Che fine ha fatto… Andrea Montresor: dalla Nazionale alla Promozione
Terzo appuntamento con “Che fine ha fatto…”, viaggio alla riscoperta dei talenti transitati dagli Almanacchi LGI, senza però riuscire a imporsi nel calcio professionistico. Dopo le puntate dedicate a Franchini e Di Benedetto, oggi è il turno di Andrea Montresor, terzino classe 1993 che ha fatto tutta la trafila nelle giovanili gialloblu del ChievoVerona, e che era presente nella primissima edizione dell'Almanacco LGI nel 2011.
Ciao Andrea, ci racconti come è iniziata la tua esperienza al Chievo?
"Sono entrato a far parte della famiglia del Chievo a 10 anni. Dopo i primi provini, non ho avuto dubbi che fosse la squadra giusta e ho accettato subito. Gli anni del settore giovanile sono stati davvero splendidi, mi son trovato benissimo ricevendo tanto da tutto l’ambiente ma soprattutto ho avuto la possibilità di vivere il Chievo a 360°, ad esempio facendo il raccattapalle allo stadio nei primi anni di Serie A. Negli anni degli Allievi Nazionali, inoltre, ho avuto l’enorme soddisfazione di essere aggregato in prima squadra per alcuni allenamenti e confrontarmi con senatori del calibro di Sorrentino e Marcolini".
Col salto in Primavera, però, le cose si sono fatte complicate.
"Durante gli anni della Primavera purtroppo ho vissuto una situazione strana sia a causa di un rapporto non ottimale che avevo col mister ma anche a causa di un mio atteggiamento che poteva sembrare indolente: difatti, ero titolare nella Nazionale Under 18 di mister Evani (con Almici e Sabelli come riserve) mentre al Chievo mi dividevo tra panchina e tribuna. Io non riuscivo a capire la situazione ma non ero abbastanza forte mentalmente da riuscire a dimostrare che si sbagliava e riconquistare il posto da titolare. Così sono andato in prestito al Santarcangelo in C2, ambiente perfetto per fare crescere un giovane, ma rientrato dal prestito a causa di alcune vicissitudini si è chiuso il rapporto con il Chievo".
A questo punto hai scelto di continuare a giocare sempre in squadre nella tua zona.
"Conclusa l'esperienza al Chievo son andato alla Sambonifacese in Serie D, avventura iniziata bene ma non continuata allo stesso modo a causa di alcuni problemi economici che hanno portato la società a vendere i calciatori non della zona. L’anno successivo son rimasto in serie D a Villafranca e adesso gioco da cinque anni in Promozione al Lugagnano, nonostante i tanti infortuni gravi che mi son capitati (rottura del legamento crociato al secondo anno al Lugagnano e successivamente frattura del perone, ndr.). Ciò che manca adesso durante questo periodo è sicuramente ritrovarsi con i compagni e fare gruppo, fattore che ha un’importanza straordinaria in queste categorie".
Ci hai anticipato la tua felice esperienza nelle nazionali giovanili.
"Ho avuto la fortuna e il privilegio di far parte del gruppo azzurro a partire da alcuni raduni con l’Under 15 di mister Rocca. Ricordo ancora con emozione la mia prima presenza in Under 16 contro il Belgio (partita terminata 1-1) con in squadra compagni come Sturaro e Bianchetti. L’emozione sicuramente più grande è stata l'aver festeggiato il mio 18° compleanno vestendo la maglia dell’Under 18 in un’amichevole contro l’Inghilterra, a Carpi, in uno stadio pieno e sotto gli occhi di Arrigo Sacchi. Questa è la cosa più bella del far parte della Nazionale: sapere che in quel momento sei considerato tra i migliori in Italia nel tuo ruolo e poterti allenare e dimostrare quanto vali sotto lo sguardo di persone come Sacchi o i vari mister che ho avuto in quegli anni".
Di cosa ti occupi oggi fuori dal campo e quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?
"Da qualche anno sono entrato a far parte dell’azienda di famiglia che si occupa di costruzioni in acciaio (MBM S.p.A., ndr.) che in questi anni ha visto commissionati importanti lavori in tutta Italia, ad esempio la copertura dello Juventus Stadium o le due torri in zona City Life a Milano. Ho iniziato la mia gavetta lavorando come operaio per due anni e adesso mi occupo dell’ufficio acquisti. È un lavoro che dà tanto a livello personale soprattutto per il clima che si respira al suo interno. Certo, rimpiango il fatto che avrei potuto dare di più in campo a livello calcistico ma son soddisfatto di dove sono arrivato e adesso vivo il calcio come una valvola di sfogo dopo una giornata lavorativa. Obiettivi per il futuro? Sicuramente impormi nel mio lavoro e continuare a giocare a calcio vicino casa: sarei contento se arrivasse una chiamata dalla Serie D, ma la priorità resta sempre quella di coniugare lavoro e sport".