa pensa di Milan, Juventus e Roma, le tre big in cui ha giocato?
"Ho giocato al Milan nel periodo migliore, nell’arco delle tre finali di Champions. Berlusconi ha diretto un club unico, composto da un gruppo meraviglioso in un ambiente altrettanto bello. All’epoca era Presidente e Consiglio e quindi riusciva a seguire poco la squadra durante gli allenamenti, però quando eravamo in albergo veniva sempre a trovarci e per ognuno di noi aveva un aneddoto. La Juve fu un'altra esperienza stupenda: Conte mi scelse a gennaio per entrate nella rosa e quell’anno vincemmo lo scudetto: dal quell’anno partì la cavalcata della Juve che la portò a vincere per tanti anni. Conte è un uomo molto determinato e coerente; post partita facevamo sempre match analysis riguardando insieme la partita: rivedendosi si migliora tanto. Un aneddoto che ricordo è quello della gara contro il Cesena che venne rinviata e la rigiocammo il 25 Aprile; io ero un po’ in difficoltà in quel momento e i tifosi della Juve non mi volevano, avvertivo che l’ambiente non era a mio favore; quella mattina Conte si avvicinò e mi disse che vedeva il mio impegno in allenamento, di continuare così che il gol sarebbe arrivato ed effettivamente fu così: in quella partita entrai nella ripresa e segnai il gol che sbloccò la partita. A Roma ho iniziato in modo meraviglioso per i primi 6 mesi, e segnai anche molti gol; poi cambiò allenatore e presidenza e in quel momento trovai poco spazio. L’Olimpico di Roma penso sia uno degli stadi più emozionati da vivere e da vedere, quando si tinge di giallorosso lo reputo uno dei più belli d’Europa. De Rossi mi scrisse un messaggio appena firmai “andiamo a vincere”; con lui avevo già un rapporto bello grazie alla Nazionale minore".
Quindi le avventure con SPAL e Carpi...
"Non c’è una squadra con la quale non ho ricordi, perché in ogni club ho messo l’anima e mi sono comportato allo stesso modo in ogni squadra. Io vivevo per il calcio a differenza di quello che si poteva pensare. La Spal forse è stata la squadra in cui ho fatto un po’ più fatica: ho avuto problemi al polpaccio e venni accusato di non avere nulla e che semplicemente non avessi voglia; questo mi fece soffrire. A fine carriera trovarsi i tifosi che ti minacciano fuori dallo spogliatoio non è bello. Forse potevo essere più diplomatico, parlare di più con i dirigenti e con i compagni di squadra. Con il Carpi ho ricordi di scene surreali: il giorno della gara ci facevano allenare in un campo adiacente a quello in cui giocavano la partita i miei compagni; lasciati in disparte e non calcolati".
A livello di rapporti umani, cosa ricorda?
"Tra i migliori allenatori che ho avuto cito Gasperini che a livello tecnico mi ha lasciato tantissimo, è un maestro di calcio. Con lui sarei potuto diventare capocannoniere entro fine stagione, ma mentalmente mollai quando ad aprile firmai per il Milan. Conte è a parimerito con Gasperini: lui dal punto di vista tattico è impareggiabile. Non ho nessun brutto ricordo con gli allenatori che mi hanno seguito, anche con quelli con cui ho legato meno c’è sempre stato un ottimo rapporto di rispetto reciproco. Tra compagni capita che ci siano screzi, nello spogliatoio è normale, ma è proprio con quelli con cui sono andato “alle mani” che poi sono diventato davvero amico, anche fuori dallo spogliatoio. Io sono uno che non porta rancore anche perché in campo bisogna andare oltre e fare gioco di squadra sempre e con chiunque".