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Osio, l'uomo delle prime volte: "Il Parma, il Brasile e le partite spostate per le telenovelas"

ESCLUSIVA TMW - Osio, l'uomo delle prime volte: "Il Parma, il Brasile e le partite spostate per le telenovelas"
© foto di Federico De Luca
mercoledì 28 luglio 2021, 10:03Che fine ha fatto?
di Gaetano Mocciaro

Marco Osio è l'uomo delle prime volte: il battesimo dell'Empoli in Serie A, deciso da un suo gol niente meno che all'Inter. Ma anche la rete del 2-0 alla Juventus in finale di Coppa Italia nel 1992, che regala il primo di una lunga serie di trofei a una squadra che diverrà negli anni '90 una delle grandi d'Europa. Infine l'esperienza al Palmeiras, primo caso di giocatore di Serie A che lascia quel che era il campionato più bello al mondo per volare in Brasile. Oggi a 55 anni Osio ha cercato strade nuove, pur non abbandonando del tutto il mondo del calcio. Ai microfoni di Tuttomercatoweb abbiamo ripercorso insieme la sua carriera:

Cosa fa oggi Marco Osio?
"Sto allenando ragazzini a Parma del 2007, mi sono fermato un pochino. Adesso c'è un progetto che non vorrei svelare".

Lei si è anche occupato anche di app per smartphone
"Avevo investito perché credevo molto nel web. Avevo dei progetti molto interessanti. Un social di foto e video, prima che ci fosse il boom di Instagram. Sul mercato ci fu un grande riscontro in Asia, l'app piaceva: potevi piazzare la foto e ti usciva già dove eri piazzato. Potevo girare per strada, fare una foto a un negozio e mandarla direttamente a chi volevo io".

Parliamo di calcio: a Parma è ancora per tutti "Il sindaco". Eppure non è mai più rientrato nel club
"È un paradosso che non mi abbiano chiamato, viste le varie vicissitudini come i fallimenti di Tanzi e Ghirardi. Ci sono stati dei cambiamenti dove secondo me le figure che potevano essere viste bene, potevano essere presenti dovevano essere prese in considerazione. Eppure fermano per strada, mi fanno domande sul Parma. Se fosse per i tifosi io e Melli saremmo all'interno della società".

Marco Osio è l'uomo dei gol storici: il primo in A dell'Empoli, che è valso la vittoria e il gol decisivo che ha permesso al Parma di sollevare il primo trofeo, la Coppa Italia del 1992
"Un po' di eventi favorevoli mi hanno permesso di entrare nella storia di varie società. A Empoli segnai contro l'Inter il gol della prima vittoria e fu mio anche il gol a Como che valse la salvezza. La rete del definitivo 2-0 alla Juve che ha permesso al Parma di vincere la Coppa Italia è stata la consacrazione per entrare nell'élite del calcio italiano".

Il momento più bello?
"La vittoria in Coppa Italia contro la Juve regina d'Europa e d'Italia. Lì abbiamo capito di essere diventati grandi. E da lì è partita la storia. Tra i momenti più belli aggiungo la vittoria della Coppa delle Coppe a Wembley".

Da Parma a Torino, sponda granata
"Per me era finito un ciclo, magari sbagliando. Avevo ancora un anno di contratto, non mi piacevano più tante cose e a quel punto ho chiesto di essere ceduto. Avevo delle richieste e ho preferito lasciare quel Parma. Col senno di poi magari era meglio non farlo".

C'erano altre squadre che la seguivano?
"La prima società che si era presentata è stata il Monaco di Arsène Wenger, ma poi hanno preferito prendere Scifo dal Torino. C'era su di me anche la Samp che mi cercava tutti gli anni, non si è fatta neanche lì perché all'ultimo e anche a sorpresa presero Gullit, che sembrava a un passo dal Torino. A quel punto fui proprio io ad andare al Toro. Ma lo feci con gioia, perché ero cresciuto calcisticamente in granata, ero un ragazzo del Filadelfia e avevo conservato ottimi ricordi. Purtroppo gli infortuni mi hanno fatto avere due anni tragici".

Il suo nome è legato anche all'esperienza al Palmeiras: primo italiano a giocare in Brasile
"All'epoca la società è controllata da Parmalat: mi chiamano e mi dicono che lì si è liberato un posto da straniero. Hi accettato subito volentieri perché le sfide mi sono sempre piaciute, quelle strane di più. I brasiliani scappano da noi, io ho fatto il contrario".

All'epoca fu una cosa sorprendente, considerato che gli italiani in quel periodo erano a dir poco restii a lasciare il Paese
"Noi italiani siamo come i brasiliani, soffriamo di saudade. Io sarei andato in India, Cina e qualsiasi altro posto al mondo. I giocatori preferiscono la comfort zone del campionato importante. Personalmente la scelta del Brasile la rifarei, sarei andato anche ad allenare".

Che esperienza è stata?
"Mi sono trovato molto bene. Ero in una megalopoli come Sao Paulo, un po' come vivere a New York. Eravamo nel 1995 e già allora lì trovavi i ristoranti aperti 24 ore su 24, quando a Parma faticavi a trovare un bar aperto dopo le 22. A livello sportivo ho avuto un problema col tecnico Carlos Alberto: fece un'intervista nella quale ammetteva di non essere d'accordo con la società sul mio acquisto, disse che non ero Baggio. Per fortuna i giocatori si schierarono con me. Ho avuto la possibilità di giocare con Cafu, Rivaldo, Marcos, Djalminha, Antonio Carlos Zago. Abbiamo vinto anche il campionato paulista, mi sono portato a casa un trofeo. Ho giochicchiato, non ero titolare. Con l'arrivo di Vanderlei Luxemburgo ho avuto più chances. Certo, non era facile giocare in quel gruppo, mi sono ritagliato il mio spazio anche se non mi sono sentito tutelato in quanto straniero, potevano darmi più chances ma è stata una bellissima esperienza".

Un aneddoto sull'esperienza brasiliana?
"Sembra assurdo ma ai tempi spostavano le partite per le telenovelas. Abbiamo giocato molte partite fuori orario per non andare in concomitanza con la telenovela del momento. Roba da non credere. E anche il carnevale, altro evento che ferma tutto. O i campionati di samba, dove anche lì ci sono meccanismi di con promozione e retrocessione".

Giocatore più forte col quale ha giocato?
"Ne dico due: Cafu e Asprilla. Tino in quegli anni lì era tra i primi 5 al mondo: aveva forza fisica, tecnica, acrobazia, tutto. Ricordo che in una partita zoppicava per un taglio che gli aveva lacerato i muscoli, entrò nel secondo tempo e fece la differenza. Ricordo anche un altro episodio su di lui".

Prego
"Avete presente la punizione al Milan, che ha tolto l'imbattibilità dopo 58 partite ai rossoneri? Non doveva essere lui a calciarla. Dieci minuti prima ne calcio una al terzo anello di San Siro. Toccava a me successivamente tirare, avevo persino messo a posto il pallone pronto a calciare. Arriva lui e persino contro la volontà di Scala, decide di calciare. E la mette all'incrocio".

Deluso dal Parma?
"Della squadra dei miei tempi tutti in qualche modo sono entrati. Io non sono mai stato chiamato, mai consultato. In molti sono stati contattati per allenare il settore giovanile, io no. Eppure ho allenato per anni. Magari perché mi sono sempre fatto gli affari miei, sicuramente le cose te le devi cercare e io magari sono stato un po' orso. Quel che ho fatto nella mia carriera me lo sono guadagnato, ma potevo restare sul pezzo e invece mi sono accontentato di ciò che la fortuna mi ha dato. Ho fatto un po' il solitario. Anche quando giocavo ho avuto qualche problema con i procuratori, certe cose non mi andavano bene e non sono stato diplomatico. Adesso è pure peggio: gente come Raiola fa il bello e il brutto di qualsiasi società e questo non va bene. Secondo me se un giocatore è bravo deve andare avanti nella sua strada, poi ci sono consulenti e avvocati che ti possono dare una mano".

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