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L'eroe sbucato dal nulla, nell'estate delle Notti Magiche. E dei tantissimi rimpianti

L'eroe sbucato dal nulla, nell'estate delle Notti Magiche. E dei tantissimi rimpianti TUTTO mercato WEB
ieri alle 10:53Serie A
di Andrea Losapio

Carneade di Cirene non era Platone, come non era Socrate. Era un filosofo, sì, anche di discreta importanza, avendo formato la terza accademia di Atene. La sua conoscenza per la cultura popolare però deriva non da quanto fatto in vita, ma da come riportato nell'ottavo capitolo dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, quando viene menzionato mentre Don Abbondio legge fra sé e sé il panegirico per San Carlo Borromeo. "Carneade! Chi era costui?". È diventato il metro di paragone per chi, poco conosciuto, sale agli onori delle cronache.

Salvatore Schillaci non era Marco Van Basten o Gianluca Vialli. Era un simbolo del Messina dove nel 1988-89 aveva segnato 23 gol in Serie B, guadagnandosi il passaggio alla Juventus di Dino Zoff e Giampiero Boniperti. L'anno successivo era quello propedeutico ai Mondiali italiani, con i bianconeri che vinceranno Coppa UEFA e Coppa Italia, con Schillaci che segnerà 21 gol in tutte le competizioni. Come se Joel Pojahnpalo dal Venezia fosse finito all'Inter, portandola a suon di gol a vincere due trofei.

Era un'altra epoca. Per arrivare in Nazionale serviva fare bene, continuativamente, la concorrenza c'era eccome. I calciatori stranieri erano pochi, dunque non serviva nemmeno esportare talento. Li avevamo in casa. Così davanti, nel 1990, c'erano Roberto Baggio e Roberto Mancini, Gianluca Vialli, Andrea Carnevale e Aldo Serena. Con questo gran parterre iniziava il Mondiale casalingo, quello delle "Notti Magiche". Quello di Salvatore Schillaci. Esce dalla panchina e la sblocca a dodici minuti dalla fine contro l'Austria. Stallo contro gli Stati Uniti (in gol Giannini), poi dopo nove minuti di nuovo gol con la Cecoslovacchia, quando diventa titolare e non ne esce più.

Sembra la bella storia di chi esce dal quartiere di Palermo e diventa il simbolo d'Italia. Almeno per un'estate, quella magica e indimenticabile che si apre con la sorpresa Camerun e si chiude con i fischi a Maradona. Nel mezzo, appunto, il riscatto sociale di chi era partito dal basso, bassissimo, con amici che finiscono nel tritacarne della mafia degli anni ottanta-novanta. L'Italia uscirà per un errore di Zenga, l'unico in quella Coppa del Mondo, mentre Schillaci dopo due anni di Juventus finirà all'Inter, senza brillare. Poi in Giappone, vincendo il campionato con il Jubilo Iwata. Secondo nel 1990 al Pallone d'Oro, dietro a Lothar Matthaus, vincitore.

Diversamente da Carneade, Schillaci se lo ricorderanno tutti per quanto fatto in quel meraviglioso giugno, quando l'Italia era al centro del mondo, calcistico e non.

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