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Quando Vlaovic era senza H: "Padova, il cappuccino di Lalas e il sacerdozio mancato"

ESCLUSIVA TMW - Quando Vlaovic era senza H: "Padova, il cappuccino di Lalas e il sacerdozio mancato"
mercoledì 9 febbraio 2022, 09:47Che fine ha fatto?
di Gaetano Mocciaro

Dusan Vlahovic è il trasferimento più importante di gennaio 2022 e il neo-juventino è destinato a scrivere grandi pagine da qui agli anni a venire. Eppure fino a qualche tempo fa il suono del suo cognome rimandava a un altro giocatore, Goran Vlaovic, rigorosamente senza H. Medaglia di bronzo a Francia '98 con la Croazia ed ex giocatore del Padova, dal 1994 al 1996, oggi ha 50 anni, vive a Zagabria e non ha lasciato il mondo del calcio, se pur aprendosi anche ad altre attività. La sua storia merita di essere raccontata e lo abbiamo fatto intervistandolo, in esclusiva per Tuttomercatoweb:

Goran Vlaovic, che cosa fai oggi?
"Da qualche anno ho aperto un'agenzia di calciatori assieme a Mario Stanic e Boris Zivkovic. Volevamo sin dall'inizio fare qualcosa di differente rispetto agli altri procuratori. Aiutiamo i giovani che hanno bisogno diciamo di essere indirizzati, diamo loro consigli su cosa fare in carriera. Dal nostro canto pensiamo di avere abbastanza esperienza nel calcio da poterli aiutare. Questa è l'attività principale, ma da poco ho avviato un nuovo business".

Di cosa si tratta?
"Un Wellness Center a Zagabria, con palestra e piscina. Abbiamo aperto da poco e per i prossimi tempi mi ci butterò a capofitto".

Tempo libero praticamente azzerato
"In realtà mi sto godendo molto di più la paternità adesso rispetto a quando giocavo. Ho quattro figli, l'ultima delle quali, Vanna, nata un anno fa. Gli altri hanno 27, 25 e 17 anni. È iniziato un altro periodo della mia vita, mi sento più maturo".

Hai avuto modo di tornare in Italia?
"Ovviamente negli ultimi anni è complicato ma prima della pandemia almeno una o due volte all'anno sì e per motivi differenti: per turismo, per visitare amici a Padova e anche per business".

Hai mai pensato di allenare o fare il dirigente?
"Ho pensato di farlo, ho fatto la scuola in Croazia però è andata la vita in altra direzione. Finora non ho mai allenato, ma ancora non è tardi per me anche se ho 50 anni mi sento giovane".

Il tuo percorso è stato particolare. Da piccolo potevi intraprendere la via del sacerdozio
"C'è stato un momento della vita in un cui volevo fare il prete. Ero adolescente, mi ruppi la gamba giocando a calcio e pensavo di non poter più giocare. Mio zio era sacerdote a Zagabria, io molto legato a lui anche perché ha solo cinque anni in più di me e il rapporto è speciale. Per questo quando mi sono infortunato nella mia mente c'era l'idea di seguire le sue orme. Invece sono guarito, ho recuperato, è arrivato l'Osijek e da lì è partita la mia avventura".

L'infortunio in questione era una gamba rotta, guarita naturalmente senza intervento chirurgico
"Non voglio esagerare però magari è stata una sorta di miracolo. A quei tempi si facevano operazioni solo se c'era un infortunio più grave, io mi ruppi due ossa e non si erano mosse troppo per poter operare, alla fine si sono calcificate da sole".

Un'altra sliding doors della tua vita: ti viene diagnosticata una ipertensione endocranica benigna
"Non si trattava di un infortunio alla gamba, o al dito. Era una cosa che riguardava la testa, inoltre i giornali all'epoca avevano amplificato la vicenda, pur senza sapere la verità. Ricordo che scrivevano che avevo una cosa brutta ed è chiaro che mi spaventassi, del resto avevo solo 23 anni. Il dottore che mi ha operato in Belgio mi ha però rassicurato, si trattava di un canale della testa che non si sa per quale motivo si era chiuso e andava aperto".

Siamo al tuo secondo anno al Padova e quando torni non smetti di segnare
"A maggior ragione per quel che mi era capitato, quando avevo cominciato a segnare i media avevano gridato al 'fenomeno'. Sotto un certo senso la cosa mi ha aiutato".

E pensare che il primo anno al Padova non fu caratterizzato da molti gol
"Ero capocannoniere del campionato croato ma quando il Padova mi prese ero reduce da un infortunio. Accusavo dolori e dopo 3-4 partite mi sono dovuto fermare. Poi cambiare squadra, nazione, campionato non è semplice. Ricordo però che il gol segnato al Genoa nello spareggio per non retrocedere fu per me una vera e propria svolta, che mi ha aiutato a sbloccarmi. Non ero contento del mio primo anno a Padova e penso nemmeno in società lo erano di me".

In quel Padova c'era il fenomeno mediatico Alexi Lalas, primo statunitense in Serie A. Personaggio stravagante
"Un pazzo, in senso buono. Aveva un look certamente che si distingueva dagli altri e anche come persona era diversa. Sai, croati e italiani hanno tante cose in comune, specie nel calcio. Lui era differente, ricordo che giocava la domenica e poi si faceva gli affari suoi. Io ma anche gli altri vivevamo le tensioni del campionato anche in settimana, lui no. E credo che questo suo approccio fosse migliore, io personalmente non mi aspettavo di trovare una persona che vivesse il calcio in modo così tranquillo".

Aneddoti?
"Ricordo alcune simpatiche situazioni circa le abitudini degli italiani, che lui faticava a comprendere. Una di esse è quando bere il cappuccino: lui non concepiva il fatto di non poterlo prendere dopo pranzo o alle 8 di sera. Diceva sempre: 'Se io voglio bere il cappuccino la sera lo faccio, per quale motivo gli italiani devono mettere una regola?'".

Padova è stato il tuo trampolino di lancio per Valencia. Un trasferimento contestato, dato che dovevi andare al Napoli
"A mia discolpa posso dire che ero giovane e ascoltavo persone che erano con me e mi davano consigli sulla mia carriera. Non sono andato al Napoli e ci sono stato un po' male, col senno di poi è una scelta che non rifarei. Sia chiaro, a Valencia mi sono trovato bene ma lasciare il campionato italiano è stato un errore, perché era il miglior torneo a quei tempi e perché era perfetto per il mio stile di gioco".

Punto più alto della carriera?
"Certamente arrivare terzo ai Mondiali con la Croazia è stata un'impresa, poi noi siamo una nazione piccola e all'epoca nuova. Un orgoglio incredibile. A livello personale scelgo un gol fatto agli Europei del 1996 contro la Turchia, che è valsa la prima vittoria della Croazia in una fase finale di un grande torneo".

Come vedi il calcio croato oggi?
"È molto cambiato e migliorato, soprattutto negli utlimi anni. Il massimo campionato ha ridotto le squadre a 10 ed è pertanto più competitivo, interessante. L'anno scorso nell'ultima giornata su 5 partite in programma ce n'erano 4 in cui si giocava per qualcosa. Quest'anno ci sono 4 squadre che stanno giocando per vincere il campionato. Prima non era così, c'era la Dinamo davanti a tutti e a volte già a novembre il discorso era chiuso. A livello di croati all'estero abbiamo buoni giocatori e a livello di nazionali possiamo fare molto bene. Il leader è Modric e ci sono grandi giocatori come Brozovic e Perisic. Penso che anche in Qatar faremo un bel Mondiale".

Chiudiamo con una battuta: fino a qualche anno fa in Italia dicevi Vlaovic e pensavano a te. Ora a uno che ha una H in più nel cognome...
"Mi fa un certo effetto devo dire, anche perché i commentatori italiani nel chiamare Vlahovic lo fanno senza aspirare l'H, per cui suona come 'Vlaovic' e mi viene da sorridere, perché sembra che sia tornato a giocare in Serie A (ride, ndr). Devo anche dire che invece in Croazia mi capitava spesso di essere chiamato Vlahovic, con l'H aspirata, perché è un cognome molto comune in Croazia. Detto questo Dusan Vlahovic è un grandissimo giocatore che ha meritato senz'altro questa fama e farà una grande carriera".

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