Dalla Cavese all'Ungheria passando per l'Honved: la storia del ct Rossi. Commercialista mancato
Non è stato un percorso banale quello di Marco Rossi, il commissario tecnico dell'Ungheria che stasera a 57 anni - per la prima volta nella sua carriera - sfiderà l'Italia da commissario tecnico. Non lo fu da calciatore, quando lasciò l'Italia per giocare prima in Messico e poi in Germania, e non lo è stato da allenatore. Al pagare per allenare in Lega Pro, Rossi ha preferito l'Ungheria. Quell'Honved che l'ha portato indietro con la memoria - ai racconti del nonno - e avanti con la carriera. E' approdato in Ungheria nel 2012, grazie a un viaggio a Budapest che - almeno inizialmente - non doveva essere di lavoro, ma ha vinto solo nel 2017. Dopo essersi dimesso e poi tornato nel mezzo del cammino.
Prima di sbarcare in Ungheria, Marco Rossi in Italia vagava tra panchine di Serie C e Serie D. La decisione di cambiare tutto, ancora una volta, arrivò dopo l'avventura alla Cavese: fermo per più di un anno, in quel lasso di tempo ricevette chiamate solo per allenare pagando di tasca propria. Capì che quello non era più il suo mondo: era pronto a un corso di formazione per entrare nello studio commercialista del fratello. Ma un summit non programmato, figlio di una chiamata estemporanea, diede il via all'avventura all'Honved, club che ha lasciato dopo la vittoria del campionato. "Non c'erano margini per competere ad alti livello con un budget così ridotto", così Rossi - dopo il titolo - spiegò la decisione di lasciare l'Honved per approdare in Slovacchia, all'FK DAK.
La Slovacchia però sarà una parentesi perché nel 2018 la chiamata della federazione è il segnale che l'Ungheria non l'ha dimenticato. Anzi. Mai scelta fu più corretta per entrambi. L'Ungheria con Rossi in panchina ha disputato un Europeo da applausi, pareggiando contro Francia e Germania in un girone di ferro che comprendeva anche il Portogallo. Un girone, per difficoltà, simile a quello dell'attuale Nations League, dove gli ungheresi hanno già battuto l'Inghilterra 1-0 nella prima giornata.
Non sono risultati banali, tutt'altro. Perché l'Ungheria è squadra modesta, con pochi giocatori che militano fuori dai confini nazionali, diventata difficile da affrontare proprio grazie all'ottima organizzazione costruita dal ct. Un'organizzazione basata sulla solidità difensiva, su precisi dettami tattici, sull'estro della stella Szoboszlai e sull'umiltà di un ct che stasera - a 57 anni - vivrà uno dei momenti più significativi della sua carriera. Contro quel Mancini che nel 1993 sponsorizzò più di chiunque altro il suo approdo alla Sampdoria.