Baseggio: "Ho sconfitto il cancro e oggi sono assessore allo sport"
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Walter Baseggio è stato uno dei centrocampisti più interessanti a cavallo tra la fine degli anni '90 e i primi anni del 2000. Belga di origine italiana il suo nome è stato accostato per anni a squadre italiane e solo per un breve periodo, a 27 anni, il sogno è stato realizzato, con il sorprendente passaggio al Treviso neopromosso in Serie A. Oggi 43enne Baseggio è rimasto nel mondo del calcio e dello sport in generale e ci racconta la sua storia. In esclusiva per Tuttomercatoweb:
Walter Baseggio, il calcio ormai è alle spalle da diversi anni
"Quando ho smesso di giocare l'ho fatto per un problema di salute. Nel 2010 dovevo andare in Francia, ma mi hanno trovato un cancro alla tiroide e ho avuto qualche problema che mi sono trascinato per 3-4 anni, fatti di molte ricadute. Non è stato semplice. Negli ultimi anni ho militato in serie minori in Belgio ma la malattia si ripresentava. Oggi però sto bene, è tutto alle spalle".
Il calcio non è stato comunque abbandonato del tutto
"No, perché ho cominciato a lavorare nel 2012 in TV. Attualmente mi occupo soprattutto del campionato italiano, anche se mi capita anche di seguire il calcio tedesco e inglese. È un lavoro che mi piace molto".
Parallelamente si sta occupando d'altro
"La mia carriera mi ha permesso di diventare Assessore dello Sport a Tubize, che è il comune in cui vivo e che quindi conosco molto bene. Parlando col sindaco mi ha offerto questo posto vista anche la mia esperienza calcistica".
Che iniziative avete intrapreso?
"Anzitutto abbiamo migliorato le infrastrutture. Certo, lavorare nel bel mezzo della pandemia non è facile ma sono soddisfatto di quel che abbiamo fatto. Ora a Tubize ci sono nuovi impianti sportivi, un nuovo centro per basket e volley e si stanno affacciando nuovi sport, come il padel. A Tubize poi c'è una particolare ascendenza con lo sport essendoci il centro sportivo della nazionale belga di calcio e anche quella di ciclismo".
In Italia la ricordiamo per la sua esperienza al Treviso. Che ricordi ha?
"Esperienza che ricordo con piacere e credo sia stata la scelta giusta. Ho potuto apprezzare la passione dei tifosi, la città che poi è quella in cui mio padre è nato. Ho potuto vedere i familiari e ciò ti dà qualcosa in più. E poi ero in Serie A, che all'epoca era il campionato migliore al mondo. Basti vedere quel che facevano le italiane in Europa".
Che rapporto ha con l'Italia?
"Un rapporto molto stretto. Come detto mio padre era di Treviso, mia madre di Aversa e mia moglie siciliana. Appena posso vado a Napoli".
Lì da qualche anno c'è un belga che ha fatto la storia
"Quando posso vado sempre a salutare Dries. Pensa che con lui mi sono anche allenato: lui si affacciava nella prima squadra dell'Anderlecht per allenarsi con noi più grandi. Vedevi che aveva stoffa. Sono felice per quel che sta facendo al Napoli, a maggior ragione perché gli azzurri sono la squadra per la quale faccio il tifo. Mi ha sempre affascinato la squadra, la gente. E attenzione, tifo il Napoli dal 1982, quindi prima dell'era Maradona".
Maglia azzurra che però non ha mai vestito. Il suo nome è stato inoltre accostato alla Serie A e a club ben più prestigiosi. Rimpianti?
"Ho avuto un po' di sfortuna perché nel 2001 ero a un passo dalla Lazio. Mi ero messo in mostra con l'Anderlecht, avevamo fatto bene ma poi le cose del calcio sono imprevedibili. All'epoca per meritarti una big dovevi fare 3-4 stagioni bene, oggi è diverso, diventi un giocatore da 30-40 milioni dopo poche partite. Ma è facile parlare adesso di rimpianti. Personalmente non ne ho, so di aver dato il massimo e sono felice di aver giocato in una squadra come l'Anderlecht, che tutti conoscono".
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