TMW RADIO - Amelia: "Consigliai Meret al Chelsea. Milan, vanno ricostruiti mentalità e gruppo"
L'ex portiere Marco Amelia, oggi allenatore reduce da due esperienze con i dilettanti sulle panchine di Lupa Roma e Vastese, si è collegato in diretta ai microfoni di TMW Radio, nel corso della trasmissione Stadio Aperto, condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini: "Anche io pensavo non si sarebbe più giocato e saremmo passati all'anno successivo e invece è stato fatto un gran lavoro da parte di tutti per far rivivere le emozioni del campo, anche solo in tv. Si riparte subito alla grande, con una finale di Coppa Italia che mette di fronte due squadre che vogliono dimostrare tanto".
Si aspettava questi ritmi così?
"La partita di Torino è sembrata più lenta per una questione di eventi: il Milan è rimasto in dieci dopo 20' e si è chiuso. La Juve ha dovuto giocare diversamente, rischiando poco i contropiedi alla ricerca di spazi per far male. Normale che Napoli-Inter invece sia andata su di ritmo, e si è visto perché se la sono giocata tutte e due a viso aperto. Il gol dell'Inter ha portato il Napoli a scoprirsi, da lì poi entrambe si sono giocate le loro chance e hanno reso bella la partita".
Il ruolo del portiere è cambiato, e gioca di più coi piedi. Che ne pensa?
"Io penso che è vero debba saper giocare con i piedi e con i compagni, ma se non sa parare e non interviene quando deve, finisce per essere giudicato per quello. Nel momento in cui si cerca un calcio di parità o superiorità numerica devi cercare di ripartire dal basso così da crearla, facendo alzare la squadra avversaria. Per quello si cercano portieri che sappiano giocare con i compagni, ma quello è tutto allenabile. Io solo negli ultimi anni ho fatto allenamenti specifici su questo, anni prima li facevo su stare in porta e uscite. Però deve saper parare, altrimenti potrebbe starci benissimo un mediano... Un portiere di alto livello deve essere ancora più completo, senza dimenticarsi di mettere la pezza quando ci vuole".
Finale speciale per Buffon e Meret, due generazioni contro.
"Su Buffon è stato detto tutto e di più, e continua a stupire tutti. Poco da dire, è il migliore della storia e rimane sul pezzo anche a 42 anni, come se fosse un ragazzino, con la voglia di dimostrare. Ha la chance di giocarsi l'ennesimo trofeo della sua carriera e noi che abbiamo condiviso tante esperienze di spogliatoio con lui siamo orgogliosi, è un riferimento per i giovani portieri che vogliono diventare grandi e fare di questo ruolo il loro futuro. Meret per me è tra i migliori in circolazione, quando ero al Chelsea lo consigliai come nome all'allenatore dei portieri, perché è di grande prospettiva e ha mostrato ottime cose sia ad inizio carriera che a Napoli. In questo momento è in ballottaggio con un portiere più esperto, che in passato ne ha vissuti a sua volta con Szczesny e Fabianski, ed è più abituato: fa parte del percorso di crescita che lo trasformerà in un portiere maturo da squadra per i vertici, dove sono convinto che tornerà a lottare il Napoli assieme a Lazio, Inter e Juventus".
Che ne pensa del nuovo corso del Milan?
"Ho giocato nel Milan del 2012, l'ultimo Scudetto, e c'era un'impressione diversa, anche la società aveva una sua identità. Probabilmente non averla, in queste difficoltà societarie, ha segnato le prestazioni della squadra e le scelte che hanno dovuto fare i dirigenti. Oggi ci troviamo davanti ad una rifondazione tecnica e sportiva, visto che Boban è andato via e Maldini non so se rimane, più altre scelte di Gazidis. Una maggiore stabilità permettere a tutti di avere una maggiore identità di club e di squadra, anche con i giocatori che vai a prendere sul mercato. Mi auguro la trovino presto, tornando così noi ad avere una realtà che ha segnato gli ultimi trent'anni di calcio nazionale ed europeo, un club importantissimo nel mondo. Credo che molto passerà anche dalle scelte di alcuni giocatori, vedi Donnarumma e Ibra".
La sensazione è che pesi il passato, e non si riesca quasi a guardare avanti.
"Invece si deve farlo. I Gattuso, i Nesta, i Thiago Silva, i Pirlo, i Seedorf non esistono più, un gruppo vincente va ricreato. Quando sei abituato ad una bella poltrona e ti ritrovi su una sedia rigida, non è facile accettare la realtà. Il Milan comunque ha una tifoseria con una grande cultura sportiva, i suoi tifosi sono stati esemplari, da altre parti probabilmente ci sarebbe stata la rivolta. Mi auguro veramente che la società torni ad alti livelli perché lo merita e lì deve stare".
Oggi ricorre lo Scudetto vinto dalla Roma.
"Diciannove anni non sono pochi... Bello, ero un ragazzino e ho vinto uno Scudetto da giocatore-tifoso, una grandissima soddisfazione. Mi dispiace che da allora però la Roma, pur lottando qualche anno, non è mai più riuscita ad arrivare fino in fondo. Dispiace perché Roma è una piazza che dà motivazioni incredibili, e quella vittoria è un orgoglio per me che sono nato e cresciuto lì. Meraviglioso, se ci ripenso oggi mi vengono i brividi".
Lei ha giocato con Gattuso. Quanto è bravo da allenatore, e chi le ricorda?
"Per me ha una sua identità. Riesce ad abbinare il carisma che aveva da giocatore ad una tranquillità che sa dare a giocatori ed ambiente, imparata da allenatori come Lippi ed Ancelotti, che hanno segnato la sua carriera. Questo mix è vincente, soprattutto in una realtà come Napoli: dopo le difficoltà di inizio anni, Rino ha dimostrato tanto, di saperci stare e poter fare le cose con qualità. La finale di Coppa Italia e i risultati che arrivavano ultimamente non sono un caso. Così come giocatori che prima di lui volevano andar via, ed oggi rinnovano magari il contratto, vedi Mertens. Penso avesse offerte in tutta Europa, ma vuole rimanere a Napoli perché sa che l'ambiente tornerà vincente e dall'anno prossimo tornerà a lottare per il titolo".
Come si è trovato ad allenare in Serie D? E come si partirà in autunno?
"Nessuno lo sa, e i dilettanti rappresentano la maggior parte numerica del calcio. Si spera di ripartire in maniera serena e tranquilla, ma la mancata ripresa la dice lunga sulle categorie: non si sostengono e vanno avanti solo grazie ai sacrifici dei presidenti. Ho vissuto due esperienze che mi hanno insegnato tanto, mi confrontavo con realtà difficili da vivere quando sono abituato a rapportarmi col professionismo. Ma ho imparato a gestire emozioni, squadra e problematiche legate all'ambiente. Sono convinto che ci sia da fare gavetta, e io ho deciso di farla in questo modo. Sono convinto che mi aiuterà tanto nel prosieguo, con maggiori certezze. So già che i prossimi anni devono essere così, ho visto i grandi allenatori, e Allegri ha iniziato in C2, idem Lippi in C. Sono pochi quelli come Zidane o Capello, messi lì e capaci di vincere subito. Ma sono pochi, e anche Sarri ne è un esempio: la gavetta è fondamentale, ti forma e ti permette di essere pronto al momento di chiamate in Serie A o B, per me è il percorso giusto da fare".