Marino Magrin, "Il Professore" che divenne grande a Bergamo


"Salire in cattedra e insegnare calcio", un termine spesso abusato nel mondo del pallone, ma non è il caso di Marino Magrin uno dei centrocampisti più talentuosi della storia dell'Atalanta e del calcio italiano. E protagonista della nuova puntata di Storie di Calcio su TMW Radio. Un centrocampista più alla Tardelli che alla Platini, come ha sempre confermato. Era però per tutto "Il Professore", perché davvero insegnava calcio.
Dagli esordi con i dilettanti del Bassano Virtus, Magrin passa prima al Montebelluna, in Serie D, poi nel 1980 va al Mantova che milita in Serie C1. In biancorosso Magrin resta solo un anno e arriva all'Atalanta, appena scesa in Serie C1. Nel giro di tre stagioni i nerazzurri conquistano la massima serie e debutta in Serie A tre giorni dopo il suo 25º compleanno, il 16 settembre 1984, nell'1-1 contro l'Inter. Resta a Bergamo fino al giugno 1987, sommando 192 presenze e 40 gol, per poi passare alla Juventus dopo l'addio di Platini. Due le stagioni in bianconero, poi l'esperienza all'Hellas Verona e il ritiro con il suo Bassano.
"Più che un professore, sono stato un giocatore che ha amato sempre il pallone - ha ammesso -. Mi sono divertito nella squadra di casa, sono cresciuto con Rivera e vedevo in lui quella classe e carisma che volevo avere, e che volevano avere in tanti a quell'epoca". Sugli inizi della sua carriera poi ha confessato: "Ho perso nel '66 mio padre, mia madre ha fatto sacrifici enormi con 4 figli ancora piccoli. E' stata una situazione dura, ma ringraziando la Provvidenza siamo stati bene e siamo andati presto a lavorare. E da lì ho avuto la fortuna, dopo aver cominciato al Bassano e il passaggio al Montebelluna, di avere i permessi dal mio datore di lavoro di andarmi ad allenare".
Il suo piede fatato è stata la sua arma in più. E Magrin ha raccontato come è nato questo suo segno distintivo: "La passione è nata quando a 16 anni il mister degli Allievi dopo gli allenamenti mi faceva fermare conaltri ragazzi a calciare, e da lì ho cominciato a provare le punizioni. Con Ottavio Bianchi mi ricordo che parlò di una sfida di Serie A che era stata decisa da Platini su punizione, per far capire che anche con questi colpi si risolvono le partite. E io dissi 'Eh ma è facile', tutti, compreso il mister, mi dissero che la facevo facile e che dovevo dimostrarlo. E allora calciai una punizione che toccò l'incrocio ed entrò. E così, anche se per uno sfottò, cominciai con le punizioni a segnare". Ma ha anche confessato: "Oggi fasso l'osservatore per le giovanili, vado tanto nei campetti, negli oratori, e i ragazzi, ma non solo, che incontro mi ricordano il mio modo di calciare le punizioni".
Impossibile poi non parlare dei suoi anni in nerazzurro con l'Atalanta: "E' stato un impatto forte fin dal primo anno. Feci il ritiro per la prima volta con Bianchi, c'erano tutti giocatori che avevano giocato tra A e B. Fare due settimane con loro in ritiro a 20-21 anni fu incredibile. Dovevo guadagnarmi il posto, ma feci subito gol alla prima amichevole, e sentii i brividi. Ricordo che alle visite mediche c'era il dg Previtali, che dopo esserci salutati mi portò allo stadio e mi disse chiaramente che mi aveva preso per andare in Serie B. Un ragazzo, sentire una persona che ti dice così quando due anni prima lavoravo in fabbrica, fu incredibile. E vincemmo il campionato. Mi ricordo quando con Sonetti arrivò, addirittura in gruppo esagerarono e mi chiamavano 'Zico dei poveri'".
Impossibile poi non parlare del suo approdo alla Juventus, per sostituire un grande come Platini: "Lui era grande sotto tanti punti di vista, non solo in campo ma anche psicologicamente. Forse anche lui però diede un input alla società per prendermi, anche se so che anche Maradona mi voleva a Napoli. Non pensavo di andare alla Juve, anche se c'era un legame già tra Atalanta e Juve, con diversi giocatori che andarono in quegli anni in bianconero. Quando arrivai a Torino, feci un colloquio con Boniperti e mi disse che mi avrebbe dato la maglia numero 8, ma dissi che mi sarei dovuto conquistare la 10. Ma anni prima io avevo già indossato la 8, che forse è stata la mia preferita".
E lì ha stretto un rapporto speciale con Scirea: "Mi ricordo che mi trovai subito a cambiarmi negli spogliatoi accanto a lui e Vignola. Somigliava un po' a me. E' stato un esempio per me, più di un amico. E' sempre nei miei pensieri".
