De Zerbi: gli elogi del calcio vero, il silenzio sospetto di alcuni e due guide che raccontano tutto del suo “come fare le cose”
“La frase indispensabile in qualsiasi progetto è: come fare le cose. Apparteniamo a un'epoca e a una società in cui tutto ciò che è un trionfo viene benedetto e tutto ciò che non è trionfo non viene perdonato. Ma il modo in cui si fanno le cose è più importante di quello che si ottiene".
Il monito di Marcelo Bielsa sarebbe controfirmato col sangue da Roberto De Zerbi, e non solo perché il tecnico bresciano ha una vera adorazione per il Loco (condivisa peraltro da tutti quelli che amano realmente il calcio), ma perché a uno come lui interessa anche se non soprattutto il “come”.
La proposta di gioco di De Zerbi è diversa da quella di Bielsa, ma lo spirito è lo stesso. E quel “come”, che parte dall’approccio alla professione e che comprende le visioni dell’uomo su calcio e vita, è quello che li accomuna. I numeri puoi anche girarli come vuoi, così come paragoni, raffronti, percentuali e algoritmi. Ma poi ci sono gli uomini e il loro calcio, che è coraggio e lavoro. Mi ha detto sempre Roberto: “C’è chi specula e c’è chi studia. Chi lavora e chi scommette e crede nell’episodio. Io credo nell’evoluzione, nella strategia. Nel lavoro, credo soprattutto nel lavoro di ogni giorno. E quindi mi approccio alle partite con il sangue agli occhi, cerco di trasmettere questa mia ferocia ai giocatori. Io vedo Bielsa così, non va al compromesso. “E, ma sai, il risultato” ti dicono, ma non è il risultato, il concetto... non è il risultato di per sé, perché io al 90’ sono capace anche di mettere due portieri, non è quello. Non sono disposto, invece, ad andare aspettare l’altra squadra, ad attendere che qualcosa succeda. Non sono io.” Ha aggiunto poi in un suo intervento tempo fa alla BoboTV: “ Non transigo sul coraggio che devono avere i miei giocatori. non interessa che mi seguano come robot, io i soldatini non li voglio, voglio calciatori e quindi uomini pensanti, in campo”.
Torniamo un attimo all’incontro tra i due, avvenuto in Francia, a Lille. Per trovare, in Bielsa, proprio De Zerbi mi ha detto in una intervista poi finita sul libro che ho scritto sul Loco: “ È di un livello unico e inarrivabile. Ti arriva con una profondità che ti scuote per forza. C’è poi una cosa che di lui adoro soprattutto, il fatto che riconduca sempre il calcio alla vita, alla strada, alla gente... è una cosa che mi fa andare al settimo cielo. Perché ama talmente il calcio che riesce a trovare un parallelo continuo con la vita di tutti i giorni. Lo trova in maniera chiara, ti convince su tutto. Chi ama il proprio lavoro, prende spunto dal proprio lavoro per la vita e viceversa".
In questi giorni di continuo riferimento alle frasi di Giannis Antetokounmpo, viene sempre in mente Bielsa. Che dai media italiani è molto spesso trattato con sufficienza. Così come tanti media italiani, stampa e tv, si occupano ancora poco e con un po’ di fastidio del lavoro straordinario di Roberto De Zerbi, un tecnico che tutto il mondo, da tempo oramai, studia e analizza. Perché in Italia rimane tutto, nella migliori delle ipotesi, nell’ombra?
Nella sua avventura in Inghilterra, il miglior campionato del pianeta, eccolo ricevere elogi sperticati dai suoi colleghi, da Klopp (“la partita di Brighton del week end è una delle più belle che ho visto nella mia vita, wow De Zerbi") a Guardiola: “qui da noi abbiamo De Zerbi che sta cambiando tante cose nel calcio inglese, facendo un calcio meraviglioso. Si diceva che qui in Inghilterra non si potesse fare, ma lo sto facendo”, in risposta allo studio di Sky dove era presente Fabio Capello, allenatore di De Zerbi nella Primavera del Milan, una vita calcisticamente geologica fa. Un’ammirazione, quella di Pep, trasformata in plagio, viste le ultime uscite dal basso proposte dal suo City che hanno un chiaro marchio di fabbrica che viene da Brescia, città peraltro amata dal tecnico catalano. L’interesse di veterani della Premier (si parla di Jamie Milner pronto a trasferirsi a Brighton per lavorare col tecnico italiano) incrocia gli elogi ricevuti in questi mesi si moltiplicano ogni giorno, buon ultimo Julen Lopetegui, ex tecnico di Siviglia, Spagna e Real Madrid che prima della gara poi persa 6-0 dal suo Wolverhampton contro il Brighton aveva parlato di “miglior calcio al mondo” riferito ai Seagulls, ed è stato, suo malgrado, profeta, venendo travolta dall’onda bianco-blu. Un’onda gigante che Roberto De Zerbi ha catalogato come la miglior partita della sua squadra. Una celebrazione forse forzata (il Brighton ha giocato altre stupende partite ) ma che evidenzia anche la volontà di celebrare alcuni giocatori che hanno avuto meno minuti nella stagione (Gilmour, su tutti), ma che hanno performato alla grande. Insomma, come sempre: la celebrazione dell’uomo prima del calciatore. Moises Caicedo, Alexis Mac Allister, Kaoru Mitoma sono i giocatori che tutti i big club stanno cercando (quanto sono migliorati loro pure, è evidente), ma, da Roberto, gli elogi saranno condivisi anche con Pascal Gross e Lewis Dunk. Se il tedesco aveva un passato di cultura calcistica già sviluppata (in Germania aveva iniziato sotto Rangnick all’Hoffenheim e messo in mostra con l’Ingolstadt dei miracoli di Hasenhüttl), del centrale inglese si erano palesato solo le classiche giocate “pure british”, ma non aveva ancora incontrato De Zerbi. A cui una volta avevo scritto, dopo le prime partite col Brighton: “mi commuove l’applicazione di un giocatore come Dunk”, a cui mai avevo visto fare quelle imbucate da dietro. Risposta, letterale di De Zerbi: “E’ un giocatore molto forte, e sottovalutato”. Ma la lista potrebbe essere infinita, arrivando fino a Steel, pluritrentenne portiere con una presenza in Premier diventato protagonista di aperture coi piedi degne di Ter Stegen.
Ma con un minimo comune denominatore: sempre per il discorso dei giocatori pensanti e dei soldatini. Mi viene in mente il celebre discorso di Kalvin Phillips all’addio di Bielsa: “ Marcelo ha visto in me, caratteristiche che io non sapevo nemmeno di avere”. Lì si tocca l’uomo, la sua testa, il calciatore viene di conseguenza. Ma lì si “trasformano” i giocatori, lì il Brighton diventa quella macchina gioiosa di calcio che tutto il Mondo ammira. E scrivo “gioiosa” pensando a come lo direbbe Silvio Baldini, uno dei grandi maestri ed amici di De Zerbi, tecnico e uomo che mescola sempre valori e calcio, protagonista della straordinaria cavalcata del Palermo, il “sogno” di una città divenuto realtà solo per la visione di un uomo. E che il calcio italiano non ha ancora coinvolto su un progetto vero, permettendosi spesso etichette vuote o offensive per raccontare un uomo come Baldini. In fondo, è lo stesso mondo che scopre improvvisamente la bontà del lavoro di De Zerbi o, peggio, quello che gli mette la sordina. Però, per fortuna, c’è l’amore, come direbbe ancora Baldini. Che è la passione della gente, che oggi ha gli strumenti per vedere il Brighton, per farsi una opinione sua, per abbeverarsi a fonti alternative, molto spesso estere. Ci sono gli appassionati che attendono le gare del Brighton, i tifosi che vorrebbero domani proprio lui sulla panchina della propria squadra, i giovani allenatori pronti a osservare nei dettagli il suo lavoro: c’è la stima, l’ammirazione, il piacere. C’è la gioia. C’è il calcio, che può avere anche un’altra voce. Più vera, più giusta.