Ancelotti crolla a Londra, Inzaghi trionfa a Monaco: sa di passaggio di consegne. Ma 90’ sono lunghi

A Londra, il Real Madrid di Carlo Ancelotti crolla a sorpresa. Tre a zero in casa dell’Arsenal, una sconfitta a sorpresa che potrebbe far fuori dalla Champions League una delle grandi favorite - se non La favorita - per la vittoria finale della coppa dalle grandi orecchie. L’altra, il Bayern Monaco cade in casa, sopraffatta dall’Inter di Simone Inzaghi, che regge i momenti di difficoltà e mette mezzo piede in semifinale.
Sembra un passaggio di consegne. Nelle loro diversità - oltre all’ovvia differenza anagrafica -, Ancelotti e Inzaghi hanno dei tratti in comune. Il gruppo al primo posto, anche a costo di risultare troppo vicini ai giocatori, la forza tranquilla come dimensione esistenziale per superare le critiche. Nella lunga dinastia degli allenatori italiani che hanno fatto la storia del calcio, Ancelotti occupa uno dei primi posti. Inzaghi ne ha la stoffa, può rientrare in un’ipotetica linea di successione, ovviamente con il tempo necessario. Quel posto, però, sta facendo di tutto per prenderselo, in una stagione a cavallo tra triplete e zero titoli.
Ma 90 minuti sono lunghi. E non solo al Bernabeu. Arteta, allenatore dell’Arsenal, farebbe bene a tenerlo a mente: mai dare per morto il Real Madrid, specie se devi giocare il ritorno in casa loro. Ma sono lunghi pure a San Siro, dove Inzaghi - che lo sa benissimo - deve evitare un solo errore: pensare che l’impresa di Monaco garantisca qualche diritto acquisito. La semifinale di Champions è lì, a portata di mano, ma va conquistata. Come pure un ipotetico testimone italiano.
