Manninger: "Dopo il calcio ho riabbracciato il primo amore: la falegnameria"
Si è ritirato nel 2017, a 40 anni, dopo aver girato l'Europa. Alex Manninger si è tolto lo sfizio di farlo a Liverpool, assistendo alla nascita della grande squadra di Jurgen Klopp. Prima una lunga carriera in Italia: Fiorentina, Torino, Bologna, Siena, Udinese e Juventus recita il suo curriculum. Ma anche quattro anni all'Arsenal e qualche ritorno in patria, al Salisburgo. Ora è nuovamente in Austria, a incominciare una nuova vita. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta dei suoi progetti e di come, una volta appese le scarpe, anzi, i guantoni al chiodo, sia necessario reinventarsi.
Cosa fa oggi Alex Manninger?
"Faccio un po' di tutto, al contrario del mio periodo da calciatore. Durante la carriera, del resto, c'era poco tempo per fare quello che forse in una vita normale va fatto: per cui godersi i weekend con la famiglia, costruire la casa, trovarsi un lavoro per i prossimi 20 anni, perché arriverai al momento in cui devi fare qualcosa dopo il calcio".
Meno agi ma più libertà
"In carriera hai la vita programmata, non puoi decidere nulla: né il weekend, né le vacanze. Ho avuto la fortuna di chiudere la mia a 40 anni, me ne sono rimasti altri 40 per fare qualcosa e quindi cerco di fare qualcosa che dia un senso".
L'ha trovato questo qualcosa che dia un senso?
"Sono tornato al primo amore, sapeva che facevo il falegname prima di diventare calciatore?".
Quindi abbiamo un Manninger oggi falegname?
"Ovviamente facciamo una cosa più in grande, perché a fare solo il falegname fai poca strada. Ma questa esperienza e le conoscenze acquisite mi hanno permesso di occuparmi di arredamenti, costruzioni. Ho creato un network con i professionisti, che sono falegnami, muratori, giardinieri. Mi trovo con gli architetti. In pratica se uno ha un terreno o una casa da ristrutturare, quindi con mobili nuovi e finestre nuove ci sono io a occuparmene. È un lavoro che mi piace tanto".
Tornerebbe nel mondo del calcio?
"Non dico di no, ma il calcio è cambiato. Magari tornerò, ma non in un ruolo di campo. Mi vedo più dietro, in ruolo magari organizzativo. Sono molto vicino con i ragazzi della Red Bull Salisburgo e vedo come funziona. Ma ancora non c'è nulla che mi abbia stuzzicato al punto tale da tornare. Lascio comunque la porta aperta, perché in fondo il calcio è stato la mia vita".
Lei ha smesso a 40 anni, un'età ragguardevole per un professionista. Eppure un suo ex compagno di squadra ha fatto meglio
"Buffon? Le dirò, non sono affatto sorpreso. Dava tutto nel calcio, tutta la sua vita e si vede. Gli auguro di poter continuare ancora a lungo, ma so che non è semplice perché il corpo soffre a quell'età. Gigi comunque sa gestirsi".
Donnarumma è colui che ha raccolto il testimone. Può essere il numero uno al mondo nel ruolo?
Donnarumma
"Sicuramente ha i mezzi, la possibilità di fare. È ancora giovane, ha tanto da fare. Non è Buffon ma può diventare a quel livello".
Ripercorrendo la Sua carriera non può certo lamentarsi: Klopp, Conte, Wenger, Mancini fra i suoi allenatori. Praticamente il meglio sulla piazza
"Sono stato fortunato e questo mi ha aiutato nella carriera perché un calciatore, una squadra ha bisogno di un leader. Vorrei anche dire che Mario Beretta mi ha dato tanto e anche Alberto Zaccheroni è stato molto bravo.
Tra i campionati in cui ha militato vediamo, oltre all'Italia: Inghilterra, Germania e Spagna. Manca la Francia per entrare nella ristretta cerchia dei giocatori che hanno militato nei 5 campionati top
"Non è un cruccio anche perché l'esperienza all'Espanyol è da dimenticare, non ho giocato e non la considero nemmeno. E poi io appartengo a una generazione in cui era molto difficile andare all'estero. Sono orgoglioso di quel che ho fatto e non rimpiango di non aver fatto il grande slam".
Un'ultima battuta sulla sua terra, l'Austria. Agli Europei abbiamo notato un movimento calcistico in gran spolvero
"Ora tutti i giocatori sono all'estero ed è un grande vantaggio. E lo fanno in grandi squadre, allenandosi pertanto con grandi giocatori e questo fa la differenza. La grande maggioranza gioca in Bundesliga tedesca, torneo di grande qualità. E poi l'austriaco ti dà il 100%, è un giocatore onesto e lavora per la squadra e questo lo rende appetibili ai club stranieri".