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L’esordio in A col Milan, il paragone con Ribery e ora la Feralpi: l’intervista a Di Molfetta

L’esordio in A col Milan, il paragone con Ribery e ora la Feralpi: l’intervista a Di MolfettaTUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
lunedì 11 novembre 2024, 09:30La Giovane Italia
di La Giovane Italia
Dall’oratorio fino all’esordio in Serie A, oggi con la Feralpisalò: "I miei obiettivi? Voglio vincere il campionato".

Come tanti ragazzi, ha iniziato a giocare a calcio nella squadra dell’oratorio, quando ancora diventare un calciatore era solo un sogno. Davide Di Molfetta muove i primi passi nella Rondinella, squadra di Sesto San Giovanni, dove resta per due anni. Ci racconta di non ricordare molto di quell’esperienza, dato che era molto piccolo, e poco dopo è stato subito notato dal Milan. “Crescere al Milan è stato bellissimo, mi ha insegnato tanto a livello personale, oltre che dal punto di vista calcistico. Sono stato bravo e fortunato a sfruttare al meglio questa opportunità. Mi ha dato valori importanti e il ricordo di quando sono arrivato a Milanello per allenarmi è una soddisfazione incredibile che porterò con me per tutta la vita”.

Partiamo da Milanello e del tuo esordio in Serie A, in un momento delicato per il Milan. Che emozione è stata? Cosa ti ha colpito di più?
“Non era un momento facile per la squadra, ma diciamo che il mio esordio era nell’aria. Era da qualche mese che mi allenavo con la prima squadra, con Inzaghi allenatore (n.d.r. Filippo), che avevo già avuto in Primavera. Il mio esordio sarebbe dovuto arrivare prima, a San Siro contro il Torino, ma rimanemmo in dieci e saltò tutto. Per fortuna, nell’ultima partita a Bergamo contro l’Atalanta sono riuscito a esordire. Entrai al posto di Bonaventura, che aveva fatto doppietta da ex. Lui era molto amato a Bergamo e uscì con la standing ovation. È stato davvero emozionante”.

Ti hanno spesso paragonato a Pedro Rodriguez, Paolo Di Canio e Franck Ribery. A chi ti senti più vicino come giocatore?
“È una domanda difficile, non so come rispondere. Se non ricordo male il paragone con Di Canio lo fece Stefano Nava, che avevo avuto come allenatore. Ho ricoperto molti ruoli negli ultimi anni: mezzala, esterno, trequartista, centrocampista offensivo. Quindi direi che mi rivedo in un giocatore duttile, capace di adattarsi”.

Chi era il tuo idolo da piccolo? Oggi ti ispiri a qualcuno?
“Da piccolo, il mio idolo era Cristiano Ronaldo, soprattutto nei suoi anni al Manchester United e nei primi anni al Real Madrid. Attualmente non saprei…”.

Davide Di Molfetta come idolo?
“Esatto…(ride)”.

Brocchi e Inzaghi, che hai avuto come allenatori, cosa ti hanno lasciato?
“È stato un onore essere allenato da loro. Quando giravano le prime voci che sarebbero stati i nostri allenatori, ero emozionatissimo. Fino a poco prima li guardavo vincere in TV: due giocatori che avevano vinto tutto. Come ho già detto, crescere nel Milan ti trasmette valori importanti. Entrambi mi hanno insegnato la mentalità professionistica. Brocchi si concentrava molto sulla tecnica; negli allenamenti lavoravamo molto sulla gestione della palla e sulle fasi di possesso. Inzaghi, invece, puntava molto sulla tattica e sul lavoro intenso. Sapevo che avrebbero fatto molto bene come allenatori anche per le prime squadre".

Raccontaci delle tue prime esperienze con i professionisti
“Il primo anno con i grandi è stato delicato; non sono arrivato a Benevento con la mentalità giusta. Pensavo che, dopo la Primavera del Milan, avrei trovato facilmente una Serie B, ma non è stato così. Sono arrivato a Benevento negli ultimi giorni di mercato, non ero molto convinto. Le prime partite le ho giocate, ma poi la rosa si è rivelata molto competitiva, c’era anche Ciciretti e ho iniziato a trovare meno spazio. Non ebbi la pazienza di aspettare; non ero abituato a non giocare. Sono stati sei mesi particolari, poi sono andato a Rimini. L’anno successivo, con lo stesso mister di Rimini, andai a Prato, poi a Vicenza, Piacenza, Catania, Mantova e infine qui alla Feralpisalò”.

Tra tutte queste esperienze, quale ti ha segnato di più rendendoti il giocatore che sei oggi?
“Sicuramente Benevento mi ha insegnato molto. Uscire dalle Primavere non garantisce un posto sicuro tra i titolari in Serie C. Non funziona così e quella parentesi me lo ha fatto capire. Poi ho giocato in piazze importanti e con molte pressioni, come Vicenza e Catania. Lì sono cresciuto a livello mentale. Ma l’anno che mi ha segnato di più è stato vincere il campionato alla Feralpisalò, conquistando la Serie B".

Parliamo della Feralpisalò e della stagione attuale. Quali obiettivi ti sei posto?
“Non siamo partiti benissimo, abbiamo perso qualche punto all’inizio. Era prevedibile, abbiamo risentito della retrocessione dello scorso anno. Non era facile ripartire con un nuovo staff e un metodo di lavoro diverso. Tanti nuovi compagni di squadra. Adesso abbiamo trovato equilibrio e mentalità. Dobbiamo continuare così senza accontentarci. Noi stiamo facendo tanti punti, ma il Padova ne sta facendo ancora di più. Personalmente sono contento: ho segnato due gol dopo aver saltato tre partite a inizio anno per infortunio. Sono tornato bene e voglio continuare su questa strada".

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